Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 23
C’è un silenzio colmo di pensieri nel grande spazio del Teatro Rossellini: l’ultima richiesta della voce off annulla qualsiasi rimasuglio possibile di spettacolarità, non si può applaudire, non si può tirare il sipario. Siamo congelati, fino a quando la voce di Valentina Marini (direttrice di Orbita che ha organizzato il progetto dell’artista Bielorusso) si fa spazio passando la parola all’incontro con gli artisti. In Necropolis il teatro documentario di Arkadi Zaides è letteralmente un viaggio nella città dei morti. Per essere ammessi in questa città bisogna morire. Spettatori e spettatrici assistono nella comodità del virtuale, perdendo così la responsabilità del corpo ma acquisendo quella dell’ascolto collettivo. In scena solo un tavolo, qui si siedono Zaides ed Emma Gioia, gestiscono computer e mixer: come sempre la tecnologia assume un senso politico per Zaides nel momento in cui diventa strumento di comprensione, raccolta dati e azione sul mondo. Il lavoro dell’artista si aggancia a quello portato avanti da UNITED for Intercultural Action fin dal 1993: la rete, alla quale partecipano più di 500 Ong in tutta Europa, registra le morti delle persone migranti avvenute nel tentativo di raggiungere il nostro continente. La performance di conseguenza si nutre dell’operato di volontari che a partire dai dati United si recano sulle tombe registrando un breve video del percorso nei cimiteri o nei luoghi in cui hanno trovato (o non trovato) sepoltura i corpi. Assistiamo su un grande schermo, partendo dalla geolocalizzazione satellitare, a questi piccoli viaggi dentro cimiteri sconosciuti, verso tombe di migranti che spesso non hanno neanche una lapide e un nome. Nel finale viene ricostituito, su un tavolo autoptico, un corpo fatto di resti, pezzi di carne marcia, che tenterà di rianimarsi in video. Alcuni distolgono lo sguardo: rimaniamo bloccati e inermi – i corpi esistono e le leggi delle nazioni hanno contribuito alle morti -, come quando sullo schermo appaiono i cimiteri siciliani dove si affastellano i segni delle vittime delle stragi del mediterraneo, non riusciamo a contarle. (Andrea Pocosgnich)
Visto allo Spazio Rossellini. Di: Arkadi Zaides Drammaturgia, testi e voce: Igor Dobricic Assistente alla ricerca: Emma Gioia Con: Arkadi Zaides, Emma Gioia Sculture: Moran Senderovich Animazione: Jean Hubert Light Design: Jan Mergaert Sound design: Asli Kobaner Ricerche della posizione delle tombe: Aktina Stathaki, Amber Maes, Ans Van Gasse, Arkadi Zaides, Benjamin Pohlig, Bianca Frasso, Carolina-Maria Van Thillo, Doreen Kutzke, Elvura Quesada, Emma Gioia, Frédéric Pouillaude, Gabriel Smeets, Giorgia Mirto, Gosia Juszczak, Igor Dobricic, Joris Van Imschoot, Julia Asperska, Juliane Beck, Katia Gandolfi, Maite Zabalza, Maria Sierra Carretero, Mercedes Roldan, Myriam Van Imschoot, Myrto Katsiki, Pepa Torres Perez, Sarah Leo, Simge Gücük, Sunniva Vikør Egenes, Yannick Bosc, Yari Stilo
Ricerca nella città di Roma: Flavia Dalila D’Amico, Eleonora Soriente, Andrea Costa/Baobab Experience/Open Arms. Direttore Tecnico: Etienne Exbrayat Produzione: Simge Gücük / Institut des Croisements Distribuzione Internazionale: Key Performance Co-produzione: Théâtre de la Ville (FR), Montpellier Danse 40 Bis (FR), Charleroi Danse (BE), CCN2 Centre chorégraphique national de Grenoble (FR), les Ballets C de la B (BE), Tanz im August / HAU Hebbel am Ufer (DE), La Filature – Scène nationale de Mulhouse (FR)Sostegno alla residenza: CCN – Ballet de Lorraine (FR), STUK (BE), PACT Zollverein (DE), WP Zimmer (BE), Workspacebrussels (BE), Cie THOR (BE)
Supporto alla sperimentazione: RAMDAM, un centre d’art (FR)
Arkadi Zaides / Institut des Croisements is supported by French Ministry of Culture – DRAC Auvergne Rhône-Alpes