Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023
Si parla spesso in questi ultimi mesi di pena detentiva e carceri, lo sciopero della fame del cinquantacinquenne anarchico Alfredo Cospito ha acceso una luce decisiva su strumenti disumani come l’articolo 41-bis e l’ergastolo ostativo. Il 22 è stato anche l’anno, tra gli ultimi dieci, con maggiori suicidi. Le carceri italiane però sono attraversate anche da un’altra storia, rappresentata dall’insieme di pratiche, percorsi e progetti teatrali; centinaia sono i laboratori negli istituti penitenziari e il lavoro teatrale in carcere è ormai uno strumento formativo riconosciuto. Dell’esperienza di Teatro dei Venti nella Casa Circondariale di Modena avevamo già scritto (Odissea nel 2021 e Ubu Re nel 2018). Per la stagione 22/23 il regista Stefano Tè e i suoi collaboratori sono approdati al Giulio Cesare di Shakespeare, le repliche di febbraio scorso facevano parte di un grande progetto europeo. Il risultato del lavoro si manifesta in uno spazio scenico che divide due sponde di spettatori: su questa pedana si muovono i personaggi della tragedia. La spazialità e gli abiti di quasi tutti richiamano dunque la tradizione giapponese che conferisce alla messinscena una pulizia quasi ascetica alimentata dal lavoro sonoro live di Irida Gjergji e dalle luci contrastate di Luigi Pascale. Funzionale e suggestivo il coro schierato di lato, a rappresentazione del popolo romano che cambierà il corso degli eventi in seguito al celebre monologo di Marco Antonio – Dario Garofalo lo interpreta con una precisione attorale che dimostra subito la provenienza dall’ambito del professionismo. Rimangono in mente alcune immagini molto potenti, come l’incipit nel quale dal buio lentamente emerge il corpo maestoso di un Giulio Cesare pasciuto, oppure quel coro in cui si mescolano accenti anche extraeuropei. Tra gli attori detenuti – tutti appassionati ma con livelli di preparazione molto diversi – si segnala la prova di Cassio. Di loro – ci spiegano – non è possibile fornire i nomi, per privacy e burocrazia. (Andrea Pocosgnich)
Visto nella Casa Circondariale di Modena Liberamente tratto dal “Giulio Cesare” di William Shakespeare, con gli attori del Carcere di Modena e la partecipazione dell'attore Dario Garofalo. Regia di Stefano Tè. Drammaturgia Massimo Don e Stefano Tè. Musica dal vivo Irida Gjergji. Costumi Nuvia Valestri e Teatro dei
Venti. Assistenti di scena Elisa Di Cristofaro, Davide Filippi. Luci e audio Luigi Pascale. Assistenti alla regia Massimo Don e Francesco Cervellino.
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