HomeCordelia - le RecensioniI MANOSCRITTI NON BRUCIANO

I MANOSCRITTI NON BRUCIANO

Questa recensione fa parte di Cordelia, gennaio 2023

Sotto a un cono di luce, dietro il velo che separa la scena dalla platea, troviamo l’ambizioso e un po’ arrogante autore Ivan Bezdomnyj (Anton de Gugliemo) e, di bianco vestito, il consulente Woland (Francesco Petti), malefico deus ex machina, rivelatore dell’umana debolezza, e di quanto questa possa essere tratta in inganno per l’ottenimento del potere, e quindi della redenzione. La drammaturgia e regia di Alessandra Chieli per I manoscritti non bruciano, adattamento de Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov al debutto romano, si biforca, come lingua diabolica, in una struttura complessa che tenta di restituire l’ambivalenza delle ambientazioni originali, quella della Mosca anarchica degli anni Trenta che imprigiona in un manicomio il Maestro (Emilio Barone), e quella dei fatti di Gerusalemme al tempo di Ponzio Pilato e del processo a Gesù. Dispiace constatare che nonostante l’interrogazione storico politica di uno dei testi capisaldi della letteratura russa, e la sua attualizzazione in un presente compromesso dall’invasione della Russia in Ucraina, l’interpretazione attorale, suddivisa in diversi ruoli per i quattro interpreti, non riesce a sostenere il testo, né dà spessore psicologico ai personaggi, soggiogati da una struttura troppo elaborata; la voce e canto di Chieli (anche interprete di Margherita) riescono tuttavia a distinguersi per pulizia e intenzione. Apparizioni e sparizioni si alternano in una serie poco organica di scene bidimensionali, staccate le une dalle altre, prive di ritmo, faticose da seguire per la fumosità della narrazione e per l’affastellamento virtuosistico dei tempi del racconto. Se non fosse per la scrupolosità con la quale è stato pensato l’impianto sonoro, confezionati i costumi, regolato il disegno luci, montate le proiezioni, l’attenzione dello spettatore andrebbe dispersa poiché non è drammaturgicamente chiara l’intenzione che soggiace alle finalità di questo lavoro, forse ancora tenuto in scacco dalla visionarietà di Bulgakov. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Tor Bella Monaca Testo e regia Alessandra Chieli; Supervisione drammaturgica Francesco Petti; con Emilio Barone, Alessandra Chieli, Anton de Guglielmo, Francesco Petti; direttore tecnico e luci Emilio Barone; supervisione tecnica generale – Stefan Schweitzer; musiche originali – Francesco Petti e Emilio Barone; sonorizzazione, immagini e montaggio Alessandra Chieli; costumi Armida Kim; assistente di scena Emma Tramontana. Una coproduzione 2022 Teatro Macondo | C.A.P.I. Consorzio Altre Produzioni Indipendenti e Teatro di Anghiari
Con la collaborazione e il supporto dell’Istituto di Cultura e Lingua Russa di Roma Con il supporto del Festival dello Spettatore 2022 – Arezzo. Foto Serena Facchin e Francesco Dejaco

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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