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Rielaborare la solitudine. Note di danza da Napoli

Dall’ultima sessione del Campania Teatro Festival 2021 a Napoli, dedicata alla danza, racconto e riflessione.

Bisbigliata Creatura Foto Salvatore Pastore

Nelle giornate dell’ultima programmazione del Campania Teatro Festival, tutta dedicata alla danza, è stata prepotente, con poche felici eccezioni, la sensazione che ogni afflato espressivo si sia trattenuto dal raggiungere un felice compimento. Le aspettative erano tutte rivolte alla promessa di seguire dei percorsi narrativi che si dipanassero tra intense riflessioni sulle questioni vive della nostra immediata contemporaneità: dopo aver stagnato per quasi due anni in sentimenti e atteggiamenti di avversione (fisica e morale) nei confronti del corpo altrui, è fondamentale rielaborare la solitudine o la collettività, soppesare le marginalità e valorizzare il gesto di autodeterminazione. Il mezzo del corpo danzante, evidente di per sé nella sua alterità, è l’espediente espressivo ideale. Se il principio e la conclusione di questo processo narrativo trovano felicissime armonie, il respiro si trattiene in una vana attesa nelle serate che le legano, e la sequenza di preziose occasioni mancate, dove nemmeno l’impellenza di quelle storie è riuscita a sottrarsi dall’abuso della sbrigativa riduzione o della leggera allusione, frustra la potenzialità espressiva di quei corpi. È stato invece rincuorante e gioioso, in virtù di quella fiducia cieca nei confronti dell’icasticità pura di una forma muta, osservare tanti corpi femminili folgoranti e splendidi nella varietà di masse, sfumature ed età. 
Bisbigliata creatura si carica con fermezza dello sforzo di analizzare la ragione dell’esistere, muovendosi tra gli interstizi muti della parola poetica, quella di Chandra Livia Candiani. Dietro un sottile telo opaco, quello che sarà si agita negli scuotimenti embrionali, e si presenta agli occhi dello spettatore insieme vulnerabile e potente al contatto con la terra, la schiena e i piedi in costante fermento.

L’odore della pelle, foto Sabrina Cirillo

Ciò che esiste sono poi due, poiché essere da soli è inutile; Mariella Celia e Cinzia Sità sono “la bambina pugile” raccontata nei versi di Candiani, con le mani chiuse in guantoni che le isolano dal mondo. Sporche di polvere muovono incerte i maldestri primi passi, cascando sulle ginocchia tremanti e scansando velocità e frastuoni. Quasi costrette alla resa, si scoprono vicendevolmente e si sorreggono nonostante l’impedimento dei guantoni; la sicurezza della presenza dell’altro lascia spazio alla naturale evoluzione: sparito qualunque ostacolo tattile, nonostante le velocità e i frastuoni, potranno toccarsi.
L’essenzialità del rapporto con l’altro è attraversato ne L’odore della pelle, per la coreografia di Nyko Piscopo. Il corpo totem del giornalista Abraham Kouassi si staglia iconico su uno schermo, scomponendosi e dissolvendosi in parole e idee davanti al quale si muovono Leopoldo Guadagno, Aniello Giglio e Francesco Russo; loro hanno il compito di inscenare l’esistenza di chi vive una marginalità, e il rapporto, il più delle volte meschinamente superficiale, che instauriamo con questi. Ogni oggetto si limita a essere un pallido simbolo di quelle esistenze: un trabattello per operai-schiavi, un pallone come naturale (se non a tratti tribale) momento aggregativo. L’eccesso dei simboli appiattisce la realtà, per cui anche lo stridente contrasto tra un corpo morto sul fondo del mare e tre ridicoli edonisti abbronzati sulla spiaggia non ha la forza d’impatto di un’analisi sociale critica. C’è realmente poco dell’altro, ridotto a momenti topici, da intramezzo di cronaca televisiva, e l’odore della sua pelle purtroppo va perduto.

Querida Gala Foto Ctf pagina Facebook

A quel punto, la curiosità di ritornare a una realtà fisica femminile è diventata piuttosto un’esigenza che Querida Gala di Antonello Apicella non ha del tutto soddisfatto. Gala Elena Dmitrievna D’jakonova è stata un’intellettuale surrealista, moglie di Paul Èluard e di Salvador Dalì, collaboratrice e manager dei propri compagni. La Gala animata da un’abile Olimpia Milone è una donna divisa in due (didascalico il cambio d’abito): austera, quasi una vergine collegiale, racchiusa e limitata dal genio dei suoi uomini, poi una padrona del proprio corpo, sfrenata ed energica. Completamente immersa in un’aria sospesa da pittura surrealista (dando però il curioso effetto di una bambola nella sua casetta), Milone dimena ammiccante un corpo scosso da terribili convulsioni: ondeggia i fianchi, solleva le braccia, si chiude in una cornice e si fa arte. Cosa è della manager, dell’intellettuale? Perché la collaboratrice sembra declassata a musa? È superflua la parabola sensuale di una donna (fino a denudarla del tutto, per poi coprirla maliziosamente con una camicia maschile) se il corpo di quella donna non è altro che una stupenda cosa da guardare e desiderare.

Collective Trip 7.0 Foto Ctf pagina Facebook

Collective Trip 7.0 si propone come una riflessione sul senso, anche comunitario, di un processo artistico, e i coreografi Nicoletta Cabassi e Claudio Malangone si lasciano accompagnare dalla Sinfonia n.7 di Beethoven, nell’esecuzione di Lucio Grimaldi.
Luigi Aruta, Adriana Cristiano, Antonio Formisano e Giada Ruoppo sono spiriti che giocano tra loro, toccandosi e rincorrendosi. Sperimentano lo spazio e lo ricoprono tutto in ogni variante di posa e movimento; la nudità è una possibilità di essere e relazione che trascende la componente sessuale, la nudità è un atto di consapevolezza, e abbracciarsi vuol dire non solo sentire l’altro ma avere pure percezione di sé. Negli aspetti quasi esclusivamente gioiosi e ludici che agitano i performer mancano gli improvvisi sconvolgimenti d’animo della Settima; nell’osservare “come ci si sente prima della felicità” (intenzioni espresse dalla Cabassi), manca appunto il prima che non è uno stato di malinconia (anzi, “un vago sapore malinconico” sempre nelle parole della coreografa), ma il dramma. Prima della felicità, irrimediabilmente si soffre.

Danze Pandemiche Foto Ctf pagina Facebook

Anche le Danze Pandemiche di Gabriella Stazio mancano di sfumature emotive, preferendo coinvolgere la sola risata. Nei tre ritratti portati in scena si esplorano le vite intime e minime, la solitudine e le relazioni della nostro presente storico. In Polvere: minutissime particelle incoerenti una donna, Sonia Di Gennaro, pulisce ossessivamente casa mentre dondola senza posa tra le pagine di riviste di moda alla ricerca di una forma che le si adatti; nel Paradosso di Lulù, Emanuela Tagliavia si cimenta in innumerevoli trasformazioni guidata dalle pagine dei libri letti. Per ultimo, Pandemik Mambo è un gioco a due, tra Sonia Di Gennaro e Michele Simonetti, sul distanziamento sociale. La riduzione del movimento di danza nel primo e nel terzo ritratto a movimenti di mimo corporeo e talvolta di clownerie trascinano l’ironia verso la bidimensionalità della farsa, un’ingombrante distrazione se l’obiettivo prefissato era il “pensiero riflessivo”. Impossibile, invece, non ammirare le linee dritte e preziose della Tagliavia, dal carattere teneramente incostante.

Foto Ctf pagina Facebook

In questo andamento diaframmatico, quasi esclusivamente femminile, che dal privato passa al pubblico, l’ultima serata opera in seno a una sintesi perfetta in quello che è il pensiero fondante, un’immagine di poesia e politica, delle teorie femministe: il privato è pubblico. Elettra, per la coreografia di Nyko Piscopo, e Your Body is a Battleground, per Adriano Bolognino, sono un canto di rivolta. Nel primo, l’asfissiante stroboscopia lascia che Elettra, divenuta trina, prenda spazio al di là dello schermo in cui era relegata la supposta impotenza della sua femminilità. Eleonora Greco, Valentina Schisa ed Elisabetta Violante sono tre coraggiose soldatesse, spinte dallo sforzo di rimanere in piedi e in movimento nonostante lo sguardo derisorio dell’uomo-re. Nel secondo, Rosaria Di Maro entra in scena avvolta da un rivestimento di corpi cuciti insieme, ideato da Andrea Bolognino, e una volta liberatasi si mostra come una strabiliante amazzone con i seni coperti da un adesivo che è un memento per ogni donna: Il tuo corpo è un campo di battaglia. Fiera, e a ritmo di pugni, colpisce e incassa; flette, cede, crolla, reagisce.  

Valentina V. Mancini

Dicembre 2021, Teatro nuovo, Teatro Sannazzaro (Campania Teatro Festival 2021)

 

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