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COME CIÒ A CUI TUTTO TENDE (di Valentina Beotti e Federica Principi)

Questa recensione fa parte di Cordelia, febbraio 2023

Una grande coda di balena emerge dal fondo del palco; su questo “mare di legno”, Valentina Beotti appunta, con piglio febbrile, incomprensibili ragionamenti scritti a colpi di gesso. Sono geroglifici e ideogrammi che ricordano le pitture rupestri, come si tentasse di tornare all’origine, per capire che cosa sia andato storto, come mai, parafrasando Aristotele, «ogni azione e scelta» abbiano smesso di «tendere al bene». Sdraiata a pancia sotto la donna disegna in terra la propria sagoma, aggiungendovi una pinna caudale, a tracciare lo spazio in cui il grande mammifero acquatico, pur al vertice dell’intera catena alimentare, sprofonderà del tutto, e mai risorgerà.
Valentina Beotti ha frequentato il piccolo schermo e ha girato in lungo e in largo come performer in tre spettacoli di Ricci/Forte, negli anni in cui il duo artistico affascinava e stordiva le scene italiane e internazionali – un’ottima palestra per esercitare l’espressività del corpo. Ma va annotata la successiva collaborazione con Dante Antonelli/Collettivo Schwab e così il duetto con Bernardo Casertano. Già qui emergeva una scrittura sofferta, spietata, uterina, che adesso giunge a maturazione con Come ciò a cui tutto tende, scritto con Federica Principi.
L’allarme sul cambiamento climatico – centinaia di balene arenate senza vita sulle coste tra Messico e Alaska – è la miccia che accende un doloroso ragionamento sulla responsabilità umana, abilmente intrecciato al percorso interiore di una bambina-donna che dialoga con una madre (Terra?) da piangere, rifiutare, ritrovare, a cui chiedere conto e perdono.
Tra una grafia poetica affilata ma piena di garbo e un paesaggio sonoro che distorce, crudele, il canto delle balene, un rapido e severo slancio umano ci raggiunge, grazie a una performance chirurgica e umile, da vera “atleta del cuore”, avrebbe apprezzato Artaud. Tenere in vita una scintilla artistica indipendente è un’impresa quasi folle nel teatro di oggi. Una crociata mossa contro il pericolo d’estinzione. (Sergio Lo Gatto)

Visto a Fortezza Est, Roma. Crediti: di Valentina Beotti e Federica Principi; con Valentina Beotti; musiche e sound design Federica Principi; disegno luci Matteo Ziglio; realizzato con il sostegno di Fortezza Est – residenza artistica.

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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