Recensione. Lucia Calamaro scrive e dirige Smarrimento per e con Lucia Mascino. Uno spettacolo sulla difficoltà di iniziare. Sul palco del Teatro India a Roma e a seguire al Teatro Franco Parenti di Milano. Prodotto da Marche Teatro.
Una casa, in teatro, è casa di chi vi abita per finta, per la scena, per la vicenda che deve raccontare. Ma allo stesso tempo una casa, in teatro, è la casa di chi l’ha pensata esattamente così, perché quella vicenda, quella scena, vi potesse avere luogo. E così nel salotto bianco dello Smarrimento c’è Lucia Mascino, ma quella sensazione non può che essere anche, se non esclusivamente, dell’autrice Lucia Calamaro, che lo porta sul palco del Teatro India di Roma, con la produzione di Marche Teatro. Il salotto ha linee esili d’acciaio (la scena è di Lucio Diana) e si confonde in un colore bianco, denso e tendente al panna, lo stesso dell’abito che l’attrice indossa mentre si muove tra il divano e il tavolo di lavoro, con l’immancabile libreria di assi sottili che fa da fondale; la donna in scena, di cui non sappiamo il nome, si muove accennando gesti a cui presto rinuncia, infine si siede lungo il divano e si toglie le scarpe, mormora appena qualcosa che non si sente, mormora tra sé, tra sé e noi, dunque tra noi.
C’è un inizio, già prima di iniziare, che sembra il modo giusto perché nulla inizi davvero. La donna che ora si chiama Anna si accende una sigaretta e parla al telefono, la sua lingua incede un po’ cantilenante in dialogo con un marito, Paolo, presumibilmente a casa con i figli mentre lei è in viaggio per lavoro e un po’ rimpiange la distanza, ma non sembra in fondo convincente. È una scrittrice di romanzi, o meglio, lo è la donna che parla con il pubblico, non Anna che invece è il personaggio di un inizio ancora tutto da inventare; la crisi creativa di cui la donna parla, in dialogo con gli spettatori di una ideale ma posticcia conferenza spettacolo, poggia infatti sulle sue insicurezze – che si tratti di rinunciare alle sigarette, sostituirle con una pera, prima, una caramella, poi, o una nuova “sveviana” sigaretta che non accende più – ma più a fondo sulla difficoltà a rendere concreti l’emozione e il pensiero, i reagenti che muovono all’arte ma che da soli, senza un’adeguata e risolta visione prospettica, mai saranno arte.
Lucia Mascino raccoglie con cura ogni elemento per distinguere la donna: sistema ossessivamente i capelli, ha certe manie accentuate, certe associazioni di pensiero, caratteri che identificano in lei l’acuta personalità dello stile dell’autrice, i cui personaggi – maggiormente i femminili – sempre sembrano invasi dalle eventualità di contorno, in perenne dialogo tra il visibile e l’interiore, animati verso scelte continuamente procrastinate che seguono uno strano percorso: sembra siano inevitabili, come al centro di un gesto necessario, poi scompaiono svanendo nel nulla e, con esse, anche i gesti di colpo superflui. Questa esitazione programmatica, basculante tra disincanto ironico e profondità introspettiva, tiene l’attrice sul confine del flusso di coscienza, ripetutamente dentro e fuori la vicenda e non dunque in una vicenda altra, ma in quella che compatta vita e arte in un solo nucleo espressivo. Anche quando la prospettiva si ribalta e da quella di Anna si passa a sperimentare il punto di vista di Paolo, la storia non cambia, con essa però non muta nemmeno il carattere rintracciato in precedenza, lasciando indistinte le diversità in una ridondanza inefficace.
La crisi dell’autrice di romanzi è mediata attraverso il dialogo fuori dalla scena, con una vigorosa brama di ricercare, tra le reazioni del pubblico, qualche elemento che la possa aiutare a procedere nella scrittura; la crisi, compositiva, si fa dunque esistenziale e la vicenda si arresta davvero senza iniziare, finisce per dissolversi in uno smarrimento reale: la donna è sovrastata dal proprio sapere che esprime in una esibizione muscolare, rischiosamente egoica, i libri che ha intorno sono il suo limite sempre più evidente – quelli scritti da lei o da altri, quelli da ricordare o da dimenticare – finché la distinzione tra il personaggio e la scrittrice, così tra l’autrice e l’attrice, diviene impossibile, la ricerca di contatto con lo spettatore appare infine strumentale e, della vicenda, poco riesce a diventare di tutti, troppo resta confinato in un salotto di una casa, in cui si rappresenta il teatro.
Simone Nebbia
Teatro India, Roma – Febbraio 2022
SMARRIMENTO
uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro
per e con Lucia Mascino
scene e luci Lucio Diana
costumi Stefania Cempini
allestimento tecnico Mauro Marasà
produzione MARCHE TEATRO
Date in calendario tournée 2023
Date calendario tournée 2022-2023
3 dicembre 2022 Bellaria (RN) Teatro Astra
4 dicembre 2022 Chiaravalle (AN) Teatro Valle
17 dicembre 2022 Tortona (AL) Teatro Civico
18 dicembre 2022 Vigone (TO) Teatro Selve
24 gennaio 2023 Asti Teatro Alfieri
25 gennaio 2023 Cuneo Teatro Toselli
26 gennaio 2023 Ciriè (TO) Teatro Magnetti
10 febbraio 2023 Pordenone Teatro Verdi
11 febbraio 2023 Busseto (PR) Teatro Verdi
18 febbraio 2023 Sogliano al Rubicone (FC) Teatro Turroni
2 marzo 2023 Bologna Teatro Dehon
3 marzo 2023 Reggello (FI) Teatro Excelsior
4 marzo 2023 Calenzano (FI) Teatro Manzoni
8 marzo 2023 Certaldo (FI) Teatro Boccaccio
9 marzo 2023 Carate Brianza (MB) CineTeatro L’Agorà
10 marzo 2023 Lodi Teatro alle Vigne
11 marzo 2023 Genova Teatro del Ponente
14 aprile 2023 Ortona (CH) Teatro Zambra
15 aprile 2023 Mondavio (PU) Teatro Apollo