Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23
Il teatro sa essere uno spazio protetto e caldo, impermeabile e sicuro. Come un cappotto, avvolge e conforta nonostante fuori ci sia la tempesta e l’involucro presenti evidenti segni di usura, di disfacimento. Gabriele Lavia preme su queste suggestioni nell’allestimento di un Goldoni poco rappresentato, Un Curioso Accidente: una scena diroccata occupa interamente il palco del teatro Argentina con un sontuoso ma sbilenco sipario rosso che dal fondo raggiunge la platea rivestendo il pavimento, occultando un fondale nero su cui a caratteri incerti campeggia il titolo del lavoro, come un gigantesco, frettoloso appunto scritto a mano. Davanti al sipario qualche fila di poltrone, bauli, due pianoforti, un camerino a vista sul lato del proscenio, con tanto di specchio circondato da lampadine. Lavia racconta dal proscenio che mai in tanti anni di carriera ne ha visto uno che avesse tutte le lampadine funzionanti. È entrato in scena in costume neutro insieme a tutta la compagnia, pronta a prestarsi a un dichiarato gioco teatrale con l’aiuto di semplici elementi di costume, un’altalena, pochi oggetti. Tutto l’impianto registico, dal semplice disegno luci all’assenza completa di effetti musicali (le musiche sono eseguite e cantate dal vivo dagli attori) vuole concentrare le energie tra palco e platea e rinnovare – esplicitandolo – un patto con lo spettatore. E Lavia lo spettatore lo mette sul palco, al centro della scena, come a fargli sapere che di questo disfacimento, di questo teatro in rovina fa parte anche lui. Ma, salendo e scendendo dal palcoscenico, gli dice anche: sei qui, siamo qui, vicini il più possibile, a raccontarci la storia di un equivoco brillante, una storia vera inventata, simile a tante altre eppure unica, ma fondamentalmente siamo qui a tenerci compagnia e farci calore, avvolti da quel cappotto vintage che è il teatro, lungo fino ai piedi, fatto con sapienza, di materiale resistente, pieno d’amore antico. (Sabrina Fasanella)
Visto al Teatro Argentina – Teatro di Roma di Carlo Goldoni. regia Gabriele Lavia. con Gabriele Lavia, Federica Di Martino, Simone Toni, Giorgia Salari, Andrea Nicolini, Lorenzo Terenzi, Beatrice Ceccherini, Lorenzo Volpe, Leonardo Nicolini. Scene Alessandro Camera. Costumi Andrea Viotti. Musiche Andrea Nicolini. Luci Giuseppe Filipponio. Suono Riccardo Benassi. Regista assistente Enrico Torzillo. Testi delle canzoni Gabriele Lavia. Foto di Tommaso Le Pera. Produzione Effimera, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro della Toscana
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