Recensione. Hombre Collettivo con coraggio e ambizione porta in scena la Mafia con Casa nostra. Premiato da Scenario Infanzia 2020 e Direction Under30 2021, è arrivato a Roma allo Spazio Rossellini.
In questi ultimi anni il teatro per le nuove generazioni sta affrontando con coraggio tematiche inusuali, ambiziose, come forse mai era capitato prima. Soprattutto gli artisti più giovani stanno cercando soluzioni lungo strade impervie, aggirando il rischio del “teatrino per bambini” – come peraltro già molte delle compagnie di settore – e operando scelte di rilievo culturale e sociale molto più ampio. Ad esempio, in un festival che non ho avuto modo di seguire, il Maggio all’infanzia di Bari e Monopoli, ho avuto il racconto di uno spettacolo sulla differenza di genere attraverso l’inadeguatezza sessuale di Barbie e Ken (Barbie e Ken – riflessioni su una felicità imposta di Letizia Buchini, Filippo Capparella e Saskia Simonet) che mi dicono ponga attenzione sul tabù sessuale, sull’eliminazione del dialogo intergenerazionale attraverso l’evirazione del giocattolo, come simbolo dell’elisione del tema dal dibattito collettivo; medesimo coraggio è stato della compagnia Hombre Collettivo, premiata per Scenario Infanzia 2020 e per Direction Under30 2021, che – in scena a Roma allo Spazio Rossellini – ha condotto un’indagine profonda nell’universo della mafia, realizzando con Casa nostra uno spettacolo che è un assoluto nel nostro teatro e che segnala un talento su cui porre oculata attenzione.
La Mafia, radicata alla nostra società fin dall’Ottocento e che affonda le proprie origini nella storia medievale, si incardina al contemporaneo attraverso l’esposizione mediatica che compie il passo successivo rispetto alla realtà: la ricrea, la compone con altri caratteri, in modo da diluire il concetto di verità in un caotico isterico intrattenimento. Poteva, il sistema mafioso, non cavalcarne l’onda? Sembra un po’ questo lo schema proposto da Hombre Collettivo – compagnia recente nata nel 2019 dall’unione di Riccardo Reina, regista dello spettacolo, con Angela Forti, Agata Barbuio, Aron Tewelde – la definizione non tanto della Mafia come entità ma come atteggiamento che permea la società italiana, linea di congiunzione tra le alte e le basse sfere che la compongono.
E dunque emerge il forte legame che intercorre tra la Mafia e lo Stato, più a largo raggio tra il sistema mafioso e quello politico, focalizzando l’attenzione sul periodo che dalla fine della prima Repubblica, dopo la Tangentopoli di inizio anni Novanta, porta fino ai giorni nostri, soffermandosi sulla figura di Silvio Berlusconi come deus ex machina che raccoglie l’eredità di una politica collusa e la conduce indisturbato.
Ma se queste sono le intenzioni, a sorprendere è la scelta dei mezzi e la volontà di misurarli a una percezione molto giovane (adolescente, per inciso): la scena si apre su una partita di Monopoly, il gioco dell’edilizia, degli appalti, il gioco dei soldi, dei prestiti, dell’economia politica, il gioco in cui interviene il sistema mafioso con una facilità disarmante, esplicitando il meccanismo di sotterranea corruzione che lo alimenta.
Dunque il gioco, la scelta di portare il discorso su questo piano, permette alla fruizione di restare fluida e nutrirsi delle immagini direttamente, annunciando la freschezza espressiva della compagnia. La narrazione avviene pertanto attraverso la creazione di immagini che media nel teatro di figura la propria rappresentazione: una macchinina telecomandata esplode sulla strada per Capaci o un’agendina rossa appare/scompare in Via D’Amelio, la cronologia dei fatti di Mafia entra sul palcoscenico cercandone la risultante visiva, il corto circuito capace di figurare il concetto.
Se questa qualità di innescare dall’immagine la percezione del tema è il maggior pregio dello spettacolo, appare invece un limite il ricorso alla narrazione attraverso il video: se nei termini è opportuno il riferimento, appunto evidenziando quella mediatizzazione estrema unificando il rapporto mafia/politica al carosello del gossip, non sembra adeguato – considerando anche il target di riferimento – ascoltare stralci dal Maxiprocesso, la sequenza di nomi di condannati per Mafia, le intercettazioni che fanno capo alla storia giudiziaria ma poco aggiungono al tema più generale. Allo stesso modo alcuni passaggi drammaturgici vanno affrontati con più severità, definiti attraverso una stretta osservanza; è il caso di un finale un po’ incerto e una composizione tra video di repertorio e video in presenza da equilibrare. Sembra come se la volontà di trattare con originalità e ambizione un tema così grande abbia portato all’ipertrofia tipica di un primo spettacolo, ma il dato che emerge da questo limite oltrepassato è più del risultato stesso: questa compagnia ha voglia di superare i limiti e di portare con sé spettatori di ogni età.
Simone Nebbia
Spazio Rossellini, Roma – Maggio 2022
CASA NOSTRA
Con Angela Forti, Agata Garbuio, Aron Tewelde
Regia Riccardo Reina
produzione Hombre Collettivo
con il sostegno di BRAT e Associazione Malerba
Premio Scenario Infanzia 2020
Premio della Critica Direction Under30 2021