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Un ballo di Pupi. Pirandello in Lavia

Recensione. Gabriele Lavia riprende tra le mani il suo Pirandello, e porta in scena Il berretto a sonagli al Teatro Diana di Napoli. Poi, tra le città più importanti, Milano e Torino.

Foto di Tommaso Lepera

In platea, a fine spettacolo, un signore ingrassato di piacere afferma con soddisfazione e aria saputa che “Pirandello è sempre contemporaneo”. Qualcuno disse che un classico non ha né maestri né discepoli; il tempo potrebbe non essere una misura adeguata. Neppure quell’idea un po’ abusata dell’universalità. Potrebbe essere, solo per azzardo, una questione di fascinazione. Pensare al teatro di Pirandello come a una malia spiegherebbe perché la sua visione è un godimento, perché non è necessario fare altro che riproporlo esattamente per quello che è; non si inventa niente, nemmeno si sperimenta o si prova ad avvicinarlo a una sensibilità che ha subito una naturale mutazione nel corso di un intero secolo. Spiega perché l’orecchio non ha bisogno di abituarsi alle parole, ma si adegua come all’ascolto di una melodia.

Foto di Tommaso Lepera

Almeno qui non è possibile sapere se Gabriele Lavia avesse in mente una qualche prospettiva musicale, magari sostenuta da quel dialetto che è sua storia personale e che sapientemente cuce all’italiano (unendo così le due versioni della commedia, la prima in siciliano del ’16 e quella tradotta in italiano del ’18), fatto sta che la sensazione è stata che al debutto in prima nazionale sul palco del Teatro Diana di Napoli ci fossero dei danzatori. C’è quel Qualcosa, che sia Dio o l’ipocrita pudore borghese o l’ambiguo buonsenso del mondo intero, che tira i fili di quei pupi infelici. I pupi, presentati tutti in fila, sono la moglie tradita, suo fratello e sua madre, il vecchio becco, i due fedifraghi assenti, la rigattiera, la serva, il delegato. Intorno a loro, il mondo borghese: un salotto alla moda esposto e invaso dallo sguardo freddo e accusatorio di un consesso di statue vestite ammodo (accurato il lavoro scenografico di Alessandro Camera, esattamente come quello sartoriale degli allievi dell’Accademia di Costume & Moda). La vicenda e le dinamiche sono già connaturate nell’essenza dei pupi, la mano di Pirandello demolisce le ragioni dei ruoli e le declina in quesiti polemici.

Foto di Tommaso Lepera

La malia, la fascinazione, la straniante sensazione di familiarizzare con la memoria di una collettività di cui però non si fa parte, il ricordo vago di una tradizione che si è diluita nella propulsione dell’oggi: si procede solo con gli occhi. Federica Di Martino è instancabile: ondeggia e schizza via, regola la lingua sul ritmo dei piedi e direziona la parola con le braccia. È elegante mentre gira su se stessa; le orbitano attorno i colori vivaci e attraenti delle voci e dei gesti dei suoi interlocutori: Francesco Bonomo è un gagà impeccabile mentre accavalla le gambe e lascia mollemente sospesa la mano inanellata, Mario Pietramala arrochisce la voce e si tiene la pancia non sapendo che parte del proprio corpo trattenere nella concitazione. E si continua così di concerto, per annodarsi e sbrogliarsi con armonia: Giovanna Guida disegna una curva dalle ginocchia alle labbra, Matilde Piana picchia con l’ironia delle oscillazioni del capo, Maribella Piana è esilarante con la sua disperazione stridula e il suo dondolio da macchietta.

Foto di Tommaso Lepera

Come restituire onestamente la visione di un gesto? Un gesto naturale eppure eccezionale, come il funzionamento del respiro. Esiste un limite nel giudizio oltre il quale si è sospesi nello stupore; la logica retrocede e lascia spazio ai movimenti dello stomaco. C’è un momento in cui Ciancia, quel finissimo artigiano che è Lavia, si rivolge alla signora cornuta spiegandole con pazienza le dinamiche contorte del vivere civile: porta il pollice e l’indice della mano destra alla fronte e avvolge “le corde” del cervello, quella civile al centro, quella seria e quella pazza, rispettivamente a destra e sinistra; piega leggermente le ginocchia e porta in avanti il busto. La voce è uno sfumare di intenzioni: morbida e accomodante, quasi paternalista, poi un soffio più acuto, accompagnato dall’arco delle sopracciglia, dove l’increspatura ironica delle labbra modula il suono di un lieve riso. Pirandello in Lavia. Ancora, pure quello, una malia.

Valentina V. Mancini

Leggi anche: Gabriele Lavia: «In scena non hai uno spartito, devi inventarti le note»

Teatro Diana, Napoli – Febbraio 2022

Prossime date in calendario tournée

Torino dal 22 marzo al 3 aprile – Teatro Carignano
Savona dal 5 al 7 aprile – Teatro Chiabrera

IL BERRETTO A SONAGLI
di Luigi Pirandello
con Gabriela Lavia, Federica Di Martino, Francesco Bonomo, Matilde Piana, Maribella Piana, Mario Pietramala, Giovanna Guida, Beatrice Ceccherini
regia di Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi ideati dagli allievi del terzo anno dell’Accademia Costume & Moda di Roma: Matilde Annis, Carlotta Bufalini, Flavia Garbini, Ludovica Ottaviani, Valentina Poli, Stefano Ritrovato, Nora Sala – coordinatore Andrea Viottimusiche Antonio Di Pofi
luci Giuseppe Filipponio
produzione Effimera SRL in coproduzione con Diana Or.i.s.
Foto di scena © Tommaso Le Pera

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