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DOV’È PIÙ PROFONDO (di Irene Russolillo)

Questa recensione fa parte di Cordelia, maggio 2023

È capitato a tutt* di sentirsi a casa di fronte a un paesaggio estraneo alla propria biografia, ben oltre le narrazioni identitarie che spesso elevano campanilismi anche tra paesi e frazioni distanti pochi chilometri. È un sentimento profondo e complesso: su di esso si fondano da sempre concetti opposti da cui generano comunità e sodalizi, ma anche, proprio per questo, alterità e conflitti. Dov’è più profondo, della coreografa e performer Irene Russolillo e con la creazione sonora e partecipazione scenica di Edoardo Sansonne, è un’asserzione e insieme un quesito, postura paradossale ma anche unica possibile a indagare quel confine invisibile e frastagliato che ci lega al mondo, fisico in primis, poi sociale e storico, che genera appartenenza, che ci fa dire: io, tu, noi. Il linguaggio della performance convoca strumenti eterogenei, dal canto alla lettura, dal live set al video, come metodologia per risalire con cura e sapiente diffrazione un argomento inafferrabile secondo cui qui è anche infiniti altrove. Così Russolillo, originaria del Tavoliere delle Puglie, dispiega perfettamente con la sua corporeità, voce e movimento, il paesaggio sonoro e orografico delle montagne di nord-ovest, fra Piemonte e Val D’Aosta, dove ancor oggi esistono alcune comunità Walser. Il luogo virtuale in cui Russolillo e Sansonne ci invitano è l’archivio, la raccolta di testimonianze visive e sonore di quelle popolazioni, le cui origini e vicende migratorie restano incerte, ma la cui sopravvivenza, una punteggiatura di minuscoli borghi e malghe di montagna sulla cartina delle Alpi, è sufficiente a illuminare un luogo misterioso e marginale della nostra stessa identità. L’esplorazione di questa geografia rimossa produce commozione, scandita dalla straordinaria coreografia, scritta seguendo la fatica del corpo in scalata, o dalla raffinata sonorizzazione dei canti tradizionali, come l’abissale rintocco del canto dei battipali. Il filo che rammaglia le fonti è la ricerca di quella fatica umana e sociale che precede e forgia la dimensione della lotta, ma la luce che più ci ferisce e resta nello sguardo, ancorché in fondo politica, è l’eco che quelle forme, visive e sonore, suscitano nello spettatore, come se ci appartenessero da sempre, senza capire il perché. (Andrea Zangari)

Visto a Spazio Rossellini nell’ambito di Impronte. La primavera della sostenibilità. Progetto, coreografia, scrittura vocale e performance di Irene Russolillo; creazione sonora e performance di Edoardo Sansonne | Kawabate; assistenza drammaturgica e cura Irene Pipicelli; disegno luci, direzione tecnica Valeria Foti; costumi Vanessa Mantellassi; progetto realizzato con l’Associazione Culturale VAN nell’ambito del Premio CROSS Award 2019 Verbania

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Andrea Zangari
Andrea Zangari
Architetto, laureato presso lo IUAV di Venezia, specializzato in restauro. Ha scritto su riviste di settore approfondendo il tema degli spazi della memoria, e della riconversione di edifici religiosi dismessi in Europa. Si avvicina al teatro attraverso laboratori di recitazione, muovendosi poi verso la scrittura critica con la frequentazione dei laboratori condotti da Andrea Pocosgnich e Francesca Pierri presso il festival Castellinaria prima e Short Theatre poi, nel 2018. Ha collaborato con Scene Contemporanee, ed attualmente scrive anche su Paneacquaculture. Inizia la sua collaborazione con Teatro e Critica a fine 2019, osservando la realtà teatrale fra Emilia e Romagna.

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