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QUANTO RESTA DELLA NOTTE (di e con Salvatore Arena)

Questa recensione fa parte di Cordelia, marzo 2023

Una sedia, di legno. La scena dello Spazio Franco non prevede altro se non questo umile, funzionale elemento di arredo. Al monologo scritto e interpretato da Salvatore Arena non serve altro. Quanto resta della notte è un viaggio a ritroso, una risalita spazio-temporale che inverte il flusso più consueto. Il protagonista di questo pellegrinaggio giunge infatti dalla Sicilia, dove ha moglie e figli, in una non meglio precisata località settentrionale – l’accento sembra emiliano. Qui l’attende la madre morente, e assieme a lei un passato immobile, riemerso troppo dolorosamente. Come Silvestro Ferrauto, il protagonista della Conversazione di Vittorini, anche il Pietro interpretato da Arena intraprende un itinerario geografico e psichico nel ricordo e nella sua rievocazione. Si tratta di un affondo nella condizione esistenziale di un’umanità offesa, di un mondo offeso. Seduto su quella sedia, Arena cesella la parola con perizia genuina, imprimendo nella mente del pubblico una serie di immagini vividissime. Il loro susseguirsi delinea l’arco vitale di un’esistenza, singolare e universale, abitata da un’intera collettività e dai suoi usi. All’interno del monologo la provincia pre-industriale, con i suoi legami parentali e comunitari, trova riverbero in una caratterizzazione variegata, agita da Arena attraverso un efficace alternarsi di climax e ritmi. Gli astratti furori di Pietro, comunque sia, non trovano pace neppure nella condivisione della propria esperienza. Il momento in cui il trauma riemerge, definitivo, rappresenta il culmine di una progressiva agnizione che non risolve, e anzi enfatizza, il senso di colpa latente. I tre giorni di permanenza nella casa materna si concludono con la morte della genitrice. Una morte simbolica, nella quale si consuma l’infanzia e la possibilità di recuperare nel presente quel passato. E non è neppure vero: esso si vivifica, per tutta la durata del monologo, nella parola e nell’azione di Arena, così come negli occhi e nella mente dello spettatore. (Tiziana Bonsignore)

Visto allo Spazio Franco. Crediti: di e con Salvatore Arena. di e con Salvatore Arena. Produzione Mana Chuma Teatro. Foto di Marco Costantino

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