Questa recensione fa parte di Cordelia, novembre 2022
La scuola è il periodo della vita che prende dimensioni epiche quando poi, nel tempo, si torna a far visita a quelle sensazioni spesso premature, rimaste come acquarelli prima diluiti e poi seccati dalla polvere degli anni adulti. Lucia ha 10 anni, gli stessi di compagne e compagni della scuola elementare: con tutti gioca, con tutti si rincorre, con tutti inizia a mediare i meccanismi di relazione appena fuori il nucleo di famiglia. Il sapere, ciò che si impara dai libri, resta sullo sfondo di una foto di classe in cui emerge il volto dei protagonisti: tra di essi, Esterina, che di anni forse ne ha di più, che non parla o veste come tutti, che ha qualcosa di strano e manifesta un disagio estremo, fuori dai canoni che rende tutti più o meno uguali. Eccolo, l’elemento che getta il seme di una maturazione là da venire, ma che inizia pian piano a germinare nella protagonista. È solo un po’ più grande mentre racconta, Lucia, ma già in quei pochi anni di distanza ha compiuto un percorso di comprensione per quanto abbia rappresentato in lei la conoscenza di Esterina, ragazzina povera che urlava di avere cento vestiti, chissà se in camera o nell’immaginazione. In Esterina Centovestiti i temi del bullismo serpeggiante, sibillino, emergono dalla bellezza del racconto leggero che passa per l’interpretazione gioiosa ma profonda di Daria Paoletta; ancora una volta la Compagnia Burambò, qui con la regia di Enrico Messina, si segnala per la delicatezza con cui tratta il teatro per le nuove generazioni, ancora una volta grazie al teatro i più grandi osservano e d’improvviso ricordano quel tempo, quei volti, la scuola e le emozioni di quando erano bambini. (Simone Nebbia)
Visto al Teatro Torlonia. Di e con Daria Paoletta; regia Enrico Messina; Compagnia Burambò
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