HomeCordelia - le RecensioniECHOLALIAS + IL TERZO REICH (Sofia Jernberg, Romeo Castelucci)

ECHOLALIAS + IL TERZO REICH (Sofia Jernberg, Romeo Castelucci)

Questa recensione fa parte di Cordelia di settembre 23

Foto Claudia Pajewski

Tra il pubblico qualcuno ammette di non essere mai stato in questo luogo, il Teatro Nazionale, l’entrata è proprio all’angolo tra via del Viminale e via De Pretis; è la Roma turistica ma anche la Roma del potere. E d’altronde siamo qui per “una diade sul linguaggio e il suo potere”, così la curatela di Piersandra Di Matteo ha immaginato di ancorare l’installazione di Romeo Castellucci, Terzo Reich alla performance vocale di Sofia Jernberg, Echolalias, the Amnesia of Forgotten Sounds. La ricerca vocale e canora dell’artista svedese (ed etiope di nascita) mette in dialogo e in contrapposizione mondi sonori apparentemente lontani. Sussurri, rumori, fischi e un campionario di effetti con cui viene intessuta una stratificazione sonora terrena, animalesca e fisica in contrapposizione all’edificio vocale dolcemente melodico della tradizione italiana: dal barocco di O leggiadri Occhi Belli (anonimo seicentesco) e di Che si può fare (1664 Barbara Strozzi) a un frammento della Tosca di Puccini; con una parentesi sulla storia dell’Etiopia in cui Jernberg canta Adwa, di Ejigayehu Shibabaw, suggestiva canzone tributo alla storica battaglia. Basterà un buio e una luce che illuminerà una frazione di spina dorsale appoggiata sul palcoscenico per dare il via a Terzo Reich, la prima parola che appare sullo sfondo è come un colpo di pistola, ci sorprende e quasi spaventa. “Cosa”, “osso”, “legge”… i vocaboli inizialmente si percepiscono con una certa facilità, poi bisognerà intraprendere una lotta con la dittatura di questa macchina in grado di mitragliare decine e decine di termini al secondo. Il Terzo Reich di Castellucci è il fiume di parole in cui siamo costretti a vivere, un mare di segni senza discorso. Qualcuno si ribella ed esce, altri non riescono a staccare lo sguardo da questo flusso ipnotico, chi si abbandona e chi cerca di strappare di tanto in tanto il significato ai significanti, ma è sempre più difficile, le forme predominano: i sostantivi (tutti quelli presenti nel vocabolario italiano) si combinano, ora, per lunghezza. Prima della chiusura la macchina rallenta lasciando esplodere lentamente cinque vocaboli in grado di comporre interrogativi di un misticismo a tratti biblico: “concezione”, “abisso”, “vittima, “frutto”, “orizzonte”. (Andrea Pocosgnich)

Visto a La Pelanda, Short theatre 2023. Credits: Qui il link ai crediti di entrambi gli spettacoli

Recensioni su Cordelia, settembre 2023

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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