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OF THE NIGHTINGALE I ENVY THE FATE (Motus)

Questa recensione fa parte di Cordelia, marzo 2023

Foto Andrea Macchia

Inserendosi sulla scia di un percorso avviato con Tutto brucia, i Motus approfondiscono la loro personalissima traccia nel mito e ne sondano il potere di riemersione, dilatandone i margini periferici della percezione. In Of The Nightingale I Envy The Fate il buio occludente dal quale emerge il volto con lunghe ciglia piumate di Stefania Tansini, una moderna Cassandra, è un manto tragico che plasma un ambiente in incessante divenire; il buio è trafitto così da una luce profetica disegnata da Theo Longuemare, che rischiara il candore della pelle di un essere femmineo metamorfico, impressiona nel pulviscolo dell’atmosfera delle immagini in sequenza (memori di certe cronofotografie di Muybridge) e ricrea la visione dell’ampio piumaggio dei volatili. Nonostante questo forte potere che assume la costruzione di immagini nella ricerca di Daniela Nicolò ed Enrico Casagrande, l’incipit e l’asse su cui sviluppano il lavoro coreografico si lega in primo luogo all’aspetto sonoro, materico e significante, suono che è al tempo stesso eco premonitore nei riverberi acuti e sibilanti, esile cinguettio di usignolo e silente vocalità umana. È a partire da queste sofisticate estensioni create da Demetrio Cecchitelli, che assistiamo alla trasformazione repentina della figura di Cassandra, ora essere umano inascoltato, ora essere animale mimetico, come nei passaggi descritti dall’epos. Ma lo sconfinamento tra corpo – denso e vibrante nei movimenti coreografici di Tansini – e voce, sibilante e sospesa tra ciò che vuole dire e ciò che è costretta a tacere, è continuo, agito sempre dall’impianto performativo che tenta di reinterpretare le chiavi del mito attraverso le dinamiche del rituale. La pedana, divisa da un lungo tappeto, è il luogo ascetico dove si compirà l’ineluttabile destino; squarciante è il lamento finale di Cassandra, una “litania per la sopravvivenza”, grido acutissimo, fuoco che divampa, luce che strappa il futuro alle tenebre e che torna a parlare nell’orizzonte del presente. (Andrea Gardenghi)

Visto alla Triennale Teatro di Milano. Crediti: ideazione, regia Daniela Nicolò, Enrico Casagrande, con Stefania Tansini, drammaturgia Daniela Nicolò, suono dal vivo Enrico Casagrande, ambienti sonori Demetrio Cecchitelli, direzione tecnica e disegno luci Theo Longuemare, brano musicale R.Y.F. (Francesca Morello), props in lattice: _vvxxii, abito Boboutic Firenze, foto Ilaria Depari, video Vlamidir Bertozzi, assistente costumista, scenografa Susana Botero, illustrazione Lilsis.art, grafica Federico Magli, produzione Francesca Raimondi, produzione Motus, TPE – Festival delle Colline Torinesi. Ph Andrea Macchia

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Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi
Andrea Gardenghi, nata in Veneto nel 1999, è laureata all’Università Ca’ Foscari di Venezia in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali. Prosegue i suoi studi a Milano specializzandosi al biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera. Dopo aver seguito nel 2020 il corso di giornalismo culturale tenuto dalla Giulio Perrone Editore, inizia il suo percorso nella critica teatrale. Collabora con la rivista online Teatro e Critica da gennaio 2021.

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