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TOP GIRLS (di C. Churchill, regia M. Nappo)

Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023

Un lampadario di cristalli incornicia la scena minimalista di tavoli e sedie di Top Girls di Caryl Churchill, per la regia di Monica Nappo. Cinque donne della Storia, vere e d’invenzione, abitano con abiti meravigliosi un immaginifico privé e dipingono un’umanità femminile distrutta, sottomessa, tormentata. L’eroismo si trasforma in tragedia nel parlarsi addosso dei personaggi, in una scena iniziale grandiosa, incubo della protagonista Marlene, donna spregiudicata, decisa, provocante nel tubino rosso. Siamo catapultati ora in un ufficio di collocamento, ora in quella che immaginiamo una disperata campagna inglese. Ora tra le conversazioni pettegole delle addette, ora nel gioco/sfida di due adolescenti. La scena si fa sempre più vicina alla platea nel tentativo di ricalcare il meccanismo testuale, che si avvicina sempre più alla psicologia della protagonista svelandone le fragilità. Un carosello di personaggi vari, sostenuti da un cast d’eccellenza, si ritrovano impigliati, nel giogo di quella cattiveria, tipicamente femminile, che dà la nausea e ci impedisce, in fin dei conti, di schierarci dalla loro parte. Ma non è soltanto questa l’irrimediabile distanza che percepiamo: le raccomandazioni maschiliste per trovare un nuovo impiego, l’aggressività che governa le relazioni non sono passate, forse, ma passato appare il pensiero femminista che le esamina. Come passato è quel divano di pelle verde che separa il dialogo di due sorelle sui temi della famiglia, del lavoro, del prezzo reale dell’indipendenza femminile e delle sue contraddizioni. E della politica: il colpo di grazia alla potenziale contemporaneità di questo testo nel contrasto, ormai privo di ogni riferimento sensibile, tra classe operaia e individuo; nel parallelo che si voleva instaurare tra l’ascesa della Donna di Ferro e del capitalismo con la nostra quotidiana, parodistica, piccola politica di piccoli politici. Non è più nostro il mondo di quella lotta, che ora più che mai chiede di essere reinventata. (Angela Forti)

Visto al Teatro Due. Crediti di Caryl Churchill traduzione di Maggie Rose Con Sara Putignano, Valentina Banci, Sandra Toffolatti, Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Martina De Santis, Corinna Andreutti, Simona De Sarno scene Barbara Bessi costumi Daniela Ciancio luci Luca Bronzo assistente alla regia Elvira Berarducci regia Monica Nappo produzione Fondazione Teatro Due

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Angela Forti
Angela Forti
Angela Forti, di La Spezia, 1998. Nel 2021 si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo presso La Sapienza Università di Roma, con un percorso di studi incentrato sulle arti performative contemporanee. Frequenta il master in Innovation and Organization of Culture and the Arts all’università di Bologna. Nel 2019 consegue il diploma Animateria, corso di formazione per operatore esperto nelle tecniche e nei linguaggi del teatro di figura. Studia pianoforte e teoria musicale, prima al Conservatorio G. Puccini di La Spezia, poi al Santa Cecilia di Roma. Inizia a occuparsi di critica musicale per il Conservatorio Puccini, con il Maestro Giovanni Tasso; all'università inizia il percorso nella critica teatrale con i laboratori tenuti da Sergio Lo Gatto e Simone Nebbia e scrivendo, poi, per le riviste Paneacquaculture, Le Nottole di Minerva, Animatazine, La Falena. Scrive per Teatro e Critica da luglio 2019. Fa parte della compagnia Hombre Collettivo, che si occupa di teatro visuale e teatro d’oggetti/di figura (Casa Nostra 2021, Alle Armi 2023).

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