Questa recensione fa parte di Cordelia, novembre 2022
Nel 1819 Théodore Géricault sottopose alla giuria del Louvre la sua imponente tela attirando su di sé aspre critiche; la sua Zattera della Medusa ritraeva un evento di cronaca avvenuto solo tre anni prima, il naufragio di una fregata francese causato dalla negligenza del comandante e la conseguente perdita di vite umane. Le questioni, oltre l’aspra critica sociale, erano calde: avrebbe potuto la bellezza stimolare l’opinione pubblica? La verità, anche quella più terribile, poteva essere perfezionata da splendide forme? Estremamente pregevole è la composizione scenica orchestrata dalla regia di Piero Maccarinelli; il piano dell’immedesimazione è notevole con quelle ambientazioni che rimandano direttamente alla più nota pittura realista (lo studio di Géricault pare la riproposizione de L’atelier del pittore di Courbet). Le accese discussioni tra il sopravvissuto Corréard (in scena un brillante Claudio Di Palma) e lo stesso Géricault (Lorenzo Glejeses, fagocitato dall’estro dell’artista, si perde in sperticate acrobazie e in esasperate esternazioni) su quale fosse il ruolo dell’artista nel mezzo di un dibattito politico sono entusiasmanti. Però la scelta di muovere una narrazione a ritroso nel tempo, alla ricerca dell’origine dell’impegno artistico del pittore, rovina malamente in un tedioso melodramma che vede il protagonista innamorato e ricambiato dalla giovane zia (una Anna Ammirati intiepidita dal ruolo strettamente funzionale), e così la ragione principale, morale e politica, evapora a suon di baci. (Valentina V. Mancini)
Visto al Teatro San Ferdinando.Crediti: Di Carlo Longo; Regia Piero Maccarinelli; Con (in ordine di apparizione) Lorenzo Glejeses, Francesco Roccasecca, Claudio Di Palma, Nello Mascia, Anna Ammirati; Scene e luci Gianni Carluccio; Costumi Zaira de Vincentiis; Foto di Ivan Nocera Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
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