Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023
Nel buio fa la sua apparizione un uomo claudicante con cappello e faccia sfregiata, bruciata; porta delle sedie sulle spalle e le posa con un tonfo alla sinistra del palco. Di nuovo buio. Manichini seduti uno accanto all’altro, due sedie vuote davanti occupate da una ragazza (Elena Delithanassis) e da un’altra donna, che si rivelerà una sadica infermiera (Ilaria Santostefano). Sono venuta solo per telefonare è uno dei Dodici racconti raminghi di Gabriel García Márquez che la regista triestina Delithanassis riceve in regalo da un’amica quando nel 2014 parte per la Colombia, e che decide di adattare nel lavoro María. Restituendo quell’indeterminatezza degli scritti di Márquez, la drammaturgia si connota sin da subito per apparizioni, lampi che illuminano scene autonome tra loro, le quali spazialmente sono collocate a destra o sinistra del palco e illuminate tramite sagomatori. La storia di María, ex ballerina, moglie e assistente del Mago Saturno è ambientata a Barcellona e “fotografata” teatralmente nell’ineluttabilità del suo accadere: dopo essere rimasta in panne, la ragazza accetta il passaggio su un autobus, il cui autista promettendole di farle chiamare il suo compagno, la conduce invece in un ospedale psichiatrico nel quale subirà abusi e trattamenti sanitari violenti. Il cast, alle attrici citate si aggiunge Marco Palazzoni nel ruolo del marito, sceglie un’interpretazione quasi clownesca, incantata, efficace più nella gestualità del mimo che nella parola. Rimangono registicamente in sospeso alcuni passaggi, primo fra tutti il legame tra l’uomo dell’inizio, quasi un narratore, con i protagonisti; oppure la voce femminile del finale che subentra per spiegare e concludere la vicenda. Nei silenzi, quanto nell’espressività corporea, questo immaginario evanescente, una finzione reale e un realismo finzionale, che unisce il linguaggio poetico del circo a quello del teatro di figura, denuncia con soavità ma vividezza politica lo spaccato sociale della repressione franquista. (Lucia Medri).
Visto al Festival Inventaria, Teatro Basilica. Crediti:adattamento e regia di Elena Delithanassis
con Marco Palazzoni, Elena Delithanassis, Ilaria Santostefano; voci di Fulvio Falzarano, Tullia Alborghetti, Valentina Milan, Sergio Pancaldi; foto di Luca Innocente; produzione Hangar Teatri
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