Questa recensione fa parte di Cordelia, aprile 2023
Lino Guanciale. Europeana. Un secolo nel frullatore. È il titolo di un articolo che appare nei primi risultati del web e che mi colpisce, perché ben restituisce l’effetto dello spettacolo portato dall’attore/regista abruzzese nelle sale del Piccolo Teatro di Milano. Guanciale parte dall’ingarbugliato testo dello scrittore Patrik Ouředník, denso di informazioni sul secolo appena trascorso e frenetico nel suo sviluppo paratattico, per restituire “una mirabile costruzione di ecolalie coordinative”, in cui gli eventi “non accadono in modo lineare, ma si incrociano”. Così, per tutta la durata della vorticosa pièce l’attore resta in piedi, inchiodato su di un leggìo, e passa in rassegna tutti gli accadimenti che hanno caratterizzato un periodo storico travagliato, dall’invenzione dell’aspirapolvere alle guerre mondiali, dalle lotte femministe alla distribuzione massificata di Barbie e poi il positivismo, l’esistenzialismo, il dadaismo. Allora con forza mette piede sull’acceleratore. Muovendosi su una dimensione anacronistica del tempo le sue parole rimbalzano e si susseguono velocissime e le immagini che costruisce – anche tramite oggetti feticcio – inciampano senza fiato le une sulle altre. Diremmo che è decisamente agitata, questa Europeana, rispettosa anche dello stile linguistico del suo autore, e Guanciale non ne sembra spaventato: la sua prova attorale è vivida e impegnata e assume quelle tonalità strappate di un urlo affaticato. Nelle scelte registiche però, si percepiscono alcune incertezze che mostrano un certo immobilismo nella resa finale; l’insistere sulle potenzialità del racconto si trasforma in una rinuncia alle possibilità di un più elaborato lavoro sulla scena e l’elemento musicale, dolce e malinconico nella fisarmonica di Marko Hatlak, invece di sollecitare un dialogo con le parti del testo ne riempie solamente i buchi, come un respiro momentaneo. Una montagna di indumenti “alla Pistoletto” è l’immagine lapidaria di questa breve storia del Novecento; il narratore vi preleva ripetutamente le maglie/simbolo che la costituiscono, le indossa una sopra l’altra, assumendo su di sé la stratificazione dei segni tangibili di un’intera epoca. (Andrea Gardenghi)
Visto al Piccolo Teatro Grassi di Milano. Crediti: di Patrik Ourednik, traduzione Andrea Libero Carbone © 2017 Quodlibet srl, diretto e interpretato da Lino Guanciale, musiche eseguite dal vivo da Marko Hatlak, fisarmonica, costumi ed elementi di scena Gianluca Sbicca, luci Carlo Pediani, coproduzione Wrong Child Production e Mittelfest2021, in collaborazione con Ljubljana Festival. Foto di Luca A.D’Agostino
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