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Lazarus, la solitudine dell’alieno

Recensione di Lazarus, con Manuel Agnelli, regia di Valter Malosti. Jukebox musical di David Bowie e Enda Walsh. Visto al Teatro Bonci di Cesena, poi in tournée a Roma, Bologna, Napoli, Lugano, Milano, Ferrara, Torino.

foto di Fabio Lovino

Come potrebbe essere la rappresentazione metaforica di una mente creativa, brillante ma stanca, mossa da un desiderio di difficile realizzazione, sulla quale si depositano strati e strati di ricordi, di suoni, immagini, sensazioni, di amori desiderati, delitti nascosti, di esperienze forse emerse dal passato, da un reale possibile ma che non è detto sia accaduto, azioni e persone si rivelano nel momento stesso in cui sono pensate?

Vere o finte che siano, queste apparizioni sovrapposte, diventano la materia scenica su cui si poggia l’imponente allestimento di Lazarus nella regia del direttore di ERTValter Malosti, che riprende l’opera scritta dalla leggenda rock David Bowie e il drammaturgo irlandese Enda Walsh dopo il debutto di 8 anni fa, a pochi mesi dalla morte del duca bianco, come possibile prosecuzione del film del 1976 The man who fell to earth di Nicolas Roeg – all’epoca interpretato proprio da Bowie, molto legato a questo personaggio – e a sua volta ispirato al romanzo di Walter Tevis (La versione diretta da Ivo van Hove l’avevamo vista al King’s Cross Theatre nel 2017, con protagonista l’attore di Dexter, Micheal C. Hall; qui la recensione).

foto di Fabio Lovino

Lo spettacolo, che ora ha il volto e la voce di Manuel Agnelli nel ruolo di Thomas Newton, l’alieno caduto e intrappolato sulla terra, imbottito di gin e merendine, ha debuttato al Teatro Bonci di Cesena: dentro questo gioiello di metà Ottocento, un boccascena stracolmo e però raccolto si riempie di schermi – cinque – fino al soffitto, disordinatamente distribuiti in altezza e quasi a corollario di una piccola scatola colorata, schermata e soprelevata, un luogo altro, emanazione di un sogno o di un ambiente diverso dalla casa del protagonista, “una scena  – sostiene in battuta Newton – a cui non sono stato in grado di pensare”. Su una pedana rotante, una poltrona e un tavolo/tastiera, ai lati, due scalinate per accogliere i musicisti che dal vivo accompagnano questo “jukebox musical”, arricchito dalle visioni cinematiche curate da Brinchi e Spanò, della sonorità di Gup Alcaro e della band di fiati, chitarre, basso e batteria (composta da Laura Agnusdei, Jacopo Battaglia, Ramon Moro, Amedeo Perri, Giacomo Rossetti, Stefano Pilia, Paolo Spaccamonti). Da un punto di vista produttivo, con cinque realtà imponenti a sostenere l’operazione (tra i quattro nazionali, ERT, Torino, Napoli e Roma, e il LAC di Lugano), sicuramente ci si trova di fronte a un’operazione che ha saputo attrarre molte energie e risorse, dando possibilità di ingaggio a nomi dichiaratamente riconosciuti nel panorama musicale e altri propri al mondo teatrale; certo, le presenze dello storico frontman degli Afterhours e la giovane cantautrice Casadilego (vincitrice di X Factor Italia 2020) possono, sì, chiamare un pubblico non necessariamente abituato al teatro, ma – allargando il discorso – ci si chiede se questa sia una strategia funzionale a lungo termine; soprattutto in un momento in cui le istituzioni teatrali devono fare i conti conti con la congiuntura economica sfavorevole e i tagli imposti da una politica sempre meno attenta alle necessità della cultura.

foto di Fabio Lovino

In ogni caso, la forza è l’efficacia di questa operazione è evidente: le idee di personaggi che per primi avevano abitato il film e che ritornano come evocazione nel testo, sono qui figure sdoppiate non solo nella resa (come il coro di tre teenager dai capelli blu) trovano nell’idea di sdoppiamento una profonda motivazione drammaturgica. Desiderano emulare, fingono o si scoprono qualcun altro: come l’assistente Elly (qui nell’espressività coreutica e canora di Michela Lucenti) che si innamora del protagonista e vorrebbe sostituirsi alla memoria del di lui amore perduto, Mary-Lou; come la figura di una ragazza misteriosa, che nessuno vede, che non ricorda nulla di sé e tutto di lui (potentissima e dolcemente fragile la cantautrice Casadilego); o la presenza di un ambiguo personaggio, le cui azioni manifestano sempre qualcosa che sfugge (Dario Battaglia).

foto di Fabio Lovino

Su tutto, a evidenziarne per contrasto, c’è il profondo senso di solitudine di quest’uomo che – derivato dal sentimento dell’alterità che tanto era caro a Bowie – alla fine della propria esistenza, anela un ritorno impossibile verso le stelle, una utopica speranza che non arriva, perché impossibilitata da i limiti del mondo e quelli interni dell’uomo stesso. Walsh, al primo incontro con Bowie, si trova davanti allo spunto per una «mente devastata [che] avrebbe torturato e si sarebbe presa gioco di lui [il protagonista] con un sogno di fuga; e dalla sua prigione, la sua stanza in una grande torre, Newton avrebbe quindi tentato di fuggire un’ultima volta». Stallo e desiderio: come due forze uguali ed opposte costringono lo spettacolo a una frammentarietà carica di tensione, a una prosecuzione narrativa che non può procedere linearmente ma che vaga, salta dal senso di oppressione di Newton alle varie situazioni esterne, alle vicende delle varie coppie le cui storie si intrecciano o si delineano in parallelo a quelle del protagonista.

foto di Fabio Lovino

La scrittura di Walsh, definita dal primo produttore Robert Fox su “The Guardian”, come un flusso libero e anarchico, prosegue in un andamento per scatole cinesi e comunicanti il cui filo rosso è proprio costruito sulla base delle diciassette canzoni di Bowie, ora usate come esternazione dell’interiorità dei personaggi (l’opening track omonima, Lazarus, ritratto emblema dell’uomo ambito e bloccato, o Changes cantata da Ellie/Lucenti quando inizia il suo tentativo di trasformazione nei panni di Mary-Lou),  ora come coro classico, quasi da tragedia attica, a monito o domanda da porre agli altri, a protesta e preghiera (dalla splendida This is not America cantata da Marley/Casadilego, il cui nesso tragico con la sua storia si coglierà alla fine, o le intense versioni di The man who sold the world, Life on Mars, Heroes rese con originalità, struggimento e spossatezza da Newton/Agnelli).

foto di Fabio Lovino

Come dichiara Malosti nel libro di sala, al di là della tentazione di leggere le ultime azioni artistiche dell’artista come «allegoria autobiografica, specie di fronte ai tanti indizi apparentemente ovvi che troviamo in Lazarus […], Bowie utilizza il personaggio di Newton per veicolare una serie di temi costanti nella sua musica: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo, la psicosi indotta dai media. Newton è Bowie e, nello stesso tempo non è lui». A confronto con questo mondo, allora, conclude: «Lazarus non è il racconto di un ritorno alla vita, ma il riconoscimento dell’impossibilità di morire quando il dolore per l’amore perduto, la radicale separazione dal mondo, la dipendenza e la psicosi ci soverchiano».

Per utilizzare l’ending track, Heroes, «Though nothing, will keep us together /We could steal time, / just for one day», contro la vergogna e la violenza, si mette in atto il dispositivo del ricordo, della comprensione, di un ascolto dell’altro, per materializzare la ricerca ultima, quel sogno da astronauta di raggiungere la pace delle stelle. Ne viene fuori un ritratto potente e non pacificato verso il presente drammatico, senza soluzioni né moralismi, che consegna a chi guarda le chiavi per poter interpretarlo criticamente, con, nelle orecchie, il ricordo di tanta meravigliosa musica.

Viviana Raciti

Visto al teatro Bonci di Cesena, marzo 2023

Prossime date in calendario tournée

Teatro Galli – Rimini (dal 5 al 7 aprile),
Teatro Argentina – Roma (dal 12 al 23 aprile),
Teatro Arena del Sole – Bologna (dal 26 al 30 aprile),
Teatro Mercadante – Napoli (dal 3 al 14 maggio),
LAC Lugano Arte e Cultura – Lugano (dal 18 al 20 maggio),
Piccolo Teatro Strehler – Milano (dal 23 al 28 maggio),
Teatro Comunale – Ferrara (dall’1 al 3 giugno)
Teatro Carignano a Torino (dal 6 al 18 giugno)

LAZARUS

di DAVID BOWIE e ENDA WALSH
ispirato a The man who fell to earth (L’uomo che cadde sulla terra) di Walter Tevis
versione italiana Valter Malosti

uno spettacolo di VALTER MALOSTI

con MANUEL AGNELLI, CASADILEGO, MICHELA LUCENTI, DARIO BATTAGLIA,
Attilio Caffarena, Maurizio Camilli, Noemi Grasso, Maria Lombardo, Giulia Mazzarino, Camilla Nigro, Isacco Venturini
in video Roberta Lanave

la band (in o.a.)
Laura Agnusdei sax tenore e sax baritono | Jacopo Battaglia batteria |
Ramon Moro tromba e flicorno | Amedeo Perri tastiere e synth |
Giacomo “ROST” Rossetti basso | Stefano Pilia chitarra |
Paolo Spaccamonti chitarra

progetto sonoro GUP Alcaro | scene Nicolas Bovey | costumi Gianluca Sbicca | luci Cesare Accetta | video Luca Brinchi e Daniele Spanò | cura del movimento Marco Angelilli | coreografie Michela Lucenti | cori e pratiche della voce Bruno De Franceschi | maestro collaboratore Andrea Cauduro | assistenti alla regia Jacopo Squizzato, Letizia Bosi

direttore tecnico Massimo Gianaroli / direttore di scena Lorenzo Martinelli / Stefano Orsini
macchinista Riccardo Betti / aiuti macchinisti Davide Lago, Leandro Spadola / fonici Angelo Longo, Nicola Sannino, Giacomo Venturi
capo elettricista e datore luci Umberto Camponeschi / aiuto elettricista Lorenzo Maugeri / operatore video Pietro Tirella
sarta Eleonora Terzi / trucco e parrucco Nicole Tomaini / foto di scena Fabio Lovino

produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura

per le repliche di Cesena in collaborazione produttiva con Balletto Civile

per le repliche di Modena in collaborazione produttiva con Fondazione Teatro Comunale di Modena

un particolare ringraziamento a TPE – Teatro Piemonte Europa

in accordo con Robert Fox and Jones/Tintoretto Entertainment e New York Theatre Workshop per gentile concessione di Lazarus Musical Limited in accordo con Arcadia & Ricono Srl

Lazarus ha debuttato per la prima volta Off-Broadway al New York Theatre Workshop il 7 dicembre 2015

29/03/2023 – 02/04/2023 | Teatro Storchi di Modena

5/04/2023 – 07/04/2023 | Teatro Amintore Galli Rimini

12/04/2023 – 23/04/2023 | Teatro Argentina di Roma

26/04/2023 – 30/04/2023 | Arena del Sole di Bologna

03/05/2023 – 14/05/2023 | Teatro Mercadante di Napoli

18/05/2023 – 20/05/2023 | LAC – Lugano Arte e Cultura

23/05/2023 – 28/05/2023 | Piccolo Teatro di Milano

01/06/2023 – 03/06/2023 | Teatro Comunale di Ferrara

06/06/2023 – 18/06/2023 | teatro Carignano di Torino

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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