Antigone in Amazzonia è andato in scena al Teatro Argentina di Roma, nell’ambito di Romaeuropa Festival, uniche date italiane del tour europeo almeno fino all’estate del 2024.
C’è sempre grande attenzione per le creazioni teatrali di Milo Rau; il regista classe ‘77 nato a Berna e nuovo direttore artistico del Wiener Festwochen è in grado di segnare la memoria del pubblico attraverso scelte spesso radicali con cui esplorare il nostro presente. Lo scorso anno, sempre nel programma di Romaeuropa, aveva scandalizzato con Grief & Beauty, lavoro in cui portava sul palco la realtà della morte e la necessaria compassione dell’eutanasia. Eppure in Italia Antigone in Amazzonia, nuova e importante creazione, non vedrà altri palcoscenici oltre a quello delle repliche romane. Lo spettacolo, ospitato nella rassegna diretta da Fabrizio Grifasi, è però solo il precipitato finale di un percorso ben più lungo che vede la propria origine prima della pandemia, quando il regista e il suo gruppo hanno cominciato a recarsi in Brasile per conoscere la storia del Movimento Sem Terra, MST.
Per comprendere il portato ideologico di Antigone in Amazzonia bisogna fare un passo indietro, al 2018, quando l’allora direttore del NTGent pubblicava un manifesto che riassumeva gli intenti del teatro cittadino belga. Il primo punto è quello che comprende tutti gli altri e fa da stella polare al processo creativo: «Non si tratta più soltanto di ritrarre il mondo. Si tratta di cambiarlo». Milo Rau ha conferito un senso nuovo alla definizione di teatro politico e lo ha fatto cercando di connettere il più possibile il risultato spettacolare con quel processo di produzione con cui al secondo punto del manifesto definiva il Teatro Nazionale di Gent.
Passare un tempo determinato in Amazzonia con un collettivo di attiviste e attivisti che da anni lotta per la salvaguardia dei territori e la difesa ambientale non ha origine da una necessità antropologica o men che meno estetica, è qualcosa che ha a che vedere con l’impegno civile, con la possibilità di fare arte nell’’urgenza; di dare voce alle piccole minoranze che si fanno portatrici di grandi lotte.
Anche in questo caso perciò i materiali e i livelli che Rau e il suo gruppo sovrappongono – va detto, con la maestria di capolavori del passato come Five Easy Pieces e The Repetition – Histoire(s) du Théâtre (I) – sono numerosi e diversi ma il principio, nella drammaturgia di Giacomo Bisordi, è immediato e funzionale. Lo spettacolo si fa racconto della presenza della compagnia nella regione del Parà, storia non solo di un incontro politico, ma anche di una relazione umana con una comunità e del tentativo di un intervento artistico: ovvero la possibilità di recitare l’Antigone di Sofocle di fronte e insieme a quelle persone. Allo stesso tempo il palcoscenico del qui e ora al Teatro Argentina diventa luogo in cui ri-rappresentare l’esperienza, trasformandola però in un rito del presente. Il lavoro sul testo sorgente di Sofocle, come nel caso di Orestes in Mosul – ma con più alti risultati artistici – è una riappropriazione del mito; nell’intervista di Jonas Mayeur inclusa nel programma di sala Milo Rau definisce la relazione con il classico in questi termini: «Stiamo occupando l’opera, per così dire, proprio come il movimento dei senza Terra occupa la terra. Con gli attori, le storie e la saggezza dell’Amazzonia».
Tra le prime parole dello spettacolo ci sono quelle contenute nel primo canto del coro sofocleo, nella traduzione ottocentesca di Hölderlin: «Molte cose sono mostruose, meravigliose, tremende, eppure niente è più tremendo, meraviglioso, mostruoso dell’uomo». Parole che in questo momento storico evidentemente riecheggiano dell’autodistruzione sociale e climatica in atto. Ma la mostruosità che qui appare come centro gravitazionale del senso e della drammaturgia è la violenta repressione del 17 aprile 1996, che ha preso il nome di Massacro dell’Eldorado do Carajás: 159 agenti della polizia militare hanno ucciso 21 contadini durante una marcia, l’obiettivo della protesta era l’esproprio delle terre inutilizzate, ma la violenza dello Stato fu appunto mostruosa.
Una delle scene fondamentali dello spettacolo riguarda proprio la rappresentazione della strage, la viviamo in una doppia ripetizione. Nel video scorrono le riprese della performance in Brasile, con le persone del MST e i sopravvissuti, ed è lancinante anche solo il pensiero di un re-enactment di tale portata empatica, amplificata tra l’altro dal tentativo della polizia di fermare la messinscena di Milo Rau e del gruppo di attivisti, autorizzandola solo dopo una mediazione. Intanto sul palco Frederico Araujo, Sara De Bosschere, Pablo Casella e Arne De Tremerie ne recitano una versione meno affollata ma altrettanto potente. La terra sul palco si alza, alle violenze sui corpi seguono le esecuzioni. Lo stato brasiliano, neanche trent’anni fa, ha ammazzato i propri cittadini sparandogli alla nuca. Sopravvissuti e familiari di questo eccidio sono gli interpreti che faranno rivivere brani dell’Antigone, occhi che hanno conosciuto l’abisso del dolore e ai quali forse non c’è neanche bisogno di spiegare tutti i risvolti del capolavoro sofocleo, perché già sanno cosa voglia dire rimanere schiacciati sotto lo stivale del potere, perché loro tutti sono Antigone.
L’ex presidente Bolsonaro (ancora in carica quando la troupe di NTGent era sul campo per le ricerche e le riprese) naturalmente difese i poliziotti assassini. D’altronde il mondo di oggi si specchia con le violenze di ieri: nel 2022, 131 persone trans sono state uccise in Brasile. Araujo, attivista per i diritti civili oltre che attore, urla nella terra: “Chi ha dato l’ordine di uccidere Marielle Franco?”. Lo scoppio di rabbia e dolore di Araujo avviene dopo la scena (questo solo in video) in cui l’attrice e attivista indigena Kay Sara seppellisce Polinice sotto a un cavalcavia autostradale, una prova straziante che culmina con un primo piano in cui la donna rompe la quarta parete cinematografica ammonendo lo sguardo del regista e dunque il nostro di spettatori occidentali: «Stop filming!». Ci verrà spiegato che l’attrice e attivista ha abbandonato la produzione e dunque la tournée dello spettacolo per lavorare solo con il suo popolo, in difesa delle terre dell’Amazzonia. La messa in crisi dello sguardo europeo, bianco, di chi sta lontano migliaia di chilometri e nonostante l’impegno sul campo poi tornerà inevitabilmente nella tranquillità del proprio appartamento borghese, è speronata senza buonismi e possibilità di conciliazione.
Significativo in questo senso il monologo dell’attore più giovane, Arne De Tremerie; non possiamo non sentirlo nostro questo disagio che sembra non avere via d’uscita. Perché l’unica risposta è sempre nella ricerca, nella conoscenza e nella lotta più che nella risacca, nel disimpegno: attraversare le contraddizioni e farle bruciare, come d’altronde accade nel contesto dell’evento in cui appare la contraddizione più evidente e tipica dei lavori di Milo Rau a Roma, ovvero l’ospitalità in un salotto culturale come il Teatro Argentina – che per una sera si veste da spazio rivoluzionario con tanto di striscioni e insegne di associazioni e attivisti. Non è anche questa una messinscena? Non c’è scampo per nessuno, insomma? Per chi cerca di difendere i propri diritti e per chi partecipa raccontando? «Ogni granello di terra sul suo corpo è luce», il coro finale di questa Antigone, incarnato da un canto popolare di decine di volti segnati dalla violenza della storia e dal fuoco della rivalsa, è l’unica speranza, un messaggio anche per la nostra società sempre più divisa e individualista, bisogna spezzare la solitudine, camminare e resistere insieme.
Andrea Pocosgnich
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Roma, Ottobre 2023, Teatro Argentina, Romaeuropa Festival
Crediti
IDEAZIONE & REGIA Milo Rau
TESTO Milo Rau & cast
IN COLLABORAZIONE COL Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST)
CON Frederico Araujo Sara De Bosschere Pablo Casella Arne De Tremerie
IN VIDEO Kay Sara Gracinha Donato Célia Marácajá e il Coro dei Militanti del Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra – MST e, nel ruolo di Tiresia, Ailton Krenak
DRAMMATURGIA Giacomo Bisordi
COLLABORAZIONE ALLA DRAMMATURGIA Martha Kiss Perrone, Douglas Estevam da Silva
ASSISTENTI ALLA DRAMMATURGIA Kaatje De Geest, Carmen Hornbostel
COLLABORAZIONE ALL’IDEAZIONE, ALLA RICERCA E ALLA DRAMMATURGIA Eva-Maria Bertschy
VIDEO Moritz von Dungern
MUSICA Elia Rediger Pablo Casella
SCENOGRAFIA Anton Lukas
COSTUMI Gabriela Cherubini, Jo De Visscher, Anton Lukas
LUCI Dennis Diels
VIDEO MAKING OF E VIDEOCLIP MUSICALE Fernando Nogari
MONTAGGIO VIDEO Joris Vertenten
ASSISTENTE ALLA REGIAKatelijne Laevens
ASSISTENTI ALLA REGIA VOLONTARIE Chara Kasaraki, Lotte Mellaerts
RESPONSABILE DI PRODUZIONE Gabriela Gonçalves, Klaas Lievens
ASSISTENTE DI PRODUZIONE Jack Dos Santos
RESPONSABILE TECNICO Oliver Houttekiet
DIRETTORE DI SCENA Marijn Vlaeminck
UN RINGRAZIAMENTO A Carolina Bufolin
Photo
@kurt van der elst
@Armin Smailovic
Crediti di Produzione
PRODUZIONE NTGent COPRODUZIONE International Institute of Political Murder – IIPM, Festival D’Avignon, Romaeuropa Festival, Manchester International Festival, La Villette (Parigi), Tandem (Arras-Douai), Künstlerhaus Mousonturm (Francoforte), Equinoxe – Scène Nationale (Châteauroux), Wiener Festwochen (Vienna)
IN COLLABORAZIONE CON Movimento dos Trabalhadores Rurais Sem Terra (MST)
CON IL SOSTEGNO DI Goethe Institut – San Paolo, PRO HELVETIA programma COINCIDENCIA – Scambi culturali tra Svizzera e America Latina, The Belgian Tax Shelter