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L’AVARO IMMAGINARIO (di Enzo Decaro)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23

Foto Guglielmo Verrrienti

Il successo di Molière in Italia è cosa nota, già nel Seicento apparivano le prime traduzioni, come d’altronde non sono mancate le relazioni tra il celebre drammaturgo figlio di un tappezziere di corte e i comici della Commedia dell’Arte. Assume allora un fascino storico questo spettacolo ideato da Enzo Decaro per la Compagnia Luigi De Filippo, L’Avaro immaginario. E dal titolo già si capisce quanto il protagonista, uno sfortunato capocomico campano, sia ossessionato dall’autore francese. Siamo appunto nel Seicento, gli anni Settanta, quelli della morte di Molière. La compagnia dei comici della famiglia Bruno è in viaggio con l’obiettivo di conoscere il mito della commedia moderna. Le scene di Luigi Ferrigno sono occupate da un vero e proprio gioiello di artigianato teatrale: un carretto in legno, con tanto di ruote, ante che si aprono e chiudono, oltre le quali si possono notare i costumi, le cianfrusaglie e le maschere della compagnia guidata da Oreste Bruno. Un piccolo gruppo di attori e attrici imparentati che oltre a portare sulle spalle l’affamata tradizione dei teatranti scavalcamontagne hanno a che fare con un cognome altisonante, sono i nipoti di Giordano Bruno, mandato al rogo proprio nel 1600, anch’egli originario di Nola. C’è la fame come spettro quotidiano,” ‘O puorc” che lentamente finisce, l’arrivo in una piazza durante il mercato che non sortisce un guadagno in denaro ma alcune razioni di cibo, l’incontro con una cartomante, le canzoni popolari e le dispute interne proprio sull’opportunità di ricordare lo zio martire, e tutte le lettere spedite proprio a Molière nelle quali raccontare anche di un amato cavallo che muore per salvare la compagnia dalla fame. Torna in mente quel meraviglioso film di Ariane Mnouchkine, dedicato a Jean-Baptiste Poquelin: anche qui vita e teatro coincidono in un viaggio unico, commovente e spietato, nel quale l’utopia incarnata da Molière svanisce di fronte alla morte naturale del mito; ma il teatro resiste per continuare il proprio viaggio. (Andrea Pocosgnich)

Visto al Teatro Parioli, Crediti: tratto da Molière/Luigi De Filippo adattamento e regia di Enzo Decaro con ENZO DECARO e con NUNZIA SCHIANO e con La Compagnia Luigi De Filippo (in o.a.) Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Giorgio Pinto, Fabiana Russo, Ingrid Sansone musiche Nino Rota (da “Le Molière Immaginarie”) musiche di scena ispirate a villanelle e canzoni popolari del 600’napoletano scene Luigi Ferrigno costumi Ilaria Carannante disegno luci Luigi Della Monica assistente alla regia Roberto Fiorentino I Due della città del Sole. Durata 90’

Recensioni su Cordelia, novembre 2023

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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