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Tutti parlano di Jamie: la rivoluzione gentile dell’unicità

Le scorse settimane ha debuttato in prima nazionale al Teatro Brancaccio il musical Tutti parlano di Jamie, dedicato alla storia vera di un ragazzo che ha scelto di rivendicare il diritto di non dover chiedere a nessuno il permesso di essere se stesso. Intervista a Giancarlo Commare, nel ruolo del protagonista

Foto di Massimiliano Fusco

Chi è meno avvezzo al teatro dei grandi numeri non si sarà accorto, o forse non lo avrà reputato di suo interesse, dello spettacolo che le scorse settimane, dall’8 marzo al 3 aprile, ha riempito di pubblico la sala del Teatro Brancaccio. Tutti parlano di Jamie è l’adattamento in prima nazionale, qui diretto da Piero Di Blasio, attorno alla storia vera di Jamie raccontata nel documentario della BBC, Jamie: Drag Queen at 16, e diventato film distribuito da 20th Century Fox ora disponibile su Amazon Prime video. Il musical – che nella versione originale inglese ideata da Jonathan Butterel, dal 2017 è in scena a Londra (e in tour in Inghilterra), con oltre 1000 recite consecutive e più di 700.000 spettatori, che ha raccolto prestigiosi premi tra cui Critics Circle Theatre Award per Miglior Attore Emergente e WhatsOnStage Awards per miglior musical originale, miglior attore in un musical e miglior attrice non protagonista, oltre che numerose candidature ai Laurence Olivier Awards – è la storia di un ragazzo originario della cittadina inglese di Sheffield che vuole vestirsi da donna e fare la drag queen. Ma non basta. Ciò che rappresenta la vicenda di Jamie, raccontata in questo periodo storico e in una forma di intrattenimento costruttivo che veicola un messaggio quantomai urgente, si amplifica nella risposta significativa del pubblico, per accoglienza e partecipazione politica. Un musical “classico”, con coreografie, musiche e scene orchestrate in un’operazione di entertainment che diverte, incuriosisce e, senza appesantire, offre la possibilità dell’alternativa. Con leggerezza si abbattono pregiudizi appesantiti dalla dialettica dell’intolleranza tramite le storie di personaggi (la madre di Jamie e la sua amica Ray, Pritti, l’amica di Jamie, e Hugo alias la drag queen Loco Chanelle) che vogliono rivendicare la propria unicità, combattere il pregiudizio e autodeterminarsi.

In attesa della prossima stagione teatrale per la quale si prevedono per lo spettacolo nuove piazze in giro per l’Italia e l’organizzazione di matinées nelle scuole, abbiamo voluto contattare telefonicamente Giancarlo Commare – attore protagonista nei panni di Jamie già conosciuto per i suoi ruoli televisivi e ora alla sua prima esperienza professionale in un musical – per discutere delle tematiche dello spettacolo e dell’accoglienza del pubblico romano.

Foto di Massimiliano Fusco

Nell’ambito delle performing arts, la rivendicazione di corpi altri è un tema politico molto affrontato negli ultimi anni, mentre c’è sempre più bisogno di opere artistiche, anche e soprattutto mainstream, che comunichino tematiche relative all’inclusività. A tal proposito, durante gli applausi a fine spettacolo, ringrazi il pubblico sollecitandolo a fare come voi una «rivoluzione gentile», cosa intendi esattamente e quale potrebbe essere secondo te il ruolo dell’arte e dello spettacolo dal vivo?

Jamie è un esempio di unicità che dice al pubblico di non chiedere mai a nessuno il permesso di essere se stessi. Questa è la sua, e la nostra, rivoluzione gentile. Mi auguro che questo spettacolo non solo sia visto dal maggior numero possibile di persone ma che lo vedano coloro che la pensano diversamente. Tutti dovrebbero parlare di questo spettacolo, e della storia di Jamie, perché penso che questo progetto intorno a una storia di vita vera e attuale sia davvero necessario. Non dovrebbe essere un fatto straordinario, ma poiché lo è, dobbiamo parlarne sempre di più. Questa è la ragione del mio mestiere, è importante che l’arte, dal vivo e non, possa trasmettere questi messaggi in tutte le sue forme. C’è ancora tantissima paura da parte di chi vorrebbe esporsi per quello che veramente è, ci sono anche tantissime persone che ledono con il loro pensiero e azione questa libertà. Se vedo una persona che si scaglia contro di me violentemente e alla quale rispondo con altrettanta violenza, io non potrò comprendere le ragioni di quel suo atto, giusto o sbagliato che sia. L’arte può rispondere a questo stato di cose perché crea empatia e non c’è emozione più forte: l’empatia aiuta a mettersi nei panni dell’altro.

In base alla mia percezione come spettatrice, la sera in cui sono venuta a teatro, ho sentito da parte del pubblico una gran voglia di prendere posizione, come fa Jamie, contro una mentalità uniformante. Molti gli applausi a scena aperta a sostegno di alcune battute e un ascolto serioso nei passaggi più delicati della storia. A tal proposito, quali sono stati i feedback che hai ricevuto finora?

Mai come in questo periodo e da quando sono iniziate le repliche, ho ricevuto tantissimi messaggi da parte di persone che ci ringraziano per aver portato in scena questo spettacolo perché tramite esso, e in quelle tre ore totali, si sono sentite libere di essere quello che sono. Alcune sono tornate a vederci quattro, cinque volte; altre si sono fermate fuori teatro confessandomi come questo spettacolo comprenda finalmente le loro difficoltà e non le faccia sentire sole: “Il tempo di questo spettacolo è la mia isola felice. Voglio iniziare a vivere come Jamie, a dire quello che pensa, a far sentire la sua voce e a non aver paura di essere”, mi hanno detto ragazze e ragazzi. Non stiamo parlando solo di un ragazzo che vuole vestirsi da donna, ma anche di persone che non accettano il proprio aspetto fisico, che la famiglia critica e non ascolta, che sono obbligate a fare un lavoro imposto; di donne che vivono una dipendenza dal marito che a volte si tramuta in violenza domestica e rimangono costrette in quella situazione per non rompere un nucleo familiare, di ragazzi bullizzati non solo a scuola… La storia di Jamie parla di tante altre storie e, anche se sembra scritta da Shakespeare, non è una commedia ma vita vera. Per questo la gente torna a vederla, perché, come mi hanno scritto, viene per vivere un’esperienza e riconoscersi.

Foto di Massimiliano Fusco

Inoltre, Tutti parlano di Jamie è uno spettacolo il cui successo testimonia quanto l’ennesimo blocco del DDL Zan confermi la distanza delle istituzioni dai diritti civili delle persone…

Il blocco del DDL Zan mi fa schifo. Come mi fa veramente schifo una classe politica che si alza in piedi, applaude e gioisce dopo aver negato con la sua votazione dei diritti a degli esseri umani. In 26 repliche (al momento dell’intervista ne mancavano quattro alla fine della tenitura, ndr) quando, dopo essere stato per l’ennesima volta insultato e bullizzato dal personaggio di Dean Paxton, il compagno di classe,  io/Jamie gli rispondo: “Tu, stupido coglione col cazzetto, figlio di un segaiolo con il preservativo bucato” il pubblico reagisce sempre con un’ovazione, sintomo di una profonda stanchezza e necessità di andare contro quelle troppo diffuse dinamiche di sopraffazione. Oppure quando Ray, l’amica della madre di Jamie dice “Dovrebbe ignorare i sentimenti di un bigotto del cazzo”. Ecco, credo che dovremmo iniziare a parlare di unicità e non di diversità. Unicità che va difesa e non bisogna permettere a nessuno di decidere per la vita dell’altro. Questo è il motivo del successo di questo spettacolo, che debutta in un contesto storico in cui a livello globale siamo stati distanziati dalla pandemia e sono aumentate di conseguenza le frustrazioni e, a livello nazionale, perché abbiamo una classe politica incapace di porsi in dialogo.

Pensi che in Italia ci sono già o potrebbero esserci scuole come quella di Sheffield in grado di difendere l’unicità di cui parli?

Voglio rispondere di sì. La generazione delle ragazze e ragazzi di oggi è più fortunata della mia. Nonostante io non condivida l’utilizzo dei social network, penso anche che con la dovuta consapevolezza questi siano degli strumenti che permettono di ampliare la propria visione sul mondo. Non esiste un solo pensiero, per questo la loro è una mentalità più aperta all’inclusività, che deve però essere capace di lasciarsi alle spalle delle tare culturali passate con le quali ancora conviviamo. Magari è ancora presto, ma stiamo facendo dei piccoli, importantissimi, passi in avanti. Già solo il fatto che la mia ex insegnante del liceo mi chieda di partecipare, nella mia ex scuola, a un progetto di teatro, è per me un’azione di cambiamento. Prima, per imparare e conoscere il teatro, dovevo andare fuori dal mio liceo. Sono quindi molto fiducioso e ottimista nel pensare che le persone che si alzano in piedi ad applaudire la storia di Jamie non saranno le stesse che applaudiranno in Parlamento in maniera vergognosa per aver affossato una legge a tutela di diritti inalienabili.

Lucia Medri

TUTTI PARLANO DI JAMIE

MUSICHE E ORCHESTRAZIONI DI DAN GILLESPIE SELLS | LIBRETTO DI TOM MACRAE DA UN’IDEA ORIGINALE DI JONATHAN BUTTERELL

con
GIANCARLO COMMARE – Jamie BARBARA COLA – Margaret New | FRANCO MANNELLA – Hugo/ Loco Chanelle
LUDOVICA DI DONATO – Ray | LISA ANGELILLO – Miss Hedge
BENEDETTA BOSCHI – Pritti Pasha | FLAVIO MARULLO – Dean Paxton
UMBERTO NOTO – Drag/Padre di Jamie | MICHELE SAVOIA – Drag
SEBASTIAN GIMELLI MOROSINI – Drag

ensemble
GIOVANNI ABBRACCIAVENTO – Cy | ELENA BARANI – Bex | ROBERT EDIOGU – Levi
GIOVANNI ERNANI DI TIZIO – Mickey | ERICA MARINIELLO– Vicky | GIUSEPPE MENOZZI – Sayd
MATILDE PELLEGRI – Becca |  GIOVANNA TINO – Fatimah

SCENE ALESSANDRO CHITI | COSTUMI FRANCESCA GROSSI
DIREZIONE MUSICALE DINO SCUDERI | SUPERVISIONE ARTISTICA E COREOGRAFIE LACCIO

Produzione VIOLA PRODUZIONI – OTI OFFICINE DEL TEATRO ITALIANO
in accordo con RGM PRODUCTION

adattamento e regia PIERO DI BLASIO

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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