Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23
Il costume è lo stesso di quattordici anni fa, è «riuscito a entrarci» mi dice, sorridendo, Francesca Macrì prima di accompagnarmi nel retro palco del Teatro Basilica, dove sono allestiti i camerini. Andrea Trapani ha appena finito di togliersi via il sudore come dopo un esercizio fisico totalizzante. Fragile Show d’altronde è questo, andrebbero calcolate le calorie bruciate nell’ora di follia in cui il corpo e la mente sono connesse al massimo del potenziale recitativo, con un obiettivo, trasformare la presenza scenica in musica. Trapani mi spiega che la difficoltà maggiore è stata proprio quella di ricercare l’energia, la spinta di tanti anni fa quando non solo il corpo era diverso ma anche l’approccio d’attore, di giovane interprete. Biancofango ha riallestito uno dei suoi gioielli della Trilogia dell’inettitudine, opera per un solo attore e plurime voci e presenze, nata in un’altra Roma, quella della scena indipendente e delle sale teatrali nei centri occupati. Il lavoro ancora emoziona e colpisce, Macrì ha rivisto la drammaturgia e lo spazio scenico precisandolo in una circonferenza bianca, invece della vecchia panchina c’è il sedile del pianista. Folgorante, anche oggi, l’idea di fondo: prendere Il soccombente di Thomas Bernhardt e calarlo in una realtà italiana di personaggi schizzati, caricature abominevoli senza empatia, tra Firenze e Milano. Al centro lui, un musicista, rimasto nascosto dietro l’ombra troppo grande del canadese Glenn Gould e quella voglia di rivalsa che sfocia in una bizzarra festa in cui invitare vecchi amici e compagni di scuola per umiliare e umiliarsi. Il resto lo fa Trapani con una sorprendente cavalcata dentro e fuori i personaggi, in una polifonia interpretativa unica per qualità energetiche, ironia e musicalità. La mano destra è quella che non sta mai ferma, tiene il tempo su una tastiera immaginaria; è una delle cose che più mi colpì in una replica che vidi nel 2015, al Teatro Orologio, l’ho ritrovata qui come segno tangibile di un’artigianato in cui lo strumento e la creazione sono la stessa cosa, il corpo umano. (Andrea Pocosgnich)
Visto al Teatro Basilica. Con debiti e gratitudine a Il soccombente di T. Bernhard drammaturgia e regia Francesca Macrì e Andrea Trapani con Andrea Trapani costumi di scena Isabella Faggiano disegno luci Mirco Maria Coletti