La chiesa di San Domenico a Palermo, sede delle spoglie di Giovanni Falcone, ha ospitato a marzo l’anteprima della Medea di Luciano Violante. Diretto da Giuseppe di Pasquale e interpretato da Viola Graziosi, il dramma sarà oggetto di uno speciale il 23 maggio su Rai5.
Nei momenti che precedono la rappresentazione, la chiesa di San Domenico accoglie un’umanità mobile e variamente abbigliata. Diversi indumenti si trascinano tra le colonne della navata maggiore: cappotti di taglio sartoriale, giubbotti discutibili, pellicce vere e finte. Le tuniche dei chierici e le divise dei poliziotti attraversano intanto gli spazi tra i banchi, con lenta circospezione. Tra le giacche dei notabili ai primi posti, alcune in particolare si agitano ansiose. Altrettanto irrequieti appaiono i loro proprietari: non stanno fermi, tendono a orbitare intorno a un punto in cui si concentrano alcuni lunghi soprabiti, inespugnabili. Ciascun vestito recita la sua brava parte, illuminato dalla luce che, vibrando sugli stucchi, rischiara appena l’atmosfera serale. Sembra non debba accadere null’altro, che lo spettacolo sia già questo. E invece no.
Il dignitoso consesso testé descritto si è raccolto nella chiesa palermitana per un motivo preciso: presenziare alla solenne anteprima della Medea di Luciano Violante (ex magistrato, parlamentare e presidente della Camera), monologo diretto da Giuseppe Di Pasquale e interpretato da Viola Graziosi. Lo spettacolo, tenutosi solennemente lo scorso marzo, è legato al trentennale della strage di Capaci. Non a caso, la scena è stata collocata davanti l’abside, e dunque all’altezza della sepoltura di Giovanni Falcone. Il fine commemorativo è stato perseguito con grave solennità, tramite lo sviluppo di un’originale variante del mito. Per l’autore, Medea è «assassina e riscattatrice degli assassinati di mafia», e se ne va a stare in Sicilia dopo l’abbandono da parte di Giasone. Sull’isola viene accolta dal corteo di Demetra e Dioniso dove, tra un’orgia e l’altra, viene a conoscenza delle future esecuzioni criminali. La condanna di tali atti è solenne, irrevocabile.
La maga e l’isola si trovano così all’interno di una medesima narrazione, nella quale vengono sottoposte a un duplice processo di condanna e riscatto: questo perché entrambe sono entità muliebri sensuali, prive di ogni possibilità di controllo e di autocontrollo. Per quanto riguarda la prima, viene descritta da Violante, Di Pasquale e Graziosi come un essere “felino”. Il regista si lancia addirittura in imprevisti parallelismi letterari: per lui la protagonista non può che essere «una figura simile ad Alda Merini, poetessa e regina dell’anima della contemporaneità». Dunque contemporaneo dovrebbe essere l’appello che la maga lancia ai presenti, quando invoca la pietà delle donne in sala che, in quanto inevitabilmente madri, sono invitate alla comprensione assoluta delle sue azioni di genitrice disperata. Altrettanto contemporanee dovrebbero esserne le avventure sessuali, descritte con compiaciuta e maschile perizia anatomica. Si consideri che gli accoppiamenti coinvolgevano creature dotate di molti tentacoli: qualche tonaca sacerdotale avrà certamente sussultato.
Come Medea, anche la Sicilia è una femmina prevedibilmente contrastata. Quando la protagonista vi approda, l’isola si offre al suo sguardo come luogo bellissimo e crudele, meraviglioso e terribile, splendido e feroce, qualcosa e qualcos’altro. Non appena si scopre terra di mafia, allora Trinacria diventa madre/matrigna che nutre e uccide le sue creature. È questo il livello nel quale avviene il miracolo drammaturgico: Medea e la Sicilia sono ugualmente assassine dei propri discendenti, ma mentre la prima uccide per salvarli dalla schiavitù, la seconda è cieca esecutrice di un’immotivata carneficina. A conclusione della performance, Viola Graziosi raggiunge la tomba di Falcone. Il suo atteggiamento, ancora una volta, è solenne. Lo strillo di una una tromba suona allora le note del silenzio d’ordinanza, eseguito «dal maestro Trombettiere in uniforme della Banda musicale della Polizia di Stato per fare memoria di tutti quei figli caduti al servizio del Paese».
Che l’isola sia intrisa di contraddizioni insolubili, è innegabile. Il problema si pone ogni volta che questi paradossi si riducono a mera trovata retorica, a sfondo panoramico sul quale proiettare vicende opinabili. Nel farlo, la Medea di Violante si avvale di uno stile che, citando diplomaticamente certa trattatistica, potremmo definire “fiorito”.
La regia di Di Pasquale ha saputo valorizzarne la peculiare liricità: l’enfasi della messinscena si è coniugata splendidamente con le decorazioni barocche della chiesa. La Sicilia come terra irredimibile, come luogo il cui destino è da sempre inscritto nel profilo frastagliato dei propri paesaggi: al di là degli esiti poetici, questa impostazione è tanto suggestiva quanto scaltra. Non è (soltanto) nelle zolle spaccate dal sole, nell’aroma salmastro dello scirocco, negli agrumeti ormai estinti, che bisogna cercare la ragioni storiche dei fatti commemorati. Luciano Violante, già presidente della Commissione parlamentare antimafia dal 1992 al 1994, dovrebbe saperlo bene, e con lui buona parte dei soprabiti presenti alla rappresentazione della sua solenne Medea.
Tiziana Bonsignore
MEDEA
liberamente tratto da Sofocle
di Luciano Violante
conViola Graziosi
regiaGiuseppe Dipasquale
in coproduzione con Teatro della Città Cpt
segreteria di produzione Manuela Buttiglieri
Realizzazione grafica Gulia La Rosa
Audio e luci Pask Service / Sms Eventi
Scene e costumi Laboraratio TdC – Cpt
Sartoria Sorelle Rinaldi
Si ringrazianoPietrangelo Buttafuoco, Cesare Biondolillo, il Maestro Trombettiere della Polizia di Stato, Fra Sergio Catalano Priore del Convento San Domenico Palermo, la Direzione Generale degli Affari dei Culti del Ministero dell’Interno