Questa recensione fa parte di Cordelia, ottobre 2022
Primavera dei Teatri è tornata dopo un anno di assenza e lo ha fatto aprendo, oltre alla consueta programmazione a Castrovillari, una finestra su Catanzaro in cui poter ospitare importanti lavori nazionali e alcuni lavori internazionali che altrimenti con grande difficoltà avrebbero trovato spazio a sud di Roma. Rimane però nel lavoro dei curatori (Pisano, La Ruina, De Luca) anche l’abituale sguardo sui nuovi artisti. Vale questo discorso ad esempio con la residenza di cui è stata protagonista Marialuigia Gioffrè: Parcae è un lavoro che affonda la propria ricerca nel mito creando uno spazio artistico perturbante e sorprendente in alcuni spazi del castello aragonese di Castrovillari. Quando entriamo le performer (Anna Luigia Autiero, Benedetta Rustici, Chiara Serafini) sono intente a pulire una stanza di media grandezza, poi spariscono dietro una porta scura, possiamo, uno alla volta, guardare dentro, nello spazio di uno spioncino rettangolare, di quelli usati nelle vecchie carceri: improvvisamente l’immagine di un nudo femminile su una di quelle poltrone (o lettini) da studio medico. Entriamo, nel bianco delle pareti è l’azzurro delle luci a dominare, tra angoscia e candore, mentre appare una donna con il volto coperto e un’altra con un barattolo in cui annega un neonato, in questo incubo lattiginoso lentamente si farà spazio un canto. Tornano in mente alcuni cicli di opere tra teatro e installazioni di Gian Maria Tosatti viste più di quindici anni fa nei sotterranei dell’Angelo Mai a Monti. Lo sguardo dello spettatore è sollecitato, è in cerca di spaesamenti, di poesia, di turbamenti, deve guadagnarsi lo spazio, entrare in contatto con i corpi e con gli occhi. Ecco, gli occhi, c’è un lavoro evidente sullo sguardo di queste moire che scrutano chi le sta guardando. (Andrea Pocosgnich)