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Koreja per Alessandro Leogrande. Ode al narratore civile

Recensione. A cinque anni dalla prematura scomparsa dell’intellettuale pugliese, la dedica di Koreja ad Alessandro Leogrande – scritta da Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno – sviluppa una riflessione profonda sulla narrazione civile. In onda anche su Radio 3 il 26 novembre 2022, in diretta da Taranto, a cinque anni dalla scomparsa.

Ph Antonio Giannuzzi

Io non avevo capito, non avevo chiaro del tutto quale fosse il ruolo del narratore civile. È un essere umano – un uomo, una donna – che circola nel mondo e lo ravvisa, prima ancora di concedersi parole per raccontarlo egli addensa la materia del racconto in sé stesso, vivendoci immerso, caricando alle proprie spalle ciò che sarà l’argomento della narrazione. Io non avevo capito, non avevo chiaro che tra lo sguardo e il paesaggio, quel che più conta e che ne definisce una relazione è lo spazio che si trova nel mezzo, tutto un universo fatto di fiato, di ritrosie, di incomprensioni e intendimenti che rappresentano il segmento unico e indifferito che va da qui a lì o, ancor meglio, da me a te. Io non avevo capito, non avevo chiaro che “per raccontare una vita bisogna attraversare tutto il suo corpo”, finché non ho visto Alessandro, spettacolo con le parole di e per Alessandro Leogrande, compianto intellettuale perso troppo velocemente, ideato da Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno per Koreja con la collaborazione di Salvatore Tramacere, in scena al Teatro India di Roma.

Un canto “per la vita e le opere”, così recita il sottotitolo e mai fu più appropriato: è tanto distante la vita dall’opera per un narratore civile? La dimensione intellettuale non può dirsi lontana dalla materia del racconto, ma allo stesso tempo deve saper combattere l’assorbimento che sarebbe di contrasto al mantenimento del margine critico necessario. Attorno è il paesaggio desolato, quello della periferia abbandonata, delle case povere, le scuole, la strada come luogo di maturazione, a legare tutto è la memoria deturpata che riconosce nella disperazione originaria la nuova disperazione dei migranti, di chi non ha forza se non il proprio corpo.

Ph Antonio Giannuzzi

Fabrizio Saccomanno, sulla scena minimale di uniforme nero, interpreta un monologo diretto, semplice e privo di retorica, dividendo il palco con un coro di quattro cantanti incantevoli (Giorgia Cocozza, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Andjelka Vulic) che intonano canti popolari di diverse tradizioni, mescolando cioè culture lontane ma ravvicinate da una medesima urgenza; nel racconto si svelano le storie degli altri, in qualche modo contenute nella pancia della storia del narratore, storie povere che compongono una visione uniforme del mondo come Leogrande lo ha vissuto. Sono storie di dolore: la violenza del caporalato, la reticenza, lo sfruttamento privo di pietà, quelle frontiere dentro e fuori, ciò che tutti sanno ma di cui nessuno parla; il volto e la postura di Saccomanno, la sua voce profonda, si fanno veicolo di una responsabilità civile, di una appartenenza che solo passa per il grande cuore dell’intellettuale, ma ha la missione di raggiungere chiunque ne ascolti le parole.

Ph Antonio Giannuzzi

C’è un punto decisivo nel monologo, Alessandro è sul treno per andare a intervistare un naufrago che, forse, stavolta ha voglia di raccontare la propria esperienza; lungo quel tragitto prende voce, tra il silenzio di dentro e il frastuono di fuori, un senso di colpa profondo e antico, quella distanza insanabile tra esperienza e narrazione: “Fino a che punto scavare nella vita di un sopravvissuto non diventa morboso?”, già, fino a che punto si possono mescolare l’esigenza di informare e quella di tacere? Alessandro non è uno spettacolo biografico, ma un percorso di emozioni crude, limpide, nell’identificarsi con il narratore civile, perché si prende parte alla stessa materia che il suo sguardo mette a fuoco, si vive su sé stessi l’identico senso di frustrazione che evidenzia le responsabilità sociali del proprio stile di vita, della propria parte di mondo, si partecipa senza protezione all’appuntamento più importante, quello tra gli occhi e le cose, di nuovo, tra me e te.

Simone Nebbia

Teatro India, Roma – Novembre 2022

Calendario date tournée

26, 27  novembre 2022 Teatro Fusco, Taranto (il 26 novembre diretta su Radio 3, ore 20)

9-10 dicembre Teatro Kismet, Bari

9 gennaio e 10 febbraio 2023 Teatro Koreja Lecce

ALESSANDRO
Un canto per la vita e le opere di Alessandro Leogrande
uno spettacolo di Koreja di Gianluigi Gherzi e Fabrizio Saccomanno
con Fabrizio Saccomanno, Barbara Petti, Emanuela Pisicchio, Maria Rosaria Ponzetta, Andjelka Vulic
regia di Fabrizio Saccomanno
cura del progetto e consulenza artistica Salvatore Tramacere
coproduzione Ura Teatro

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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