Recensione. La scelta: uno spettacolo partecipativo di Roger Bernat, visto in anteprima a Dominio Pubblico, debutterà a Kilowatt Festival.
Una delle novità del teatro italiano degli ultimi dieci anni è relativa all’emersione di numerosi progetti organizzativi che hanno spostato parte della responsabilità curatoriale verso comunità di spettatori e spettatrici. Quella che poteva sembrare una novità passeggera è diventata un’alternativa stabile in diversi festival distribuiti soprattutto nel centro-nord. In principio c’erano i Visionari di Kilowatt Festival, la manifestazione – ormai luogo imprescindibile per il teatro contemporaneo – è stata infatti la prima a confrontarsi con l’idea di condivisione della direzione artistica. Quest’anno ha raggiunto la decima edizione anche Dominio Pubblico, il progetto romano fondato da Luca Ricci (curatore anche di Kilowatt insieme a Lucia Franchi), Fabio Morgan e Tiziano Panici; qui, forse per la prima volta, il modello è stato declinato su una comunità di giovani, a Dominio Pubblico i progetti vengono infatti scelti da un gruppo di under 25. Era logico dunque che una delle anteprime del nuovo spettacolo La scelta – o meglio: “dispositivo” – progettato da Roger Bernat avvenisse a Roma nelle sale del Teatro India occupate da decine di magliette con le scritte di Dominio Pubblico, prima del debutto proprio a Kilowatt Festival.
Dietro l’operazione però c’è anche un altro luogo importante in questa geografia della nuova progettazione culturale partecipata, Up To You Festival, una rassegna organizzata da Qui e Ora a Bergamo e dedicata agli under 35. Francesca Albanese, Silvia Baldini e Laura Valli di Qui e Ora residenza teatrale hanno incontrato il regista catalano Roger Bernat al quale hanno raccontato del loro festival (Up To You), da qui l’idea di progettare un’opera che raccontasse in qualche modo il processo di scelta che guida i festival partecipati.
Potrebbe sembrare qualcosa di molto autoreferenziale – come d’altronde affermerà uno spettatore durante un momento di commento libero –, ma non si tratta solo della scelta di uno spettacolo da inserire in cartellone. Il punto è quello di mettere in crisi modelli verticistici, di fare esperienza di democrazia (come ha affermato una partecipante alla direzione collettiva del festival bergamasco in un incontro del giorno precedente). Veniamo divisi in tre gruppi, ognuno dei quali dovrà vivere la riunione di una direzione artistica, su uno schermo scorreranno i trailer di tre spettacoli (Bernat ha creato una lista su Vimeo con opere di compagnie e autori spagnoli o latino americani), alla fine di ogni video noi spettatori del presente daremo voce a conversazioni avvenute nel passato tra altre persone: i commenti ci vengono consegnati su alcuni cartoncini colorati e lo schermo ci avviserà quando dovremo prendere parola. Non ci sono infatti altri attori in questo dispositivo teatrale che da subito appare più simile a un gioco di ruolo che a uno spettacolo, una maschera gestirà silentemente gli interventi video e la distribuzione dei cartoncini.
Questa fase è felicemente ambigua, commentiamo gli spettacoli con parole che non sono le nostre, ma cerchiamo di farle nostre, qualcuno rispetta totalmente la richiesta del gioco e si alza anche in piedi per parlare, qualcun altro non riesce a rinunciare all’interpretazione. Si ride spesso proprio per lo slittamento tra la nostra presenza nel qui e ora del Teatro India e le affermazioni, anche taglienti, dette in un tempo e in una situazione altri ma di fronte agli stessi spettacoli. Accade tutto molto fluidamente, il meccanismo non necessita di forzature, anche perché la relazione tra le persone non è teatrale ma assembleare, dunque la presa di parola per interposta persona diventa un modo per comprendere proprio certi ingranaggi, come se fosse un documentario da vivere in prima persona. Come si commenta un’opera teatrale vista in video? Cosa ci colpisce? La scelta in questo modo mostra anche quanto sia controverso, nella selezione per le arti performative, lo strumento del video: manipolatorio, spesso poco fedele per la comprensione della specifico scenico, eppure in grado di far conoscere progetti lontani, di ampliare la possibilità di scelta. E una volta accettata la modalità del teatro in video, come si relaziona il nostro gusto con quello del gruppo e con le necessità di un progetto più ampio delle nostre preferenze – per obiettivi e responsabilità -, come un festival per l’appunto?
Nella seconda parte, i diversi gruppi si incontrano in uno spazio comune: nella platea di India si sventolano fogli e programmi di sala per il gran caldo, il meccanismo si ripete, forse troppo, ma con altri trailer. Oltre a quello selezionato dal nostro gruppo – The Watching Machine (di Macarena Recuerda Shepherd), un sofisticato spettacolo tra teatro fisico e illusioni visive – ce ne sono altri due: Tierras del Sud, del regista cileno Txalo Tolosa-Fernandez, che racconta le vicende legate alle sottomissioni dei popoli originari in America Latina e La grande illusione, un lavoro proveniente dalla Spagna incentrato su una sorta di parodia del sistema teatrale. Bisogna scegliere uno spettacolo, il gioco ora passa nelle nostre mani, siamo stremati e qualcuno chiede di votare, subito. Ma siamo qui per governare collettivamente un processo decisionale, e votare immediatamente vorrebbe dire salvaguardare solo l’apparato democratico svuotandolo della sua risorsa primaria, la discussione, chiedo allora di pazientare e, per chi volesse, di prendere la parola per motivare la propria scelta. E qui sta il punto: la presa di parola, in una società non virtuale, ma fatta di corpi. Difendere uno spettacolo, spiegare perché ci è piaciuto è un’azione che mostra le nostre passioni, i nostri punti deboli; in definitiva mostra agli altri il nostro posizionamento, estetico, politico e sociale.
Andrea Pocosgnich
Giugno 2023, Roma, Teatro India Dominio Pubblico
Prossime date in calendario tournée:
debutto: 11 luglio 2023, Sansepolcro, Kilowatt festival
La scelta
Di: Roger Bernat / FFF + Qui e Ora
Progetto: Roger Bernat
Drammaturgia: Roberto Fratini, Partecipazione: Francesca Albanese, Silvia Baldini, Josephine Magliozzi e Laura Valli
Technical care di Stefano Colonna
Coproduzione: Capotrave – Infinito e Kilowatt Festival(Sansepolcro)
Sostegno: Risonanze Network (rete italiana di festival e direzioni artistiche partecipate da giovani under 30), MIC,
Software: Matics Barcelona, Suono: Joan Solé,
Montaggio video: Txalo Toloza, Grafica: Marie-Klara González, Trascrizione creativa delle registrazione del tour presso le direzioni artistiche partecipate in Italia: Elena Bernardi, Pina Rocco
ciao ho letto l’articolo, tema “scottante” quello della partecipazione, direi anche scivoloso. che differenza fa partecipare ad uno spettacolo come semplice spettatore, o determinare quale sarà lo spettacolo che verrà messo in un cartellone? Di fatto l’opera d’arte rimane avulsa dal tema della partecipazione, tuttalpiù si sposta il tema del potere decisionale che avrà una base più ampia nei termini del consenso. Per quello che mi riguarda la frontiera della partecipazione è decisamente spostata verso il tema della cocreazione, di opere transitive che sono interamente compiute solo se il pubblico ha la possibilità di partecipare. Mi auguro di trovare anche di questo tipo di teatro testimonianze nella vostra rivista di cui apprezzo il taglio eclettico.
grazie e buon lavoro
Giorgio Degasperi