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DEUX MILLE VINGT TROIS (Maguy Marin)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23

90 minuti di antiteatro. 90 minuti di fine del teatro. È questa scelta radicale per il nulla, che lascia impietriti al termine del nuovo lavoro di Maguy Marin. Visto al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia, come parte del progetto Maguy Marin. La passione dei possibili ideato dal Reggio Parma Festival, dal titolo Deux Mille Vingt Trois. È l’anno (fra i tanti) della nostra fine (fra le tante). 90 minuti di cronaca sulle schifezze, gli intrallazzi, le anomalie dei grandi capitalisti del mondo, sempre sorridenti e vincenti, e sulla costruzione del consenso. All’inizio c’è un muro, ogni mattone ha inciso in grande un nome di questi gentiluomini (c’è pure Berlusconi, e Trump, e Musk…). Il muro cade nel fracasso più ovvio, e ce lo aspettavamo un po’ tutti, quindi parte questa docu-performance che una qualsiasi trasmissione televisiva avrebbe fatto meglio. Qui però deve andare così. Nulla accade se non questa denuncia monotona (sono tutti fermi e leggono ai microfoni), alternata a fastidiosissime sequenze di rumori, sempre uguali, che accompagnano un passaggio a proscenio di un onnagata di Kabuki, agghindato con un ventaglio formato da soldi e in testa, di volta in volta, tutto ciò che meglio li rappresentano (barche lussuose, aeri privati etc.). Non deve far ridere. Dovrebbe, credo, raggelare. Unica emersione possibile, qui, in questa totale negazione del teatro è infatti quella del grottesco. Tutto disturba. In pochi se ne vanno, durante lo spettacolo. Altri disapprovano, al termine, durante gli applausi. Dietro il fastidio: l’indecifrabile. Anche se in scena, dopo la caduta del muro, non si muove niente o quasi, per 90 lunghissimi minuti. Giovanni, che di teatro politico ne ha visto, mi aveva allertato. Valeria, decana della critica teatrale, al termine è furiosa, mi scrive su whatsapp parole di fuoco per tutta la vuota retorica che ha sentito (e subìto). Silvia, un’attrice splendida e conoscenza di vecchia data, mi attende al varco nel foyer: sono un po’ bastian contrario, cerco allora di argomentare, di difendere l’operazione. Lei è troppo gentile e affettuosa per contraddirmi. (Stefano Tomassini)

Visto al Teatro Cavallerizza  Progetto “La passione dei possibili” Ideazione Maguy Marin in stretta collaborazione con Kostia Chaix, Kaïs Chouibi, Chandra Grangean, Lisa Martinez, Alaïs Marzouvanlian, Lise Messina, Rolando Rocha Luci Alexandre Béneteaud Direttore di scena Albin Chavignon Colonna sonora / video Victor Pontonnier Ricerca documentaria e scenografia Paul Pedebidau Coproduzione Reggio Parma Festival; Maison de la Danse; La Comédie de Saint Etienne; Théâtre de la Ville de Paris; e con il sostegno di Cndc Angers; Gymnase de Roubaix; RAMDAM, UN CENTRE D’ART

con il contributo di La Compagnie Maguy Marin è sostenuta dalla Direction Régionale des Affaires Culturelles Auvergne-Rhône-Alpes, sovvenzionata dalla Città di Lione, dalla Regione Auvergne-Rhône-Alpes e riceve il sostegno dell’Institut français per i suoi progetti all’estero
distribuzione nazionale e internazionale A Propic – Line Rousseau e Marion Gauvent
distribuzione internazionale DLB Spectacles – Thierry Bevière

Recensioni su Cordelia, novembre 2023

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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