La settima edizione di NID Platform – nuova piattaforma della danza italiana, intitolata Fluidity – corpo spazio movimento, si svolge a Cagliari da mercoledì 30 agosto a sabato 2 settembre. Presentazione in media partnership.
Giova ricordarlo: non un festival, ma una piattaforma. Il format della NID_New Italian Dance Platform, giunto alla settima edizione che si terrà a Cagliari tra il 29 agosto e il 2 settembre, per il coordinamento generale di Antonio Giua, continua a ricercare e promuovere un approccio che non sia orientato alla comparsa intermittente di produzioni in un determinato territorio, ma a costruire di volta in volta un dialogo fra quattro blocchi-comunità specifiche: chi produce, chi distribuisce, gli artisti e le artiste e, presenza tutt’altro che neutrale, un territorio diverso di edizione in edizione. Una piattaforma, d’altro canto, è per definizione un luogo che fluttua su una sostanza liquida: superficie in lento ma costante movimento, che offre pro tempore l’occasione per l’apparire di dati fenomeni in una condizione di nomadismo lento. Luogo di per sé liscio, privo di connotati in quanto per definizione totalmente flat, proprio nella sua neutralità è dunque la base ideale per interrogare lo spazio e il tempo entro cui si muove.
“Natura, fluidità, modi unici di occupare lo spazio che ci circonda, concentrazione durante la performance, flusso di contatti, emozioni”, questo il key concept dell’edizione 2023, che pare la naturale enunciazione di quanto possa manifestarsi proprio su una piattaforma, per come l’abbiamo definita. Un susseguirsi di elementi in relazione appunto orizzontale, che definisce un programma preciso in cui la performance e la danza diventano linguaggi d’elezione per leggere e tentare di ri-scrivere il presente. E poi c’è la città, tutto intorno. Cagliari, che sul lungo finire dell’estate può permettere a questa giostra fluida di intercettare un pubblico di non-operator*, magari turist* attratti dall’unicità di una città riccamente stratificata e intimamente poliglotta, per il «susseguirsi di tante civiltà, da quella fenicio-punica a quella romana, e poi vandala, bizantina, pisana, aragonese e spagnola, piemontese».
Cornice dunque ideale per la vocazione internazionale della NID, che dal 2012 offre visibilità a compagnie italiane con un parterre di operatori nazionali e internazionali, dalla scorsa edizione (2021, a Salerno) anche attraverso un programma sistematico di residenze bilaterali patrocinate dalla Direzione Generale Spettacolo del Ministero della Cultura e i diversi Istituti Italiani di Cultura coinvolti, oltre a vari organismi ed istituzioni straniere di prestigio e di rilevanza nazionale nei rispettivi paesi. Già attivi programmi di scambio con realtà canadesi, tedesche, britanniche, oltre a quelli in fase di sviluppo con partner da Taiwan, Norvegia e Austria.
Come nell’ultima edizione, la call 2023 e il conseguente programma si dividono nella sezione Programmazione, con lavori che hanno già visto un debutto, e quella Open studios, volta a presentare progetti coreografici «in via di sviluppo e che siano alla ricerca di co-produttori, debutti e partner». Otto i lavori selezionati dalla commissione artistica, coordinata da Valeria Ciabattoni, tra gli Open studios: una teoria di sguardi accomunati da una prospettiva di decostruzione e riscrittura della quotidianità, un saggio di quanto la performatività della danza sia capace, nel panorama artistico italiano, di convocare e mettere in discussioni in maniera diretta temi cruciali della nostra esperienza. Da Deserto tattile di Nicola Galli, seconda tappa di un percorso di ricerca sull’evaporazione dei concetti di distanza e limite nella geografia antropica, a Plein Air di Marina Donatone, indagine sul potere immaginifico ed epistemologico del tocco; da Umlaut di Giuseppe Vincent Giampino, focalizzato sulla mediazione del corpo come membrana relazionale tra un dentro e un fuori, tra un soggetto e un luogo, a Do-around-the-world del gruppo Parini Secondo, immersione nella memoria del corpo attraverso il gioco-sfida del salto della corda.
In Danze americane Fabrizio Favale torna invece sulla propria formazione e sul patrimonio, comune a più di una generazione, della danza Moderna e Postmoderna Americana, per interrogarne, attraverso la rivista coreutica, l’eredità alla prova del presente. Rivolgendosi ancora agli archivi del movimento, Fabritia d’Intino evoca in CANCAN l’immaginario della festante e patriarcale danza erotica, per escavarne la figuratività rivoluzionaria attraverso un processo di inversione figurativo e ritmico. Lavora invece sull’improvvisazione Roberto Tedesco, che in Decisione consapevole propone un esercizio situazionale su quattro possibili parole chiave: isolamento, comunicazione, intimità e comunità (isolamento è la chiave della mise en espace cagliaritana). La sezione si chiude con due lavori “extra”, un progetto fuori formato e un lavoro già ospitato nella scorsa edizione della NID. CrePa, di e con Sara Sguotti e Arianna Ulian, centrato sulla metafora della crepa come ferita e feritoia, dolore e rift generativo, si sdoppia tra il momento performativo e un’installazione video; Un discreto protagonista di Damiano Ottavio Bigi e Alessandra Paoletti (Fritz Company), lavoro nato nell’alveo del lockdown e incentrato sul suo tempo rallentato, torna dopo il debutto all’edizione 2021.
Tra i lavori della sezione Programmazione, oltre ai contributi di Andrea Costanzo Martini, Daniele Ninarello, Francesca Foscarini e Cosimo Lopalco, Roberto Castello e Collettivo Giulio e Jari, segnaliamo almeno Shoes on di Luna Cenere, il primo lavoro in cui la danzatrice e coreografa napoletana non è presente in scena, ma media il proprio denso pensiero coreografico nelle figurazioni e nei gesti di due performer, oltre a Atmosferologia. Veduta > Cagliari di Michele Di Stefano e Lorenzo Bianchi Hoesch, che vede i performer dislocati in una porzione più o meno ampia dello spazio urbano, rammagliati dall’ascolto in cuffia offerto ai partecipanti, che così focalizzano e defocalizzano prospettive sul paesaggio urbano, sui corpi e sui segni stratificati della città.
Ne emerge una programmazione che, secondo una sacrosanta tendenza emersa con più urgenza negli ultimi anni, non favorisce la sovrapproduzione, ma valorizza progetti già instradati, che necessitano di un’apertura pubblica e di un affaccio unico sui circuiti nazionali e internazionali, o che addirittura hanno già un percorso di maturazione, ma che rischiano di non trovare il pubblico che meritano, scomparendo dai cartelloni dopo poche repliche a fronte di percorsi di gestazione complessi. NID platform rilancia dunque il proprio impegno a vocazione internazionale, offrendosi in primis come una boccata d’ossigeno per artisti e artiste mess* nella condizione di confrontarsi con operatori e operatrici d’oltreconfine. Essenziali a tal fine i desk, accuratamente organizzati durante la settimana, e le talk a tema per stimolare domande e risposte dirette tra produzione e distribuzione.
Redazione
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