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Agosto a Osage County, la famiglia è un posto crudele

Recensione di Agosto a Osage County. Regia di Filippo Dini, con Giuliana De Sio, Filippo Dini, Manuela Mandracchia e un nutrito cast. Testo di Tracy Letts visto al Teatro Carignano di Torino. Nella stagione2023/2024 va in scena con Anna Boniaiuto al posto di Giuliana De Sio, in scena anche a Roma, al Teatro Ambra Jovinelli.

Foto Luigi De Palma

Cominciamo dalla fine, dai lunghi applausi che hanno chiamato più volte la compagnia in proscenio a salutare il pubblico del Teatro Carignano. In sala prima della chiusura del sipario l’emozione è percepibile, c’è silenzio, poi risate e anche un sospiro all’unisono della platea quando il testo di Tracy Letts gioca la carta del colpo di scena. E poi i commenti all’uscita, le piccole riflessioni tra gli spettatori, sui volti i sorrisi di chi ha assistito a qualcosa di coinvolgente. Lo Stabile di Torino sta vivendo un periodo di importante vivacità produttiva, riconoscibile nell’alta qualità degli allestimenti e nella ricerca di testi, tra classici e contemporanei, in grado di raccontare spaccati di mondo apparentemente lontani dalla nostra società ma in realtà vicini per temi e sensibilità: Sei personaggi in cerca d’autore, Il crogiuolo, The Spank, Le sedie, solo per citarne alcuni.

Foto Luigi De Palma

Ora è il turno di un successo della drammaturgia americana degli anni Duemila: August: Osage County, questo il titolo originale del dramma familiare di Tracy Letts che andò in scena all’Imperial Theatre di Broadway nel 2007 e divenne un film nel 2013 (diretto da John Wells, con Meryl Streep, Julia Roberts, Ewan McGregor). Qui tradotto da Monica Capuani nel titolo Agosto a Osage County e allestito sul palco del Carignano, per la regia di Filippo Dini (in grado di tenere insieme i tanti piani del racconto in un ritmo sostenuto ma senza strappi parossistici) e con il lavoro di una dozzina di attrici e attori coralmente affiatati, ma anche ben concentrati sui singoli personaggi.

T.S. Eliot con la sua Waste Land viene evocato più volte come immagine poetica di questa terra desolata e rovente: siamo in Oklahoma, in una zona che, inspiegabilmente secondo Barbara (Manuela Mandracchia), fu scelta dai coloni irlandesi e olandesi per piantare una bandiera. Hanno sterminato un popolo per questa terra rovente, un genocidio per questo caldo invivibile in cui muoiono anche i pappagalli abituati a temperature tropicali. Barbara e Bill ridono cinicamente sperando che la madre sia andata contro a quell’illogico principio, “…non crede nell’aria condizionata”.

Foto Luigi De Palma

I due coniugi si stanno separando, Bill (Filippo Dini) è un professore universitario e ha una storia con una sua studentessa ventenne. Sono tornati ad Osage perché il padre di Barbara, Beverly Weston (Fabrizio Contri), è scomparso, un giorno si è allontanato da casa e non ha fatto più ritorno. La vecchia casa della famiglia Weston sarà per Barbara e Bill terreno di scontro, ring nel quale la donna metterà alle strette il marito, luogo dal quale lo vedrà uscire per sempre dalla propria vita. Una casa partizionata nella scenografia di Gregorio Zurla, che sembra avere un proprio respiro quando le pareti delle diverse stanze restringono lo spazio tra strette mura grigie, oppure si aprono all’intimità di una cucina fatta di bianche mattonelle o di un soggiorno tipico, di quelli con carta da parati a strisce verticali; c’è anche spazio per un piano di sopra: con le camere da letto in cui litigare o tentare di ritrovare una sorellanza, e un tinello in cui fumare l’ennesima sigaretta.

Foto Luigi De Palma

Tutto era cominciato con Beverly che nella penombra del suo studio accoglieva una giovane governante, assunta per prendersi cura della casa: un tavolo al centro della scena e tanti libri, citazioni colte e spiegazioni delle mansioni. La giovane dovrà anche prendersi cura di Violet, la padrona di casa che si aggira per le stanze come uno spettro sgualcito e tiene a bada i dolori procurati da un cancro alla bocca imbottendosi di psicofarmaci. Ma almeno su questo i due erano in totale accordo: Beverly poteva attaccarsi alle sue bottiglie di whisky e Violet poteva impasticcarsi fino a perdere contatto con la realtà. Certe notti si aggira in casa con vecchi pigiami, una parrucca bionda un po’ arruffata, da cui non si separa mai, una sigaretta sempre accesa e parole surreali e stridenti che si attorcigliano in bocca, incapaci di diventare intellegibili. Però quando riprende il controllo mette tutti in riga a forza di cinismo, distruggendo le autostime, i finti patetismi, le posture di comodo. Giuliana De Sio è splendida per dedizione e passione in questa discesa nella crudeltà di Violet, ma anche nella puntualità con cui anticipa le bordate degli altri. Il cinismo del personaggio creato da Letts è d’altronde affascinante anche in virtù dell’intelligenza con la quale si esprime e con la quale riesce sempre ad essere un passo avanti.

Foto Luigi De Palma

Nell’intervista presente nel programma di sala, raccolta da Ilaria Gaspari, Filippo Dini parla di Agosto a Osage County guardando anche a Čechov; infatti, nonostante la terra strappata ai nativi americani e la torta con le noci pecan, questa famiglia martoriata dalla vita e dalle scelte dei singoli rispetto al gruppo, ha qualcosa dei drammi borghesi europei del Novecento. E fa pensare non solo a quelli del medico russo – per l’estenuante chiacchiericcio, per la casa vista come luogo nevralgico in cui tornare e dal quale partire -, viene in mente anche Ibsen per la capacità di modellare la realtà del presente su un passato dimenticato e nascosto, nero e laterale. Molti di questi parenti non si vedono da anni: chi è rimasto ad Osage è sconfitto dalla vita, chi è partito vive il senso di colpa di essersene andato. Ora sono costretti a stare qui, tutti insieme, perché il patriarca, nell’immobile scacchiera della vita, ha fatto una mossa diversa. Uno sceriffo, che sembra uscito da una puntata di True Detective, porta la notizia: Beverly non è sparito, è morto, molto probabilmente un suicidio.

Foto Luigi De Palma

A dover riconoscere il cadavere gonfiato dalle acque del lago sarà la figlia maggiore, Barbara, qui il cambio di passo di Manuela Mandracchia è vera maestria: la donna lentamente comincia una discesa negli stessi inferi della madre, si abbrutisce, si lascia andare alle pasticche sottratte a Violet e dovrà fuggire per non diventare lei stessa quel fantasma che si aggira per casa. Ogni personaggio deve vedersela con il male, lottare con le unghie per sopravvivere e alimentare una fiammella di felicità, come nel caso di Ivy, altra figlia quarantenne, interpretata da Stefania Medri con forza e sentimento. Quello dei professori universitari, con vite dolorose e distrutte, è un tema tipico delle narrazioni americane: viene da pensare a Chi ha paura di Virginia Woolf di Edward Alby ad esempio. Ivy è l’unica delle figlie rimasta ad Osage, docente all’università come il padre (e come Barbara in Colorado), si innamora di un cugino (Edoardo Sorgente).

Foto Luigi De Palma

Questi è tra i pochi personaggi davvero buoni della pièce, ma quotidianamente asfaltato dalla gratuita cattiveria della madre, la tremenda sorella di Violet, Mattie Fae (nell’interpretazione puntuale ed energica di Orietta Notari), che per lui cova una disistima sproporzionata e ancorata a un errore di gioventù mai assolto. E come nei migliori Ibsen, appunto, questo errore del passato arriva nel presente come una una pistola carica sulla povera Ivy. Il motore del dramma di Letts è tutto dipendente dalla storia, dalle azioni e dalle decisioni di queste donne, solo la terza figlia, Karen (Valeria Angelozzi), ha un ruolo più defilato. E poi gli uomini, schiacciati dall’intelligenza, dalla forza delle mogli e figlie: Bill, il marito di Barbara, non fa altro che fuggire dalle proprie responsabilità e poi Steve, forse il più suggestivo tra i personaggi maschili, di cui Fulvio Pepe esalta certo la fragilità e l’incapacità di imporsi a Mattie Fae ma anche la profonda umanità di un uomo in fin dei conti dignitoso, anche in grado di alzare la testa.

Foto Luigi De Palma

Oppure il compagno di Karen, un viscido e piccolo capitalista, interpretato da Andrea Di Casa, che proverà a violentare la figlia adolescente di Barbara e Bill, Jean. Tutto affonda e invece di recuperare il tempo perso negli anni e volersi bene, si cerca lo scontro e la distruzione. A tentare di ricucire le ferite, come uno spirito che tutto controlla e misura, c’è Johanna, la giovane governante, nei gesti precisi, nell’espressione seria e silente di Valentina Spalletta Tavella. È lei a portare di tanto in tanto un po’ di spirito di comunità cucinando per tutti o aiutando nel momento del bisogno. Nel buio della solitudine finale, quando tutti avranno lasciato la crudele Violet da sola, sarà questa giovane discendente dei cheyenne ad accudirla in un abbraccio premuroso: nella dissoluzione della famiglia borghese forse una piccola luce viene accesa dall’incontro con l’altro, con chi è apparentemente distante da noi. Un dramma che si colora di suggestive note grottesche, nel quale si percepisce un senso del tragico a noi contemporaneo: Agosto a Osage County è uno degli ultimi titoli prima della chiusura della stagione dello Stabile di Torino, e si spera potrà avere una tournée nelle maggiori piazze italiane; perché è un viaggio nella disperazione, ma anche nella sopravvivenza, è una corsa a perdifiato nella notte e nel pericolo di essere vivi.

Andrea Pocosgnich

Torino Teatro Carignano, dal 16 maggio al 4 giugno 2023.

Prossime date in calendario tournée 2023/2024 – lo spettacolo andrà in scena con Anna Boniauto nel ruolo interpretato da Teresa De Sio

PISTOIA, Teatro Manzoni, 14 e 15 ottobre 2023
ROMA, Teatro Ambra Jovinelli, dal 18 al 29 ottobre 2023
ASTI, Teatro Alfieri, 2 novembre 2023
PINEROLO, Teatro Sociale, 4 novembre 2023
MANTOVA, Teatro Sociale, 7 novembre 2023
PARMA, Teatro Due, 10 e 11 novembre 2023
SAN MARINO, Teatro Nuovo, 14 novembre 2023
ANCONA, Teatro delle Muse, dal 16 al 19 novembre 2023
PADOVA, Teatro Verdi, dal 22 al 26 novembre 2023
BOLZANO, Teatro Comunale, dal 30 novembre al 3 dicembre 2023
TRENTO, Teatro Sociale, dal 7 al 10 dicembre 2023
BRESCIA, Teatro Sociale, dal 13 al 17 dicembre 2023
CATANIA, Teatro Verga, dal 2 al 7 gennaio 2024
PORDENONE, Teatro Giuseppe Verdi, 10 e 11 gennaio 2024
UDINE, Teatro Nuovo Giovanni da Udine, 13 e 14 gennaio 2024
MILANO, Teatro Franco Parenti, dal 16 al 21 gennaio 2024
NAPOLI, Teatro Bellini, dal 25 gennaio al 4 febbraio 2024

AGOSTO A OSAGE COUNTY

di Tracy Letts
traduzione Monica Capuani
con Giuliana De Sio (Anna Boniauto dalla stagione 2023/2024), Manuela Mandracchia, Filippo Dini, Fabrizio Contri, Orietta Notari, Andrea Di Casa, Fulvio Pepe, Stefania Medri, Valeria Angelozzi, Edoardo Sorgente, Caterina Tieghi, Valentina Spaletta Tavella
regia Filippo Dini
dramaturg e aiuto regia Carlo Orlando
scene Gregorio Zurla
costumi Alessio Rosati
luci Pasquale Mari
musiche Aleph Viola
suono Claudio Tortorici
assistente regia Eleonora Bentivoglio
assistente costumi Rosa Mariotti
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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