HomeMedia partnershipCarla Esperanza Tommasini: una call per le pratiche partecipative e internazionali

Carla Esperanza Tommasini: una call per le pratiche partecipative e internazionali

Intervista a Carla Esperanza Tommasini, direttrice artistica di Pergine Festival, a proposito della call aperta (Insieme a L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino) fino al’8 aprile 2022 dedicata ad artisti che lavorino su pratiche partecipative. Contenuto creato in Media Partnership.

Il progetto europeo “Stronger Peripheries: a Southern Coalition” lancia una call italiana dal titolo “Daily Bread” (a questo link), con un focus su arti performative e pratiche partecipative. Da cosa ha origine questa particolare chiamata alle arti?

Il progetto internazionale è su larga scala – dal 2020 al 2024 – e riunisce vari istituti di ricerca e organizzazioni che si occupano di cultura; l’idea generale è focalizzare caratteristiche che uniscono tutto il Sud Europa, dal Portogallo alla Romania, pensando soprattutto alle periferie, secondo un concetto esteso di relazione con il centro, cercando anche di capire cosa sia e dove sia un centro. A questo proposito ogni partner ha evidenziato il desiderio di lavorare sulle comunità locali, quelle che nutrono il nostro territorio e sono letteralmente il nostro pubblico, assumendo peraltro un significato diverso proprio secondo il diverso contesto. Già il precedente progetto (A Manual on Work and Happiness), più o meno con gli stessi partner, rifletteva sulle pratiche partecipative; in questo nuovo, molto articolato, si è cercato di elaborare una differente metodologia: si tratta di 12 call, 12 coproduzioni internazionali gestite attraverso un tandem produttivo, per riportare al centro la comunità (noi siamo per esempio un trio, perché il nostro tandem è con l’ungherese Pro Progressione di Budapest, ma c’è anche L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino come sponda).

Come si svilupperà poi il progetto artistico?

Prima di tutto cerchiamo di lavorare in modo innovativo fin dall’inizio, infatti per la selezione non chiediamo un progetto ma un portfolio, dunque non sappiamo come sarà svolto il lavoro con la comunità finché non scegliamo l’artista. Dopo le prime due residenze si presenterà un progetto un po’ più articolato, ma ognuno dei tandem produttivi sceglierà autonomamente, nel rispetto del target di riferimento territoriale, le occasioni di contatto con la comunità di cittadini che andrà a incrociare il lavoro dell’artista.

Quale sarà invece la modalità prevista per formare il gruppo di cittadini?

Anche qui c’è autonomia: noi faremo probabilmente una call per formare il gruppo che già nel prossimo festival a Pergine, la prossima estate, entri in contatto con gli artisti, attraverso occasioni da decidere, che siano incontri, camminate, cene insieme, partecipazione alle prove, tutto ciò che l’artista può modellare a sua scelta.

Come viene scelto il tandem?

Tutti i tandem sono transnazionali, quindi viene abbinato un paese a un altro, ma la call viene fatta sulla base di quale sia il primo coproduttore (in questo caso l’Italia). Ci saranno poi tandem successivi, cambieranno gli equilibri. L’Arboreto, che è un centro di produzione, si inserisce come luogo che ospiterà 7 delle 12 coproduzioni. Molto bello è che in questo modo si sta creando un grande lavoro di scouting su scala internazionale, perché dalla call in poi ci saranno le selezioni separate tra i vari partner; dei 20 artisti più interessanti, 5 verranno invitati al festival a Pergine in una tre giorni intensiva, in cui avranno a disposizione tutti i partner per presentare il progetto e porsi in dialogo attraverso quelli che abbiamo chiamato Connecting Labs, una sorta di speed dating con le varie organizzazioni.

Quali sono le tempistiche che un artista interessato deve tenere presente?

La prima fase, quella del festival, sarà tra il 2 e il 5 luglio; la fase successiva prevede due residenze di due settimane ciascuna: la prima sarà a Pergine a ottobre, quella a Budapest invece più avanti. In questi ulteriori appuntamenti l’artista potrà incontrare la comunità dei cittadini.

Qual è l’intenzione che si cela nel nome Daily Bread?

Daily Bread è solo una delle sei tematiche generiche che abbiamo attivato, alla presentazione del progetto; ognuna di esse può sviluppare percorsi di riflessione politica, ambientale, culturale in genere e agli artisti viene anche chiesto di interpretare il tema, dare il proprio contributo alla riflessione collettiva. È un discorso dunque che può aprirsi in molte direzioni, per questo abbiamo pensato di dedicarvi durante il festival dei momenti di indagine – ci piacerebbe per esempio farlo con un antropologo – attraverso i quali si potrà parlare di guerra, di religione, come di convivialità, certamente di arte.

Questo è un tema a largo raggio, transnazionale, quindi a contatto con operatori di vari paesi europei. In questo momento storico particolare, quale idea di Europa emerge?

Emerge che ci sono tante Europa, tante geografie che quindi sviluppano un diverso modo di far circuitare l’arte, anche banalmente per i differenti investimenti messi in campo dai vari paesi. Tutta la coalizione – esclusa la Catalogna e la Francia che sono molto più avanti di noi – condivide la stessa preoccupazione, la stessa difficoltà dell’approccio alla dimensione internazionale. Importante è la connessione, poter entrare a contatto con esperienze e ambiti artistici diversi, così da creare sul sito anche una sorta di database, una vetrina di artisti che operano su pratiche partecipative.

Redazione

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