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ZIO VANJA (di Simona Gonnella)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

Lo Zio Vanja di Anton Čechov, nella regia di Simona Gonnella, è una precisissima trappola dai violenti toni scarlatti. Il luogo dove avviene il dramma è scarno, denso e claustrofobico nel disegno scenico di Federico Biancalani, e autore di quella lenta e irrevocabile consunzione dei rapporti affrontata dallo scrittore russo nelle sue opere. Siamo in una tenuta di campagna, il capriccioso professore vi fa ritorno da malato accompagnato dalla seconda moglie Elena. Il loro arrivo rompe lo stantìo equilibrio che governa la casa in cui vivono lo zio Vanja, la nipote Sonja, il dottor Astrov, Telegin e la balia/madre: Elena è il motore di questo movimento distruttivo, annoiata e di un’irrequietezza seducente nell’interpretazione di Stefanie Bruckner, attira le passioni e gli ideali di due uomini che la contendono invano. C’è Vanja (un lascivo Woody Neri), uomo sulla mezza età frustrato e privo di speranze per il futuro, vestito con bretelle rosse e ciabatte che schiacciano rumorosamente a terra il peso della vita. E c’è Astrov (Marco Cacciola), ecologista dagli abiti un po’ punk e oggetto delle premure della figlia del professore, Sonja. Il loro disagio esistenziale si trasforma rapidamente in un urlo squassante e due colpi di pistola e lo scontro umano che ne deriva è logorante, soffocato sia dagli ambienti sonori di Donato Paternoster sia dalle luci taglienti pensate da Rossano Siragusano. Non c’è soluzione all’ insoddisfazione implosa di questi personaggi čhecoviani, tutti così contratti nella loro incapacità di incidere sul reale. All’inettitudine, però, Gonnella accompagna un sottile sentimento di scherno, intervenendo nel testo con alcune note di regia che Stanislavskij scrisse a margine del suo storico allestimento dell’opera, e producendo uno scarto ironico e di spaesamento tra scrittura e rappresentazione, affidato alla voce di Anna Coppola. Il risultato è una reintepretazione solida e verace, che offre al pubblico una lettura inedita del classico čhecoviano. (Andrea Gardenghi)

Visto al Teatro Fontana di Milano. Crediti: Di Anton Čechov, Regia e drammaturgia Simona Gonella, Con Stefano Braschi, Stefanie Bruckner, Marco Cacciola, Anna Coppola, Stefania Medri, Woody Neri, Donato Paternoster, Spazio scenico Federico Biancalani, Disegno luci Rossano Siragusano, Costumi Annamaria Gallo, Ambienti sonori Donato Paternoster, Produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale, Teatro Metastasio di Prato, Con il contributo di NEXT-Laboratorio delle Idee. Foto di Luca Del Pia

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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