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Danzare il futuro. Emio Greco apre Romaeuropa 2022

La trentasettesima edizione del Romaeuropa Festival si apre nella cavea dell’Auditorium Parco della Musica con la danza firmata da Emio Greco e Pieter Scholten. Recensione e uno sguardo al resto della programmazione. 

Emio Greco in We Want It All a Romaeuropa Festival 22. Foto di Piero Tauro

Un’immensa bandiera bianca, una resa incondizionata che imponente sventola in proscenio: racconta libertà, ma anche un nemico cui arrendersi, forza cui abbandonarsi. Innocenza che si agita, ostentando la propria tensione verso il domani, pur con le radici piantate nel presente, fin giù  nel passato. Oggetto dalla presenza viva, presto è scavalcato nello sguardo da un’altra presenza immobile, imitazione vivente di oggetto inanimato. È Emio Greco, la sua figura ancestrale, ad accogliere il pubblico della cavea dell’Auditorium Parco della Musica mentre quello ancora insegue mondano la numerazione delle sedute. We Want it All si apre con una solenne immagine semplicissima: Cristo o spaventapasseri, le braccia spalancate, lo sguardo antico, è il passato che si prepara ad accogliere il futuro. Presto sarà raggiunto da una compagine di danzatori ampia e variegata, nella quale convivono giovinezza ed esperienza, corpi che rifiutano etichette, che danzano lo stupore di essere corpi danzanti. Sono i componenti dello ICK Ensemble, uniti ai 15 danzatori della compagnia giovanile ICK Next, gruppi nati in seno all’omonima piattaforma per la danza contemporanea fondata ad Amsterdam nel 2009 dal sodalizio artistico tra il coreografo Emio Greco e il regista Pieter Scholten.

We Want It All al Romaeuropa Festival 22. Foto di Piero Tauro

Il lavoro che inaugura la trentasettesima edizione del Romaeuropa Festival nasce come una festa, celebrazione dei primi 25 anni di carriera del duo italo-olandese; ma quella che avrebbe potuto essere una semplice compilation di finali tratti da undici produzioni precedenti, si rivela presto un’organica drammaturgia che racchiude l’essenza di un lavoro dedito all’esplorazione degli attriti fecondi, dell’istinto guidato dalla tecnica a tornare istinto. Un esplosivo lavoro sulla tridimensionalità dell’ambiente sonoro e delle musiche aggancia la platea, lo sguardo si moltiplica a inseguire un fluido e ininterrotto avvicendarsi di quadri eterogenei come gli stimoli di un discorso collettivo, in cui Bach incontra i Pink Floyd, il pop anni ottanta, David Lynch e Marylin Manson. L’energia pura, che esalta il corpo nelle sue infinite possibilità d’esistere e agire, fa risplendere l’individuo mai sganciandolo dall’armonia diseguale del gruppo. La forza di gravità è l’ostacolo fecondo: non c’è lotta, solo continua esplorazione, contagio, desiderio che si fa carne e pretende tutti i futuri possibili, in tutte le forme possibili. 

We Want It All . Foto di M. Alzoabi

Il futuro, mai come oggi messo in discussione, per le arti e per l’umanità intera. Mai come oggi da sognare, costruire, pretendere. Il futuro è da sempre l’anima profonda di Romaeuropa Festival, del suo cartellone imponente e denso appena inaugurato. L’esplorazione dei nuovi linguaggi di una grammatica internazionale si colora quest’anno di una imprevista necessità: una guerra anacronistica alle porte dell’Europa impone una dichiarazione ancora più precisa di che cosa sia e cosa possa essere l’umano, nelle sue molteplici espressioni. Questa dichiarazione passa per il lavoro di innumerevoli artisti, in dialogo col passato, con la precarietà del presente, con gli orizzonti da allargare. Proponiamo di seguito qualche suggestione dal vastissimo programma che coprirà oltre settanta giornate.
La tradizionale attenzione ai linguaggi coreutici è confermata anche quest’anno dalla presenza dei più imponenti nomi della danza contemporanea internazionale. Così la danza di
Sasha Waltz incontra la musica minimalista di Terry Riley con In C, mentre il trentenne coreografo fiammingo Jan Martens con Any Attempt Will End In Crushed Bodies And Shattered Bones continua la sua indagine sulle possibilità comunicative di ogni corpo, nell’epoca delle estreme polarizzazioni, portando sul palco performer professionisti e non professionisti dai 16 ai 69 anni. Il passato e il futuro si incontrano anche nel rapporto con la natura, parabola su cui si fonda il lavoro del coreografo e danzatore Jefta Van Dinther, che firma il dittico “arcaico-futuristico” On Earth I’m Done, mentre il ritorno a REF22 di Enzo Cosimi, tra i più importanti coreografi contemporanei delle scene italiane, è nel segno del rapporto con la figura dell’eroe: in scena a novembre la sua Orestea – Trilogia della Vendetta, frutto di un lungo lavoro formale e tematico processato in tre tempi e linguaggi.

Milo Rau – Grief And Beauty. Foto di Michiel Devijver

Romaeuropa è incontro anche tra linguaggi, come conferma il ritorno di Marcos Morau e della sua La Veronal, compagnia che fonde teatro fisico e movimento astratto (qui qualche recensione dal nostro archivio). Opening Night – in replica anche a Cesena per Vie Festival 2022 – si presenta come omaggio allo spettacolo dal vivo che parte dal teatro danza per esplorare tutte le possibilità fisiche e percettive del palcoscenico. Nello spazio riservato al teatro di parola, è ormai tradizionale l’attesa del regista svizzero Milo Rau, che presenta in prima nazionale Grief And Beauty, lavoro coprodotto da Romaeuropa e NtGent che si confronta con la dimensione intima della fine, l’elaborazione del lutto e la bellezza del dolore condiviso. REF22 ospita anche l’ultimo capitolo degli Esercizi sull’Abitare di Bartolini/Baronio, un percorso iniziato a Roma e giunto a New York per proseguire una riflessione sul tema della casa come luogo di convivenza umana. La stessa difficile, straziante e sublime convivenza che ritroviamo nelle fibre del lavoro di Alexander Zeldin (qui la recensione dello spettacolo presentato lo scorso anno, Love) e nell’ultimo capitolo della sua trilogia sull’ ”intimità in tempi di crisi”. Faith, Hope and Charity sarà in scena in prima nazionale al Teatro Argentina dal 3 al 6 novembre.

Bianco su Bianco – Compagnia Finzi Pasca. Foto Viviana Cangialosi

Uno sguardo programmaticamente rivolto al futuro è quello della sezione Anni Luce, a cura di Maura Teofili e dedicato alle nuove proposte della scena nazionale. Accanto al nuovo lavoro di Babilonia Teatri e Nicolò SordoOk boomer – anch’io sono uno stronzo e al debutto di Il mio corpo è come un monte del Collettivo EFFE e Giulia Odetto, il Mattatoio ospiterà i primi studi nati in seno al bando Powered by Ref e i focus di Situazione Drammatica dedicati al Premio Hystrio Scritture di scena e al Premio Riccione per il teatro. Chi si occupa del domani non può che farlo cominciando, oggi, dalle nuove generazioni. Kids è una sezione del cartellone di Ref22 pensata appositamente per gli spettatori dai 6 anni in su con la curatela di Stefania Lo Giudice. Il Mattatoio e il Teatro Vittoria ospiteranno tra gli altri i lavori tra danza, teatro e arti visive di Dadodans, Zonzo Company, Compagnia Finzi Pasca.

Sempre al Mattatoio segnaliamo il ritorno della compagnia messicana Lagartijas Tiradas Al Sol, con due prime nazionali: Lázaro e Tiburón, due lavori diversi nati nel solco delle tre linee di ricerca del gruppo: auto/biografia, storia politica del Messico e presente. Ampio spazio avrà anche la musica, con un focus sulle nuove sonorità pop e urban (Line Up! a cura di Giulia di Giovanni e Matteo Antonaci), e al polo opposto una pietra miliare del Novecento come L’opera da tre soldi nel nuovo allestimento di Barrie Kosky per il Berliner Ensemble.


Sabrina Fasanella

Romaeuropa Festival – Roma
Dall’8 settembre al 20 novembre 2022 

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