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ENTERTAINMENT (Menoventi)

Questa recensione fa parte di Cordelia di dicembre 23

Foto Margherita Masè

Cosa domanda l’amore? Piuttosto plausibilmente, per Lacan l’amore domanda di mancare all’Altro, quello che ci sta sempre davanti, talmente onnipresente da farsi, appunto, mancanza, allucinazione. È esperienza comune quella mancanza che si fa ossessione, col conseguente paradosso: è possibile amare tanto qualcosa che, pur essendoci sempre, non c’è? Nelle pieghe dell’interrogativo Ivan Vyrypaev misura alcuni paradigmi della rappresentazione teatrale, squadernata come flusso erotico lungo un circuito mai chiuso tra attore-spettatore-personaggio. Due personaggi, un uomo e una donna, vanno a teatro. Tant* altr* uomini e donne, noi, andiamo con loro. Al di qua e al di là di una linea che non c’è ci sediamo, specchiandoci. Tamara Balducci e Francesco Pennacchia prendono posto su una gradinata, mentre il pubblico, ai piedi della tribuna, si scopre forse in scena, dopo aver attraversato distrattamente una quinta de facto. Ma lo spettacolo si svolge appena sopra le nostre teste, in un punto improprio all’altezza dello sguardo di Balducci e Pennacchia, che osservano l’azione invisibile, la commentano, si interrogano sui ruoli e sul confine tra gli (assenti?) attori e i loro (assenti?) personaggi. Un uomo e una donna, Steven e Margot, si corteggiano, nonostante la non-presenza della moglie di lui, che dilata il gioco. Balducci e Pennacchia sono prima spettatori che riferiscono l’azione, poi diventano Steven e Margot. Mescolando i toni del cinema americano degli anni ‘40 e di un teatro dell’assurdo rimasticato dal drammaturgo russo, Entertainment ci offre un gioco elegante e sfuggente che forse trova un limite proprio nella ritrita materia metateatrale. La sapienza attorale e la pulizia registica di Gianni Farina raggiungono però un grado metafisico nell’allungo finale quando, consumato (in remoto) l’amplesso amoroso, Steven e Margot restano imprigionati in un congedo finale ipnotico e misterioso, macchiettistico e toccante insieme nella reiterazione di un addio impossibile. Il grido degli amanti, d’altro canto, per Lacan è encore! (Andrea Zangari)

Visto a Teatro India per Teatri di Vetro; di Ivan Vyrypaev, con Tamara Balducci e Francesco Pennacchia, regia Gianni Farina, traduzione Teodoro Bonci del Bene, immagine Magda Guidi, voice over Consuelo Battiston, tecnica Francesco Nistri e Luca Telleschi, organizzazione Maria Donnoli e Marco Molduzzi, produzione Le Città Visibili, E production/Menoventi, con il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Emilia-Romagna, Comune di Faenza

Cordelia, dicembre 2023

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Andrea Zangari
Andrea Zangari
Architetto, laureato presso lo IUAV di Venezia, specializzato in restauro. Ha scritto su riviste di settore approfondendo il tema degli spazi della memoria, e della riconversione di edifici religiosi dismessi in Europa. Si avvicina al teatro attraverso laboratori di recitazione, muovendosi poi verso la scrittura critica con la frequentazione dei laboratori condotti da Andrea Pocosgnich e Francesca Pierri presso il festival Castellinaria prima e Short Theatre poi, nel 2018. Ha collaborato con Scene Contemporanee, ed attualmente scrive anche su Paneacquaculture. Inizia la sua collaborazione con Teatro e Critica a fine 2019, osservando la realtà teatrale fra Emilia e Romagna.

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