Questa recensione fa parte di Cordelia, gennaio 2023
Nel vivace spazio di AtelierSì di Bologna è passato un esperimento minuzioso e audace dal titolo x-machine, firmato da Federica Amatuccio e Andrea Gianessi (Teatro dei Servi Disobbedienti, qui un’intervista recente). La regia/scenografia di una e la direzione musicale/sound design dell’altro usano come reagente un terzetto di performer e musicisti composto da Federica Furlani, Jacopo Giacomoni e Marco Puzzello. Note e dissonanze di viola, sax e tromba sono tutt’uno col corpo di queste tre abili figure, che invadono, attraversano, distruggono e ricreano uno spazio affollato di sedie. Gianessi – acuto ierofante dietro alla consolle – raccoglie il suono catturato da un microfono ambientale per costruire una grammatica macchinica in grado di portare sulla scena un’attendibile immagine del funzionamento interno di uno qualsiasi dei dispositivi che quotidianamente usiamo. «Un dispositivo – si legge nei materiali – è una relazione di forze, di saperi e di poteri». La mediologia della performance raccoglie il più ampio ragionamento sui media come minacciosa interfaccia del mondo. Nomi come Walter Benjamin, Jean Baudrillard, José Ortega y Gasset, hanno nutrito Byung-Chul Han e i teorici della filosofia digitale, che guardano alla materialità del medium come sorgente di una nuova razionalità digitale. La scena può farsi campo d’analisi privilegiato per nuove prospettive sulla progressiva scomparsa della realtà. Uno studioso come Vincenzo Del Gaudio, scomparso troppo presto, aveva raccolto alcune premesse in un luminoso volume, Théatron, e sarebbe rimasto affascinato da questo esperimento. La drammaturgia di movimenti e gesti, tra cluster di note, dissonanze e inaspettate armonie sciolte nella totale incomunicabilità dei corpi, compone un doloroso e frastornante apologo didattico: in un flusso performativo, l’essere umano (occupi scena oppure platea) si perde tra algoritmi misteriosi e la sua individualità si frantuma contro un muro di suono, che fa perdere la capacità stessa di pensare. (Sergio Lo Gatto)