HomeArticoliQuale teatro scelgono i giovani? Libertà e sconfinamenti a Cividale

Quale teatro scelgono i giovani? Libertà e sconfinamenti a Cividale

Mittelyoung è la sezione del Mittelfest dedicata ai giovani: la programmazione è curata da operatori e operatrici under 30 che, tra centinaia di proposte, hanno selezionato le opere dei coetanei da programmare. Il racconto da Cividale del Friuli.

Uno degli incontri al Bar Giordano. Foto di Luca A. d’Agostino

Ci sono confini da attraversare, limitano le geografie e creano le nazioni, determinano l’uso della lingua, il fiorire delle tradizioni culturali, dei sistemi politici e di governo; ci sono i confini dei linguaggi artistici, le possibilità di attraversamento di una storia, di una biografia, da una forma di racconto a un’altra; ma ci sono anche le vecchie imposizioni delle categorie ministeriali, il settorialismo del pubblico poco propenso a sperimentare, le comunità artistiche che non si parlano. I festival, ormai da decenni, lo sappiamo, hanno anche questo compito: farci guardare attraverso i confini. Cosa c’è nel mezzo? Cosa incontriamo nel tragitto? E cosa accade se, tra un confine e l’altro, lasciamo spazio agli occhi dei giovani? Che siano loro a guardare.

A Cividale del Friuli il limite è percepibile come questione geografica, certo, come luogo dove convergono i viaggi e le storie, in cui le guerre sono vicine nel presente e creano solchi nella memoria, ma Cividale è anche luogo di cultura mitteleuropea e di sperimentazioni delle arti sceniche: qui, i confini vengono percepiti e ascoltati, oltre che attraversati, durante le giornate di Mittelyoung.

Vacation from love. Foto di Luca A. d’Agostino

Tutto nasce quando, nel 2021, il consiglio di amministrazione dello storico Mittelfest propone al nuovo direttore, Giacomo Pedini, di lavorare attorno alla questione giovanile, il nome della sezione c’era già: Mittelyoung, appunto. Così Pedini,  incrociando alcune esperienze legate alla partecipazione attiva (si veda lo storico modello dei Visionari di Kilowatt,  Dominio Pubblico a Roma, Direction Under 30 a Gualtieri e tanti altri), ha creato un percorso che comincia ben prima dei quattro giorni di metà maggio: il festival infatti si occupa di selezionare i curatori e le curatrici, ovvero più di trenta giovani, tra universitari, studiosi nel campo delle arti performative, operatori,  provenienti dall’area friulana e Nova Gorica (ai quali si aggiungono i vincitori dell’anno precedente), una giuria multiculturale con lo sguardo diretto all’Europa. Questa folta commissione ha dovuto analizzare 148 proposte di spettacolo (progetti e video) e selezionare così le 10 performance.

Nymphs. Foto di Luca A. d’Agostino

Tre di queste opere create da artisti o gruppi under 30 vengono selezionate, sempre dai curatori, anche per il festival principale, il Mittelfest di fine luglio. Assistendo a buona parte di Mittelyoung ci si rende conto però che non è la competizione ciò che conta ma la possibilità di far parte di questa piccola e rumorosa comunità internazionale che anima le assolate giornate nella cittadina friulana. Le decine di curatori e i gruppi di artisti formano il cuore pulsante della manifestazione, si ritrovano ogni giorno al Bar Giordano dove intrecciano le proprie discussioni con i sogni di chi quel bar l’ha preso in gestione proprio con l’idea di farlo attraversare da energie nuove, in dialogo con le storie di frontiera: Pedini fa da spalla ai curatores (così vengono chiamati i giovani organizzatori, con un latinismo in grado di divenire trasversale nei generi), se serve traduce in inglese, ma poi lascia la responsabilità dell’incontro ai giovani. Così, tra un bicchiere di vino e qualche racconto, si cerca proprio di attraversare i confini, di mettere in dialogo pratiche artistiche, tradizioni, genealogie e alfabetizzazioni, temi e linguaggi.

Bibi Milanese Foto di Luca A. d’Agostino

Ma qual è il senso di un attraversamento se non quello di portare dall’altra parte qualche traccia del viaggio? Ecco allora che il senso multidisciplinare delle scelte di questi giovani curatores è proprio nella libertà di far incontrare i mondi e di creare inaspettate collisioni. Lo dimostrano i vincitori delle tre sezioni: dalla Germania, per la musica, Vacation for love di Elina Brams Ritzau è una sorta di concept album suonato e agito dal vivo, nel quale le tematiche dell’identità di genere si mescolano alla narrazione romantica della vita di un musicista e della sua band; la prosa con Assenza sparsa, un monologo di Luca Oldani (al quale non abbiamo assistito); e per la danza Nymphs, una delle creazioni più mature della rassegna nonostante la giovanissima età del coreografo, i 22 anni dell’olandese Niek Wagenaar, un lavoro che colpisce per l’utilizzo dello spazio, la qualità del movimento e l’organizzazione dei materiali drammaturgici intesi nel far entrare in relazione le dinamiche del singolo con il gruppo, per cercare attraverso la danza e il corpo di riflettere anche sulle dinamiche sociali, del potere e della collettività.

Kanta Company. Foto di Luca A. d’Agostino
Trio Tsaba Foto di Luca A. d’Agostino

La libertà nella composizione dei quattro giorni di mittelyoung è proprio la cartina tornasole del progetto: i curatores si sono presi il rischio di mettersi in mezzo ai confini scegliendo anche proposte davvero lontane dal gusto di qualsiasi circuitazione italiana, si veda il teatro-concerto di Bibi Milanese, in grado passare dal cantautorato con pianoforte alla stand-up comedy, in una modalità certamente da rivedere e far maturare per la parte recitata e la scrittura che la compone (per non incorrere nell’autocompiacimento e in certe narrazioni retoriche), ma che dimostra di lavorare proprio su un campo di libertà compositiva evidente. Oppure la ricerca di Kanta Company che mescola la parola con il teatro fisico, l’acrobatica e la giocoleria creando un piccolo e strano mondo artistico che in potenza potrebbe divenire una sorta di circo filosofico capace di dialogare con le angosce e le pressioni della vita quotidiana.

Il teatro danza del Trio Tsaba, che con Marea tenta di esplorare i temi del corpo femminile creando attraverso la danza una metafora che vorrebbe illuminare il tema delle mestruazioni, idea che rischia di muoversi in un immaginario retorico e non sempre sorprendente ma che produce alcune immagini sceniche notevoli. E poi la follia pura della Musaši Entertainment Company (purtroppo non selezionata per il Mittelfest di luglio): quattro performer della Repubblica Ceca che hanno letteralmente scioccato e scandalizzato il pubblico accorso alla Chiesa dei Battuti di Cividale proponendo uno strano connubio tra le culture performative giapponesi, l’immaginario nipponico degli anime, una certa sensibilità dadaista che sfiora il demenziale per incrociare alcuni tòpoi provenienti dai racconti giapponesi.

Foto di Luca A. d’Agostino

Tutto si muove anche grazie a un certo gusto per il travestimento inteso come ossessione per una cultura altra, in questo caso quella giapponese, che però non può che essere riproposta attraverso un ghigno tutto occidentale; atteggiamento che poi è una sorta di danza al confine tra irrisione e devozione. Non c’è una parola in questo spettacolo definito dai propri creatori come una butoh-clownerie, ma traspare la ricerca dell’ironia e del vuoto, del gesto e dell’azione reiterati fino allo sfinimento.

Foto di Luca A. d’Agostino

Una commedia dell’arte in quadri senza una drammaturgia lineare, in cui i personaggi si trasformano con maschere e costumi, entrando e uscendo da microstorie nelle quali sono protagoniste le tensioni umane più basse, l’eros e la sua irrisione, le piccole sfide del corpo: samurai, demoni, senzatetto, suonatori di strumenti inventati e stonati, tutti diventano clown in grado di giocare con le nostre aspettative consumando la capacità comune di lettura dello spettatore.

Da Praga, la città di Musaši Entertainment Company, a Tokyo sono circa 12 mila chilometri in mezzo ci sono decine e decine di confini sui quali premono nazioni, guerre e conflitti; ma ci sono a anche il teatro e le arti, queste di sicuro non portano la pace, non abbattono muri di cinta e checkpoint, eppure avvicinano creando piccole e utopiche comunità temporanee.

Andrea Pocosgnich

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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