Per Rosario Palazzolo «sabotare la realtà con l’immaginazione è l’unica alternativa che abbiamo, la sola che ci permette di spostare in avanti il limite del precipizio», ma pure definisce l’immaginazione come «una manna, una maledizione, un ordigno e una trappola». Così, accade che la fantasia scenica si riveli una macchina crudele, nella quale la condizione umana diviene un fatto esemplare, un dolore eccedente rispetto ad ogni limite di tolleranza. Nel suo Se son fiori moriranno, visto al Biondo in questo febbraio, finzione e realtà si gridano l’un l’altra attraverso uno squarcio doloroso, bruciante come una ferita aperta. Da un lato è la finzione: quella inventata dalla madre (Simona Malato) di una figlia (Chiara Peritore) in stato vegetativo. Nella fatiscente camera dei giochi ideata da Mela dell’Erba (di cui sono anche i costumi), Malato e Peritore sono le protagoniste di una grande menzogna, evocata dall’incapacità di accettare l’oggettività delle cose. Ma poste davanti al pubblico, le due si scoprono parvenze, bisognose di un’alterità che, osservandole, possa garantirne la sopravvivenza. È qui si incunea, dolorosa, la realtà. Una spina da staccare, trascinando con sé allestimento e vane speranze; un percorso di riabilitazione, guidato da una voce nel pubblico. Delia Calò siede in alto, tra gli spettatori e le spettatrici. Noi, seduti a breve distanza, ne abbiamo anche colto la ferma dolcezza dell’espressione: è un carezzevole super-ego a condurre, verso un minimo riparo, la madre di Malato. La prova di quest’ultima è senz’altro decisiva. La speranza vuota e allucinata con la quale la donna si ostina a non lasciare il suo sogno è in sé una posizione etica, e sostiene con fermezza anche i brevi momenti in cui il testo sembra appena riavvolgersi su se stesso. Chiara Peritore, diplomanda della scuola di recitazione del Biondo, è una figlia i cui occhi, spalancati sulla finzione in cui agisce, brillano di acerbo entusiasmo, forse ancora più dell’attrice che del personaggio. E poi il pubblico, parte integrante dello spettacolo. Nel gioco teatrale, nel reciproco riconoscersi, è ancora una possibilità di salvezza. (Tiziana Bonsignore)
Visto al Teatro Biondo, Palermo. Crediti: testo e regia Rosario Palazzolo, scene e costumi Mela Dell’Erba, musiche originali Gianluca Misiti, light designer Gabriele Gugliara, con Simona Malato, Chiara Peritore, e la voce di Delia Calò, aiuto regia Angelo Grasso, direttore di scena Sergio Beghi coordinatore dei servizi tecnici Giuseppe Baiamonte, macchinisti Giuseppe Macaluso, Gaetano Presti scene realizzate con la collaborazione degli studenti del Corso di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Palermo: Salvatore Emanuele, Gaia Giacalone, Simona Saiola, Micol Adelaide Spina, produzione Teatro Biondo Palermo. Foto di Rosellina Garbo.