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AILEY II (William Forsythe, Francesca Harper, Robert Battle, Alvin Ailey)

Questa recensione fa parte di Cordelia di novembre 23

Photo-by-Erin-Baiano

È stata una felice inaugurazione quella della nuova stagione di danza al Teatro Comunale di Vicenza con l’Aley II (i giovani della compagnia Alvin Ailey American Dance Theatre Company). E per di più con un programma di quattro titoli estremamente differenti fra loro. Una serata per tutti i palati, sembrerebbe. Ma è stata anche una serata in cui i dodici interpreti che vengono dalla scuola della compagnia, hanno confermato (dimostrato ai meno esperti) una duttilità e una versatilità piena di futuro. Il primo brano, estratto da un lavoro del 1989 di William Forsythe, Enemy in the figure, è intatto nella sua forza, ancóra capace di emozioni: è una gioia che un repertorio neoclassico abbastanza recente ma così difficile sopravviva in corpi così allenati ed eterogenei. Il secondo pezzo, Freedom Series (2021), di Francesca Harper (che è la nuova direttrice della scuola: ha rilevato un’eredità materna importante, quella di Denise Jefferson), è costruito in forte continuità col segno forsythiano (per il quale Harper è stata mirabile interprete a Francoforte) ma con inserti di azioni più teatrali che creano un rallentamento, una frenata di quella forza (astratta) da cui proviene, cercando una via nuova. Il terzo brano, The Hunt, di Robert Battle, creato nel 2001 su musica abbastanza fastidiosa di Les Tambours du Bronx, è un continuo sbracciare energetico misto a uno svolazzo di (brutte) lunghe sottane in sei corpi maschili e in cerca del «lato predatore della natura umana e il brivido primitivo della caccia». Trascurabile. Il finale, come da tradizione, è il capolavoro di Alvin Ailey, Revelations (1960!). Che dire? qui mille discorsi convergono: sulla capacità di un singolo brano coreografico nel rivendicare la forza di un’intera comunità; la visibilità di una complessa carriera creativa; la resistenza di una idea tanto semplice quanto imperitura: la speranza si genera dal dolore. Sono spiritual, canti religiosi, gospel e blues che ormai conosciamo a memoria, e ora li abbiamo anche ricantati nei corpi pieni di promesse di questa giovane compagnia. (Stefano Tomassini)

PROGRAMMA

Enemy in the figure (1989)
coreografia di William Forsythe
musica di Thom Willems
luci di Abby May


Freedom Series (2021)
coreografia di Francesca Harper
costumi di Elias Gurrola


The Hunt (2001)
coreografia di Robert Battle
musica di Les Tambours du Bronx
costumi di Mia McSwain
luci di Burke Wilmore


Revelations (1960)
coreografia di Alvin Ailey
scene e costumi di Ves Harper
costumi per Rocka My Soul ridisegnati da Barbara Forbes
luci di Nicola Cernovitch

Recensioni su Cordelia, novembre 2023

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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