HomeMedia partnershipGian Maria Cervo. Freetime e la drammaturgia polifonica

Gian Maria Cervo. Freetime e la drammaturgia polifonica

Il progetto Freetime, firmato da Gian Maria Cervo e dai Fratelli Presnyakov, si articola in diverse forme: dopo essere andato in scena con la regia di Pierpaolo Sepe, ora si avvale della tecnologia dell’Artificial Intelligence Art di Vincenzo Marsiglia e si appresta a un nuovo allestimento firmato dal regista tedesco Nicola Bremer con un cast internazionale, al Teatrul de Nord di Satu Mare in Romania. Abbiamo intervistato Gian Maria Cervo che ne ha dato mostra pubblica al Festival Quartieri dell’Arte di Viterbo. Articolo creato in media partnership.

Freetime è una storia di confronto e di confine. Attraversando i caratteri della nostra società globale di questi ultimi anni, lo spettacolo si occupa del precariato intellettuale, delle migrazioni e dello sradicamento, cercando tra farsa e spy story di mettere in relazione i concetti di Est e Ovest, il legame tra arte e scienza, evidenziando con l’ironia i punti nodali della nostra evoluzione recente, dal crollo della Lehman Brothers all’avvento dell’intelligenza artificiale.

Da dove ha origine il progetto Freetime?

L’intero progetto nasce quattro anni fa dall’idea di sperimentare delle strategie drammaturgiche nuove. In Italia in quegli anni si era molto polarizzata questa opposizione tra drammatico e post drammatico – anche se l’uno non può prescindere dall’altro, perché il post drammatico è una provocazione del drammatico; quello che stava emergendo di noi in quanto cittadini era come le nostre vite fossero meno coerenti, meno costruite come degli edifici perfettamente strutturati, ma questo non vuol dire che non ci fosse possibilità di costruire qualcosa a partire anche dalla psicologia, ovviamente. Allo stesso tempo stavano venendo fuori studi molto interessanti sulla polifonia, sul polivocale, soprattutto per mano dell’americano Paul Castagno che afferma come drammatico e post drammatico possano coesistere in una continuità dialogica o monologica. Abbiamo iniziato allora a lavorare sulla scrittura in maniera associativa come per questo progetto e non in modo psicologista scena per scena, come in altri casi; a tal punto che ci è parso ancora più interessante creare un clash di culture diverse, così è nato il Laboratorio Internazionale di Scrittura Collettiva, con l’intento di costruire i testi in modo non tradizionale ma polifonico, seguendo una struttura quasi musicale. Freetime è un progetto scaturito da questa intenzione e ha origine da materiali miei scritti in precedenza ma condivisi in una collaborazione molto divertente con i fratelli Presnyakov; proprio per questa natura ibrida ne è nato un testo che ha elementi pop ma anche elementi estremamente colti, quindi il mood cambia di continuo e credo che per lo spettatore sia un approccio eccitante.

La traduzione letterale di Freetime, in un italiano molto approssimativo, è “tempo libero”, ma sembra dal vostro lavoro che sia esattamente l’opposto: un tempo privo di costrizione, di barriere anche linguistiche, culturali. Qual è il senso di questo Freetime per voi?

C’è prima di tutto una posizione critica alla base nei confronti del territorio viterbese, questo Medioevo travestito da Rinascimento pieno di colori ma di fatto poco sensibile a certi argomenti; ma c’è anche l’idea che il tempo libero, per molte persone lasciate in stato di abbandono, sia un tempo forzato, non strutturato da regole chiare e quindi a rischio di conseguenze imprevedibili. Al di là di questo, da attivista LGBTQ+ che negli anni ha cambiato il suo modo di intervenire ma non la sostanza, di recente mi è capitato di rivedere Franco Grillini, il fondatore dell’Arcigay, ed è stato molto emozionante sentirgli dire che ad oggi non esiste una sinistra che è stata in grado di mettere insieme le istanze di giustizia sociale con le istanze di disagio del corpo. È stato illuminante perché tutte le mie opere prendono vita da questo principio ed è da questa conciliazione liberatoria per un corpo sociale che Freetime, in pieno accordo con i miei partner, prende forma.

Il progetto mette insieme culture diverse, diventa un ponte tra Est e Ovest che storicamente sono state contrapposte, almeno durante tutto il Novecento ma i cui effetti sono tuttora drammaticamente visibili. Con quali materiali, anche lingusitici, culturale, è stato costruito questo ponte?

Nella parte più intelligente della controcultura russa ho scoperto molte cose in comune con la nostra, specialmente in merito alle derive del politically correct che, da una situazione di partenza in cui le tematiche di genere vivevano tradizionalmente in una sorta di pacifica anche se complessa coesistenza, per colpa di recenti populismi hanno modificato la coesistenza in uno profonda involuzione che naturalmente va a richiamare una difesa delle conquiste più significative. Dunque nel guardare la realtà intorno ci ha accomunato una visione cinica, caravaggesca, l’uso di quell’occhio crudele sulla realtà che porta la storia fino alle estreme conseguenze e che credo sia il compito di un artista. E quindi, proprio in un momento di scissione su temi che dovrebbero essere trattati collettivamente, questo è stato uno spazio di comunanza e di libertà.

Come entra l’intelligenza artificiale dell’artista Vincenzo Marsiglia in questo progetto?

L’idea è che in un momento di apatia sociale, di scoraggiamento, ci siano forze che ci trascendono e che possono prendere il sopravvento su di noi – ed è forse provocatoriamente anche meglio – attraverso il virtuale, la singolarità tecnologica per trasformare la realtà, farci diventare altro da noi. Questa provocazione offerta dall’intelligenza artificiale di Vincenzo Marsiglia, che disegna delle azioni astratte attorno all’apparizione della sua ormai classica stella a quattro punte e che sperimenta la tecnica dei visori virtuali, è ciò che permette a Freetime di essere a suo modo unico, di sfidare molti cliché del teatro andando come si diceva dal pop a una dimensione più colta e viceversa, tutti elementi che possono parimenti disturbare non solo uno spettatore meno abituale ma anche un membro della comunità teatrale.

Redazione

info Festival Quartieri dell’Arte 2022: https://quartieridellarte.it/programma-2022/

 

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