Questa recensione fa parte di Cordelia, marzo 2023
Un uomo vestito di bianco tira una slitta, il vento lo colpisce, una luce azzurro ghiaccio lo accompagna mentre attraversa lo spazio da destra a sinistra fino a quando metterà i piedi in un quadrato, anch’esso bianco, in quel momento la luce cambierà mostrando con maggiore calore la figura nella sua interezza. Sulla slitta una marionetta, verrà poi appoggiata su una croce. A destra della lapide una casa in miniatura, illuminata. Sul limitare sinistro un albero di natale. Daniele Bernardi, bianco in volto, in bocca una bizzarra pronuncia che si incaglia sulle r e sulle s. Nijinsky aveva difficoltà a parlare, mi spiegherà poi. Ma questo lavoro visto al Teatro Lo Spazio è tutt’altro che un racconto realistico della vita del mitico danzatore dei Balletti Russi. Bernardi ha la capacità evidente di estrarre l’essenza poetica dalla drammaturgia da lui stesso costruita a partire dai diari dei Balletti Russi di Vaslav Nijinsky e dalle biografie scritte dalla moglie del ballerino, la contessa ungherese Romola de Pulszky. Come d’altronde è poetico il piano visivo, nel bianco di un segno preciso che ha un purezza orientale (si veda l’omaggio a Masaki Iwana sulla locandina) nella costruzione di un personaggio teatrale che, al di là della sovrapposizione o meno con il ballerino, è omaggio alla passione artistica e all’immagine teatrale intesa come epifania scenica. Io sono Nijinsky, visto sul palco del Teatro Lo Spazio, è una scoperta preziosa; Bernardi ha trovato un linguaggio in grado di creare un piccolo mondo in cui far apparire la vita dolorosa, ma anche affascinante del Dio della danza: dal rapporto – oggi diremmo tossico – con il celebre impresario Djagilev, al tempo trascorso a St. Moritz, dalla povertà in Russia alle grandi tournée internazionali. Poi quella scena, debordante, eccessiva, ma coerente con chi credeva d’altronde di avere un canale diretto di comunicazione con Dio, Bernardi la racconta con maestria. L’attesa di fronte a centinaia di persone per uno spettacolo in casa, proprio a St. Moritz: Nijinsky è immobile, guarda gli spettatori senza cominciare, per un tempo infinito, prima di prendere il volo. (Andrea Pocosgnich)
Visto al Teatro Lo Spazio di e con Daniele Bernardi a partire dall’opera di Vaslav Nijinsky scenografia, oggetti di scena e tessuto sonoro Ledwina Costantini costumi Luisa Beeli voce fuori campo Raissa Avilés assistente Elisa Pagliaro fotografie di scena Alessandro Ligato. Dal 17 al 19 marzo al Teatro o Spazio di Roma
Leggi altre recensioni su Cordelia, marzo 2023