Questa recensione fa parte di Cordelia, novembre 2022
La nuova stagione della sala Strehler al Biondo di Palermo è stata inaugurata da Una verde vena di follia di Alessio Arena, per la regia di Emanuela Giordano. Il testo, tratto da La vena verde dello stesso Arena, è liberamente ispirato alle lettere che Maria Antonietta Portulano, moglie di Luigi Pirandello, scrisse al figlio Stefano durante la propria permanenza in un ospedale psichiatrico: così la scena, la cella del manicomio, è definita soltanto da una branda e altri pochi elementi di arredo, poveri, isolati dalle eleganti luci di Giordano. Tra di essi si muovono la protagonista, interpretata da Mascia Musy, e una silenziosa infermiera (Chiara Muscato). Il rapporto tra le due è intimo, simbiotico: alle esplosioni verbali e fisiche della reclusa, interpretate certamente con energico vigore, fa sempre da contraltare lo sguardo dell’altra, denso, espressivo, severo. Col tempo, il rapporto di reciproca costrizione si scioglie in una fiducia sempre più disponibile a farsi, se non amicizia, solidarietà. La figura di Portulano, relegata dalla storia a una quasi inevitabile marginalità, assume qui riscatto e rilievo letterario: e proprio il “letterario” è il dato essenziale di questa regia, che forse guarda al testo e ai suoi modi con eccesso di aderenza. Sono soprattutto le interpretazioni di Musy e Muscato a sostenerla. (Tiziana Bonsignore)
Visto al Teatro Biondo. Crediti: tratto dal libro La vena verde (IQdB Edizioni) di Alessio Arena, liberamente ispirato alle lettere di Maria Antonietta Portulano Pirandello, adattamento teatrale e regia di Emanuela Giordano, con Mascia Musy, e Chiara Muscato, musiche originali Tommaso Di Giulio e Leonardo Ceccarelli, scene, costumi, luci Emanuela Giordano, aiuto regia Valentina Enea, direttore di scena Sergio Beghi, produzione Teatro Biondo Palermo. Foto di Rosellina Garbo.
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