Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23
Di certe indagini della realtà o dell’umano, a cui diverse ricerche artistiche hanno nel tempo prestato attenzione, alcune opere hanno reso un risultato talmente preciso da somigliare a una scoperta scientifica che non è più possibile ignorare: quella precisione di ragionamento trovata da uno diviene postulato per i discorsi degli altri. È significante come il contemporaneo, in modo più o meno consapevole, rilegga quel frammento di Tre Sorelle di Čechov dove ci si domanda che cosa resterà di noi nella memoria di chi ci succederà: la nostra capacità di raccogliere e proteggere campioni dell’attuale umanità chiede con urgenza una verifica. Nel mondo odierno, pervaso e presidiato dalla registrazione/archiviazione/condivisione di frammenti di realtà e dalla smania di rappresentare il presente, l’arte che dovrebbe organizzare una e sublimare l’altra interroga seriamente l’efficacia e la precisione di questi sforzi. Lo fa anche Forced Entertainment con Tomorrow’s Parties, la cui versione italiana ha debuttato a Romaeuropa Festival con la regia di Tim Etchells, fondatore del premiato ensemble britannico. Una luminaria da desolata sagra di paese incornicia Marco Cavalcoli e Caterina Simonelli (un cast alternativo vede Roberto Rustioni e Simona Generali): in piedi su un podio di pallet, semplicemente immaginano i futuri episodi della nostra specie. Nell’ottima traduzione di Roberto Castello per ALDES, la congiunzione disgiuntiva (bell’ossimoro) “o” è la parola chiave per cullarci in un salmodiare di ipotesi che, in un registro quieto (o rassegnato?), ci raffigura come bersagli o destinatari di cura per gli alieni, come servi o complici delle macchine, o divinità decadute, o inventori di nuovi ecosistemi sostenibili, o naufraghi alla ricerca di un nuovo pianeta e un nuovo senso. Lo si legga come distopico o consolatorio, anche in questo futuro immaginato “le storie di ieri” smetteranno di essere leggibili e significanti e diventeranno dunque incomprensibili e futili. Il tutto con la terribile, ma profondamente umana e teatrale, essenzialità del dialogo. (Sergio Lo Gatto)
Visto al Mattatoio per Ref 23 – interpreti Marco Cavalcoli o Roberto Rustioni con Simona Generali o Caterina Simonelli ura della versione italiana Robin Arthur traduzione Roberto Castello scenografia Richard Lowdon realizzazione scenografia Teatro del Giglio disegno luci Francis Stevenson responsabile tecnico Leonardo Badalssi una coproduzione ALDES, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG, Romaeuropa Festival, Dracma – Centro Sperimentale d’Arti Sceniche, ATP Teatri di Pistoia Centro di Produzione Teatrale in collaborazione con Dialoghi – Residenze delle arti performative a Villa Manin, Teatro del Giglio di Lucca
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