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Le sedie. Dopo la storia, tra le macerie

Recensione. Valerio Binasco dirige Le sedie, di Eugène Ionesco, con Federica Fracassi e Michele Di Mauro. Visto al Teatro Vascello di Roma e ora in tournée a Genova, Milano, Napoli, Vignola Modena, Ravenna.

Foto Luigi De Palma

Il teatro d’arte, nelle migliori esperienze, lo abbiamo ribadito più volte, è antidoto alle catastrofi interiori e luogo privilegiato in cui guardare il mondo secondo un’ottica che sperimenta la carnalità dell’essere umano, la tridimensionalità della parola; ma quanto è difficile ora entrare in sala e abbandonarsi alla poesia, cercare la fragilità e la grandezza nell’animo di personaggi apparentemente lontani dal presente: entrare a teatro e sospendere tutto per più di un’ora, sospendere anche i pensieri costantemente legati a una guerra che si svolge a poco più di 2000 chilometri dai nostri tranquilli palcoscenici. Che l’attività teatrale fosse di certo importante ma non essenziale nel vivere sociale ce lo aveva insegnato la storia e ribadito la pandemia con lo schiaffo dei lockdown, eppure qualcosa dovremmo pur trovare sulla scena anche ora, che ci aiuti ad alleviare le nostre paure oppure a svegliarci dal torpore. Viviamo i nostri teatri, negli stessi modi con cui lo facevamo prima del 24 febbraio, sorridendo sotto le mascherine. Così anche al Teatro Vascello, qualche giorno fa: non c’è sipario e la scena è una grande stanza vuota, distrutta dal tempo o forse anche in questo caso da una guerra lontana negli anni; forse questo è ciò che rimane dopo tutte le guerre che non siamo riusciti a fermare. Qui la finzione del polistirolo, dei materiali teatrali mirabilmente modellati nella scena di Nicolas Bovey, non può non far pensare alle città ucraine sotto assedio, ai civili che scappano e ai mortai russi che li abbattono, come è accaduto ieri (6 marzo) ad Irpin, una città al Nord-Ovest di Kiev. Nella scena di questa versione de Le sedie di Eugène Ionesco prodotto dal Teatro Stabile di Torino (che si conferma polo di creazione scenica di altissima qualità, pensiamo anche a The Spank visto di recente) tutto è già avvenuto: due sedie sono al centro, a destra una sorta di piramide di altre centinaia, accatastate una sull’altra. Federica Fracassi e Michele Di Mauro sono i due personaggi della pièce scritta dal drammaturgo franco-romeno nel 1952. Anni relativamente vicini alla fine del secondo conflitto mondiale, stagioni di guerre fredde e di cadute degli imperi, ma anche di riprese economiche e benessere.

Foto Luigi De Palma

Il più importante autore, insieme a Beckett, del celebre teatro dell’assurdo aveva pensato a una scena diversa (da quella inventata da Binasco), non vi è segno di distruzione e abbandono, non ci sono muri grigi macchiati di muffa, o il pavimento polveroso e pieno di detriti come dopo un bombardamento; per Ionesco la scena, circolare e chiusa sullo sfondo, doveva avere una serie di porte che avrebbero determinato l’entrata dei personaggi immaginari e l’andirivieni dei due protagonisti con le sedie da sistemare nello spazio. Un preciso controllo scenico, da parte dell’autore, che fa parte della drammaturgia e al quale invece Valerio Binasco rinuncia in virtù della possibilità di calare la scena in un immaginario più potente dal punto di vista visivo, che possa segnare ancora di più il passaggio del tempo, l’abbandono degli anni. Qui i due vecchi quasi centenari sembrano già morti, oppure sospesi in un tempo non più misurabile, lo accenna Di Mauro parlando di centinaia di anni, correggendosi e aumentando ogni volta la misura. Siamo già oltre il tempo, dopo il mondo. Non c’è spazio neanche per l’unico altro personaggio reale della pièce, l’oratore, che nel testo di Ionesco entra sul finale, in carne ed ossa (qui è immaginario come gli altri) e ribaltando le aspettative di tutti si dimostra incapace di verbalizzare proprio quel discorso con il quale il vecchio avrebbe voluto dare un’ultima possibilità all’umanità.

Foto Luigi De Palma

Poi il tuffo dei due dalla finestra di questa fortezza in mezzo al mare, un suicidio che però è ormai solo un’uscita di scena. La lettura di Binasco sintetizza la messinscena su questo orizzonte post storico evitando così altri possibili livelli interpretativi, una linea molto precisa e seguita fino in fondo. Fracassi e Di Mauro aderiscono completamente alla maschera e sono due strumenti musicali straordinari, in grado di far cantare lo spartito di Ionesco tradotto da Renzo Morteo: un dialogo fitto, ironico che rende umano uno schema complesso fatto di ritmi vocali e coreografici ben precisi: piccole storie di un passato lontano, recriminazioni rispetto a una carriera mai decollata (il vecchio è un maresciallo d’alloggio…), l’attesa degli ospiti e dell’oratore, quella fotografia sociale e distorta della borghesia, il figlio scappato di casa a 7 anni, il dialogo con il colonnello e i riferimenti alla guerra, la telefonata con l’imperatore (nel testo è uno dei personaggi immaginari) e dunque il rapporto sottomesso al potere e poi quell’amore con “la bella”: forse è qui che va cercata l’unica speranza, nello sguardo illuminato e amorevole di Michele Di Mauro che interroga il vuoto in cui risplende un amore degli anni dell’infanzia, lontano, virginale e ingenuo, eppure ancora così potente.

Andrea Pocosgnich

Marzo 2022, Teatro Vascello, Roma

Date in calendario Tournée

9 – 13 marzo 2022 | Teatro Duse | Genova
15 – 20 marzo 2022 | Tearo Carcano | Milano
29 marzo – 3 aprile 2022 | Teatro Bellini | Napoli
5 aprile 2022 | Teatro Ermanno Fabbri | Vignola
7 – 10 aprile 2022 |Teatro Storchi | Modena
28 aprile – 1 maggio 2022 | Teatro Alighieri | Ravenna

Le sedie

di Eugène Ionesco
traduzione Gian Renzo Morteo
con Federica Fracassi e Michele Di Mauro
regia Valerio Binasco
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Alessio Rosati
musiche Paolo Spaccamonti
assistente regia Giordana Faggiano
assistente scene Nathalie Deana
Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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