Racconto della performance di Theo Mercier e François Chaignaud, Radio Vinci Park, vista a Short Theatre: un rituale tra danza, acrobazia, musica e motociclismo. Recensione
Siamo dentro a un sotterraneo, garage aperto dalle molte vie di fuga. È un centro commerciale di una zona romana fuori dai poli culturali usuali; è sera. Riunita, una nutrita massa di persone aspetta di vedere che accada qualcosa, incurante della vaga possibilità dell’ignoto. Ci invitano a entrare; curiosi, nella penombra ci accostiamo, guidati dalle luci, a una spinetta e alla sua pianista, abiti neri graffianti contro il coperchio lussuosamente decorato di panna e storie bucoliche sull’antico clavicembalo.
Contrasto, mistero, attesa, promessa, eternità del classico e ricerca contemporanea: è con fare alchemico che ci si accosta all’ultima creazione di Theo Mercier e François Chaignaud, Radio Vinci Park, creata nel 2016 e rappresentata a chiusura di Short Theatre e, per l’appunto, all’interno del centro commerciale I Granai.
La performance avviene come una serie di epifanie che squarciano il semi buio; attorniati, gli spettatori – chi in punta di piedi alle spalle di un altro, chi accovacciato ai piedi degli spartiti sciolti – ascoltano le sonate e nel frattempo serpeggia l’ipotesi del pericolo. Sì, perché sulla carta la performance prevede altre figure: il coreografo, danzatore e cantante François Chignaud e lo stuntman motociclista Cyril Bourny, ancora celati allo sguardo.
Aspettativa e timore si insinuano tra le note, tra Purcell e Mozart, la mente è libera di vagare, di osservare. Anche il nostro corpo è proteso: arriverà a circondarci con un rombo cupo, dovremo sbirciare in qualche anfratto? Le vedi le persone, accorte e ogni tanto in attesa, girarsi e guardarsi intorno, in cerca.
Concluso questo preludio, come falene verso un’altra flebile luce, ci avviciniamo attorno a un altro luogo, un’arena questa volta transennata, dove – eccolo – al centro, immobile, interamente vestito di nero, tra tuta e casco sta, il motociclista.
Anche questa è un’immagine che nella sua essenzialità diventa luogo dei possibili: genera desiderio, timore, curiosità e distanza, immobile e nello stesso tempo pronta all’azione. Non una testa è distratta, tanto è il magnetismo.
Da lontano, fuori da uno dei fuochi dell’ellisse transennata, si inizia a sentire un canto, dei tintinnii. Ecco anche l’altra figura, un essere dalle molte forme, in quelli che sembrano abiti tradizionali agresti, file e file di sonagli su avambracci e tibie, tacchi a spillo e cappuccio largo in testa. Entra e squarcia la luce che a pioggia cade dal neon sopra l’oscura figura. Diametralmente opposte le due figure eppure assolutamente complementari e necessarie l’una all’altra: chiara e scura, immobile e in continuo mutamento di forme e gesti, tra loro la tensione è costante. La coreografia di Chignaud rispecchia il nostro punto di osservazione, noi umani in balia di una forza Altra, adiacente e però distante, mossi a pietà e desiderio, e rifiuto e bestemmia contro l’impossibile vicino. Allora sorge l’ipotesi di una relazione col mito, col divino, in cui l’Altro sia qualcuno da supplicare o sedurre, a cui tendere nonostante il silenzio, la fermezza della ieratica postura. È una lotta e un rito di accoppiamento, un desiderio di rivalsa e di elevazione, mentre ancora suona il clavicembalo con ritmo forsennato, mentre ancora canta e danza, la figura, piegando corpo, voce e volontà a virtuosismi acrobatici.
Nella nostra posizione di osservatori partecipi e catturati, ci lasciamo cullare e scuotere dalle possibilità narrative suggerite da questa drammaturgia di partiture diverse e contrastanti, fin quando, abituati a questa dimensione scenica, non ci ritroviamo ancora una volta a fare i conti con la mutazione improvvisa, il rombo che finalmente si accende, la forza divina che accoglie la sfida e spinge all’oltreumano, all’impennata, al rischio della fine, all’accoglienza. Questi due eroi-acrobati, (risuonano le stanislaskijane memorie di figure al limite con la morte, spirituale e fisica), con precisione estrema, con cura e coraggio, saltano l’ultimo ostacolo, superano con atto di hybris le leggi dei mortali e ci lasciano soli in questo non luogo, che, per un’ora, è diventato teatro di uomini e dei.
Viviana Raciti
Visto a Short Theatre, settembre 2023
RADIO VINCI PARK
messa in scena Théo Mercier
canto e coreografia François Chaignaud
clavicembalo e arrangiamenti musicali Marie-Pierre Brébant
stunt Cyril Bourny
collaborazione artistica Florent Jacob
direzione tecnica François Boulet
disegno tecnico dei costumi Clinique Vestimentaire
amministrazione e produzione Mandorle productions, Alma Office
distribuzione Apropic
produzione esecutiva Good World
coproduzione La Ménagerie de verre – Paris, Festival Actoral – Marseille, La Bâtie – Festival de Genève, CDN Nanterre-Amandiers
con il supporto di Hermès
Mandorle productions è sovvenzionata dal Ministère de la Culture DRAC Rhône-Alpes e dalla Région Auvergne-Rhône-Alpes
Good World/ Théo Mercier è supportato da Hermès per questo progetto
con il sostegno di Institut français Italia, Fondazione Nuovi Mecenati
in collaborazione con Villa Medici
con il patrocinio di Roma Capitale – Municipio VIII