Recensione. L’edizione numero zero di Kilowatt Festival a Cortona e una riflessione sull’ultimo spettacolo della compagnia romana Controcanto Collettivo, Salto di specie.
Non è affatto semplice decidere alla ventesima edizione di un festival di aggiungere un altro luogo alla programmazione degli eventi. È una sfida che implica un notevole investimento di energie, ed economie, relativo a sforzi di amministrazione e logistica, a improntare nuove relazioni e aprirsi a ulteriori conoscenze, a comprendere il territorio nel suo aspetto sociale e urbanistico e consolidare lo staff, tra i/le veterani/e e le nuove leve, che a lungo ha lavorato su una piazza e oltre a questa deve considerarne ora un’altra, contemporaneamente. Questo è l’eccesso di realtà di Kilowatt Festival, non solo un titolo per l’edizione 2022, ma soprattutto una concreta presa di posizione, una svolta della direzione artistica che arriva in corrispondenza di un traguardo importante, il ventennale. Potremmo discutere a lungo sulle questioni relative alle politiche culturali che concorrono alla scelta di svolgere metà del festival a Sansepolcro, luogo storico di appartenenza, e l’altra parte a Cortona ma, senza dilungarci troppo nelle ragioni – tra le quali, supponiamo, quella riguardante l’accusa, poi ritenuta priva di fondamento, dell’infrazione nell’utilizzo del Giardino di Piero a Sansepolcro durante l’estate 2021 – diremmo che non è mancato certo di ritrovare, anche nella difficoltà di dover gestire un’altra location, l’impegno professionale e l’accoglienza che contraddistingue questa realtà.
A seguire i cinque giorni di cartellone nel comune biturgense, quelli nella cittadina aretina di Cortona sono stati inaugurati dal seminario internazionale Fuoco cammina con me. I festival del futuro curato da Rodolfo Sacchettini e durato tre giorni, al quale hanno preso parte rappresentanti istituzionali, critici, organizzatori, studiosi e artisti, del cui avremo modo di parlare in successive pubblicazioni. Una Cortona vivace, colma e distratta dai tanti turisti che hanno riempito le piazze affollando bar, negozi, mostre – come quella dedicata agli studi preparatori di Picasso per il Guernica a Palazzo Ferretti – e il festival di richiamo internazionale di fotografia. Durante la breve permanenza si è notata una prevedibile e maggioritaria partecipazione del pubblico di operatori a questa edizione pilota “fuori dal borgo”, ciononostante è stato anche manifestato il positivo riscontro di alcuni abitanti coi quali c’è stata occasione di parlare. Coinvolgimento testimoniato anche dalla loro presenza come spettatori e spettatrici negli spazi cittadini messi a disposizione di Kilowatt Festival dal Comune, come quello della Piazza del Duomo e dello storico Teatro Signorelli. Più decentrati, e quindi meno visibili (forse anche meno frequentati dal pubblico generico?) la palestra di San Sebastiano, l’auditorium e il chiostro di Sant’Agostino.
La realtà e la sua pervasività – all’emergenza sanitaria si è aggiunta l’invasione della Russia in Ucraina e la quotidiana, ravvicinata, emergenza climatica – tale quasi da assumere i contorni paradossali di una surrealtà, se ne consideriamo il potere destabilizzante, non potevano prescindere dalla riflessione della direzione artistica di Lucia Franchi e Luca Ricci. «Tutto era concettualmente più debole rispetto all’impatto di cambiamento di cui sentiamo essere parte. Fino a che non abbiamo messo a fuoco che il tema era proprio la nostra inadeguatezza a reggere l’aggressione di fenomeni, informazioni, cattive notizie, che turbavano la nostra tranquilla esistenza di occidentali viziati». Poiché questa tematica dell’eccesso di realtà, come le altre scelte negli scorsi anni, è rintracciabile nella proposta degli spettacoli inseriti nel cartellone, ne scegliamo uno significativo di questa linea di pensiero e che, non è affatto un caso, è stato programmato la sera nel weekend al Teatro Signorelli, il teatro della città, sede inoltre di manifestazioni culturali e, da anni, adoperato come cinema, caffè e sala convegni, secondo quanto riportato dal sito del teatro.
L’ultimo lavoro della compagnia romana Controcanto Collettivo dal titolo Salto di specie è stato presentato durante il festival in prima nazionale. Vincitore del Premio In-box 2017 con Sempre domenica, I Teatri del Sacro 2019 e il Premio ANCT con Settanta volte sette, il collettivo ha fatto proprio del realismo la cifra distintiva e poetica con la quale raccontare un fatto nella sua valenza naturalistica, attraverso una scrittura comunitaria che non assume mai un punto di vista unilaterale, un pregiudizio o un parere netto rispetto a una tematica, ma ne presenta la contraddizione, il relativismo a seconda della soggettività del personaggio che ne parla. Nonostante siano tutte e tutti interpreti che lavorano su un registro condiviso, ognuno/a è forte della sua interpretazione e del carattere che infonde al proprio ruolo.
Ragionare sulla relazione tra uomo e animale è il tema, caldissimo, attorno al quale si costruisce Salto di specie, che nella sua idea è infallibile, per rapporto con il presente, per raccontare la crisi, per comprendere la nostra finitezza. L’ansia di Sandro (Emanuele Pilonero), camionista e trasportatore di bestiame al macello, può destabilizzare tutte e tutti noi e far vacillare le nostre abitudini, le relazioni con gli altri: al lavoro con i colleghi Roberto (Federico Cianciaruso), Mirko (Riccardo Finocchio) e il capo Walter (Andrea Mammarella), e in famiglia con la sorella (Clara Sancricca). Con fare empirico, didattico, nell’accezione brechtiana del termine, l’incontro con la vicina di casa Chiara (Martina Giovanetti) dalle idee progressiste e la cura per il cane di lei, è inscenato con dovizia di particolari nella scrittura, nella postura degli interpreti, nella gradualità con cui si palesano le diverse sfumature emotive dei protagonisti, i quali sono inseriti in una scena scarna costruita da grate che ricordano i recinti delle stalle e la struttura dei camion che trasportano il bestiame, indicante sia il luogo di lavoro che la casa di Sandro e di sua sorella. I dialoghi in romanesco di genuina familiarità, che a tratti sono resi un po’ incomprensibili perché le parole vengono masticate o dette con voce troppo sommessa, esplicitano al pubblico come sia proprio nella banale umiltà della vita di Sandro che possono avvenire quei cambiamenti di pensiero etici, che rifuggono dalle mode, dalle letture intellettuali ma sono determinati dal sentimento (inteso come coscienza emotiva) che, in fin dei conti, ci separa dall’istintualità animale. Se non fosse una questione di andamento della scrittura a compromettere, in parte, l’efficacia della narrazione che è troppo diluita, e in alcuni passaggi iniziali anche un po’ trascinata, nel giungere al fatto scatenante, il quale potrebbe invece palesarsi sin dall’inizio per poi sciogliersi in seguito nella rappresentazione delle cause e conseguenze; Salto di specie sarebbe tra i pochi spettacoli, almeno secondo l’esperienza di chi scrive, a saper trattare con accuratezza contenutistica, i problemi ambientali senza fornire una soluzione ma evidenziandone i principi: il ruolo dell’uomo rispetto alla natura, l’impatto delle sue scelte, devastanti, e come queste potrebbero essere riconsiderate all’insegna della sostenibilità delle idee e quindi della sostenibilità dell’ecosistema tutto.
In questo lavoro l’eccesso di realtà è, nonostante le debolezze di uno spettacolo che deve ancora rodarsi, in stretta connessione con il presente, con i dibattiti contemporanei, con la pertinenza di riflessioni quantomai urgenti da poter condividere collettivamente, che suscitano interrogazioni incidenti nell’orizzonte attuale. Lo dimostra anche la sezione del festival intitolata Piazza dei Beni Comuni, uno spazio di incontri comunitariamente funzionali sul concetto di sostenibilità e sulle sue declinazioni ambientali, economiche, sociali e culturali. In questo il pensiero dei direttori Franchi e Ricci, che hanno deciso di programmare lo spettacolo in prima nazionale, torna a essere dirimente. «Questa sovrabbondanza di segni è essa stessa la sfida che noi tutti dobbiamo affrontare. L’arte non può sottrarsi, anzi, deve avere la capacità di guardarla, con il coraggio e la visionarietà che le sono proprie».
Lucia Medri
Da Kilwatt Festival 2022 leggi anche: Addio fantasmi. Fuori dalla realtà la messinscena di Fanny & Alexander
SALTO DI SPECIE
con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero
regia Clara Sancricca
disegno luci Martin Emanuel Palma
scene Michelle Paoli
costumi Francesca Di Giuliano
organizzazione Gianni Parrella
produzione Progetto Goldstein
con il sostegno di Toscana Terra Accogliente promosso da RAT Residenze Artistiche della Toscana in collaborazione con Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Toscana Spettacolo, Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni
residenze artistiche Teatrino dei Fondi, Giallo Minimal Teatro, Teatro Popolare d’Arte, Catalyst