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Martina Badiluzzi. L’Odissea di Penelope

Intervista a Martina Badiluzzi che a Pergine Festival 2022 presenterà l’1 luglio uno studio su Penelope, in attesa del debutto a novembre per Romaeuropa Festival. Il lavoro tiene assieme la figura omerica della compagna di Ulisse e le donne che aspettano il marito di ritorno dalle nostre guerre contemporanee. Materiali creati in Media Partnership.

Penelope è un personaggio categorico, la cui energia si definisce in funzione della relazione con l’altro da sé. Cosa ti ha attratto dello suo spirito del tempo?

Il discorso attorno a Penelope è stato istintivo e per me parte da lontano, dal corpo, dalla pelle di una donna che aspetta il proprio uomo di ritorno dalla guerra ma che, nel frattempo, ciò che ci appariva al telegiornale faceva sempre più somigliare a una donna contemporanea. Noi abbiamo l’abitudine a frequentare l’Odissea attraverso i nostri ricordi dovuti alle antologie scolastiche e in un’età molto giovane, così ho avuto la necessità di indagare se ci fosse un modo diverso di narrare i personaggi femminili che appaiono nel racconto epico. Ma non si tratta di una “riscrittura”, noi stiamo “leggendo” Penelope come fosse la prima volta. La complessità della solitudine gigantesca in cui si trova, il rapporto che ha con gli eventi, con l’amore, con la responsabilità, la rendono una prima eroina della nostra storia.

Come coesistono in questo tuo lavoro l’elemento antico e quello contemporaneo?

Noi abbiamo sempre pensato a Penelope come una donna passiva nel corpo ma attiva nella sua immaginazione; il meccanismo drammaturgico è quello del riconoscimento, in cui questa donna riflettendo sulla possibile fine di questa storia d’amore si accorge di essere stata una Penelope; questo la porta a vivere una sorta di sua Odissea personale che trasforma quelle apparizioni in immagini che le parlano di altro, che la spostano nel perimetro dell’immaginazione.

In effetti Penelope vive il tempo immobilizzato, definito dalla presenza o dall’assenza dell’altro. La sua attesa, la sospensione, è il tempo del nulla. Ma un’altra cosa mi incuriosisce di questo riconoscimento: cos’è per il femminile?

Questa domanda è il fondamento dei lavori che ho svolto con questo gruppo, a partire da Anastasia con cui ho vinto registi Under30 alla Biennale 2020, in cui era ricorrente la frase: “Io sono Anastasia”, quindi una affermazione di sé che mettevano continuamente in atto le attrici rappresentando ognuno dei personaggi. La risposta quindi varia, è diversa, secondo chi la pronuncia. Oggi, considerando ciò che avviene nel nostro tempo, il femminile è Penelope, in maniera straziante, perché è la prima persona che sceglie di reagire alla violenza con la non violenza.

Ci sono altri materiali che stai considerando nell’indagine sul tema?

Di certo la complessa scrittura di Clarice Lispector, la cui sequenza di immagini ci sta restituendo una serie di riflessioni fondamentali per affrontare a molte delle nostre domande. E poi Il blu non ti dona, un romanzo, anzi, un non romanzo di Judith Schalansky, i cui pensieri della protagonista rispetto all’essere un marinaio è come se rispondessero a una delle prime questioni che ci siamo posti: ma tu, quando leggevi l’Odissea, chi volevi essere? La sua scrittura molto lontana da quella omerica, tra fiction e non fiction, ci offre un materiale di grande densità.

Redazione

Penelope, 1 luglio 2022, Pergine Festival. Clicca qui per info e prenotazioni

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