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UNBEARABLE DARKNESS (Choy Ka Fai)

Questa recensione fa parte di Cordelia di ottobre 23

Foto Cosimo Trimboli

Mentre gli ultimi spettatori ritardatari prendono posto in una delle sale allestite alla Pelanda, per la sezione Digitalive di Romaeuropa, il video ci porta già tra le colline del Giappone, in un cimitero, c’è una lapide con la scultura di un piede, qui abita il corpo di Tatsumi Hijikata, uno dei maestri fondatori del butō. Cambio di ambientazione, siamo all’entrata di uno dei numerosi festival che in Giappone vengono dedicati al culto dei cari estinti. Qui, pagando, è possibile parlare con una sciamana per mettersi in contatto con la persona deceduta. La drammaturgia prende una piega inaspettata: in una assurda ma implacabile scena in video viene intervistata una medium, la quale, diventando portavoce in prima persona dell’artista defunto, non fa altro che dire quanto sia dispiaciuto, perché avrebbe avuto ancora tanto da fare; potrebbe sembrare una bizzarria demenziale – anche se giocata molto seriamente -, fin quando la sciamana comincia a parlare della danza butō come la danza del buio, “il buio è un inferno”, afferma con la consapevolezza di chi conosce intimamente. Due performer in scena: una con una tuta da motion capture e una con una funzione rituale, la seconda canta e si prende cura del rito buddista, perché quello che avviene in scena è una sorta di seduta spiritica che si avvale delle tecnologie digitali e della coreografia live per evocare il maestro. Sullo schermo appare l’avatar del Tatsumi Hijikata e i suoi testi; ”il punto di partenza non era tentare di stare in piedi, ma riuscire a non starci”; appaiono i titoli delle performance originali, gli anni in cui furono create, ma l’obiettivo lentamente lascia il campo documentaristico per entrare in quello della fantasmagoria: Choy Ka Fai inventa mondi digitali fatti di reticoli, immagini saturate, ironiche danze falliche e paesaggi lisergici. Nonostante Unbearable Darkness sia una creazione precedente a Yishun is Burning, vista lo scorso anno, l’artista singaporiano dimostra anche qui di essere una delle menti più innovative e fervide nel campo delle arti performative integrate nei linguaggi digitali. (Andrea Pocosgnich)

Visto alla Pelanda, Digitalive, Romaeuropa Festival Credit: Concept, Documentary and Direction – Choy Ka Fai Choreographic Presence and Paranormal Performance – Tatsumi Hijikata Dramaturgy – Tang Fu Kuen Research, Vocal and Performance – Tomoko Inoue Motion Capture and Performance – Yurika Yamamoto Dance Engineering – Neji Pijin Visual Design and Technology – Brandon TayMusic – Raffael Seyfried Costume Design – Rie Usui Lighting Design and Technical Direction – Ray Tseng Technical Direction on Tour – You Tee Tour Manager – Tammo Walter Company Manager – Mara Nedelcu

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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