Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023
Una volta si usava l’espressione “infuria la battaglia”. Le battaglie di oggi, anche quelle che sfiorano i nostri confini, è come se non infuriassero più; come se le notizie – razionate dalla stampa, fatte a pezzi e infilate nel mezzo della micro-cronaca quotidiana – non ci riguardassero mai abbastanza.
Proprio su questo La Storia di Elsa Morante sembrava lanciare un cupo avvertimento. In un misto tra grande narrazione corale e appuntito affondo sull’intimità di una famiglia, si raccontava la Roma occupata e quella liberata, le periferie bombardate e quelle presidiate dai partigiani, in un doloroso arco teso tra il 1941 e il 1947.
Fausto Cabra firma la regia di una drammaturgia di Marco Archetti, leggendo il romanzo di Morante come «narrazione collettiva scritta sulla carne degli ultimi». Ne fa materializzare in scena ampi brani, quelli che una madre (Franca Penone) legge al gate di un aeroporto, in attesa del volo che la riporterà dai due figli (Alberto Onofrietti e Francesco Sferrazza Papa). Con mestiere e passione Franca Penone ritrae una Madre Coraggio tristemente redenta; i due attori la seguono destreggiandosi tra rapidi cambi di costume e registro mentre, in continuo movimento, un parco di fari motorizzati illumina con precisione minute porzioni di palco, incorniciando e sottolineando ogni gesto, posa e movenza. E però, tra dialoghi in vari dialetti e paragrafi narrativi declamati in terza persona (tecnica di ronconiana memoria ormai quasi assurta a cliché), i tre interpreti rincorrono un ritmo troppo concitato. Pur chiaro nel replicare l’estenuante minaccia della guerra, un diagramma visivo e sonoro così nevrotico tende a tratti a distrarre da una narrazione complessa, soffocando la lingua raffinata e implacabile di Morante, che invece colpisce a morte quando la regia le concede momenti di stasi. In quel respiro gli attori e l’attrice ritrovano il tempo dilatato per esprimersi al meglio, attraverso la potenza del teatro di parola, che risplende oltre ogni “effetto speciale”. (Sergio Lo Gatto)
Visto al Teatro Vascello, Roma. Crediti: drammaturgia Marco Archetti; regia Fausto Cabra; con Franca Penone, Alberto Onofrietti, Francesco Sferrazza Papa; scene e costumi Roberta Monopoli; drammaturgia del suono Mimosa Campironi; luci Gianluca Breda, Giacomo Brambilla;
video Giulio Cavallini; regista assistente Silvia Quarantini; consulenza movimenti scenici Marco Angelilli; produzione Centro Teatrale Bresciano, La Fabbrica dell’Attore-teatro Vascello.
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