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Il cupo Goldoni di Valter Malosti

Recensione. Valter Malosti porta sulla scena I due gemelli veneziani di Carlo Goldoni, con Marco Foschi nel doppio ruolo dei protagonisti. Lo abbiamo visto durante le repliche al Teatro Metastasio di Prato. In scena al Teatro Astra di Torino fino al 31 dicembre 2021.

Ph Serena Pea

Nella prefazione a I due gemelli veneziani (1747), Carlo Goldoni scrive: “Ricordomi delle risa da cui si smascellavano gli spettatori universalmente”, rammentando così la reazione del pubblico alla sua commedia, nonostante la variazione tragica sul tema del doppio che lui stesso rivendica, rispetto alla tradizione che da Plauto si dirige alla sua epoca, ossia la morte di uno dei due protagonisti che, tuttavia, non amareggia gli spettatori per il troppo godimento provato fino a quel momento (e anche perché la morte, per paradosso, è l’unica risoluzione che permette un finale lieto alla vicenda). Eppure, di queste risa, non sembra portare dote la versione appena messa in scena da Valter Malosti con la cura drammaturgica di Angela Dematté, sul palco del Teatro Metastasio di Prato e in tournée in Italia, dopo aver debuttato in streaming per il Teatro Stabile del Veneto nel dicembre 2020.

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Ancora Goldoni dà nota, a corollario di questa desiderata trasformazione, di un’intenzione fosca nell’ambientazione, che già fu della versione di Luca Ronconi del 2001 e ben definita, in questa, dal dialogo che il progetto sonoro di G.U.P. Alcaro mantiene con le scene e le luci curate da Nicolas Bovey: il funesto e minaccioso corpo musicale si avvale di sonorità ambientali amplificate, come eco in una presa diretta, decontestualizzate per accrescere uno stato di tensione; la scena è una cupa e spessa coltre di inquietudine, in netto contrasto con la natura apparentemente brillante del testo. Attraverso la tensione Malosti interviene sui personaggi, dunque sugli attori, cercando di cavare una duplicità non già solo dai due protagonisti del titolo, ma da ognuno, come se il tema del doppio fosse, in fondo, questione dell’intera umanità rappresentata dal microcosmo veronese dove si svolge la vicenda.

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Zanetto e Tonino, due gemelli, sono entrambi a Verona senza saperlo, ognuno per convegno con la rispettiva promessa sposa; ma i due, pur identici come gocce d’acqua, sono in realtà diversissimi sul piano caratteriale: selvaggio e bonario il primo, forse credulone, un po’ toccato; molto furbo invece il secondo, sprezzante il pericolo e animato da una certa onestà. Ma entrambi hanno in comune un dato fondamentale: per opposizione, sono rimasti ragazzi, privi di una maturità adulta che non va in accordo con l’intenzione di prendere moglie. Ecco dunque come la scomparsa di uno dei due, il più debole, coinvolto in un raggiro che gli sarà fatale, libera finalmente l’altro perché possa abbandonare gli ardori sconvolti dell’età giovanile, prendendo finalmente coscienza della propria unicità di essere umano. Curioso, ma non troppo, rintracciare unicità perdendo il proprio doppio.

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C’è una linea secante sul palco, come un taglio dall’alto che lo divide orizzontalmente a metà (ancora, il doppio), un velo che oscura del tutto o appena nasconde la profondità, creando due diversi piani in cui si svolge l’azione. La vicenda dei due gemelli, interpretati entrambi da Marco Foschi che con altalenante riguardo indaga contemporaneamente il comico e il tragico, si svolge in parallelo prima di mescolarsi in virtù dei meccanismi offerti dalla trama – Zanetto è a Verona per un matrimonio combinato, economico, con Rosaura (Anna Gamba) figlia del dottor Balanzoni (Alessandro Bressanello), ma è ostacolato dal bieco innamorato Pancrazio (Danilo Nigrelli); Tonino vi si trova per una fuga combinata con l’amante veneziana, Beatrice, un’intensa Irene Petris, a sua volta contesa da uomini che lei non accetta. La scena si apre con il corpo morto di Zanetto, disteso sul tavolo e vegliato da un Pulcinella (Marco Manchisi) che apparirà nei momenti di coscienza dell’opera e sarà in alcuni snodi un Arlecchino, che mescola veneto e napoletano in una scelta intenzionale; la scelta linguistica, come dichiara lo stesso Malosti nelle note allo spettacolo, si accorda alla volontà di creare un labirinto continuo che renda l’opera incoercibile – se ne beava Goldoni – nelle categorie standardizzate di quello e questo tempo.

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Sullo sfondo di una vicenda fatta di equivoci e inganni, i temi dell’amore e della morte si aggirano come spettri: l’amore si fa brama ardente, possesso, paura, perdita, la morte incontra il suo doppio, la vita, assecondandola proprio quando si presenta a marcarne il confine. Eppure, nonostante l’intento sostanziale di lettura dell’opera, la regia di Malosti non riesce a compiere il passo della coerenza: fin troppe le incongruenze non risolte del testo (alcuni snodi svaniscono e con essi i personaggi), le apparizioni di elementi significanti che non conducono se non in vicoli ciechi, insomma è l’equivoco non voluto, quello drammaturgico, che disequilibra lo sviluppo della stessa vicenda. E poi il pubblico, già, si diceva: non ride, non partecipa come auspicava Goldoni e, si suppone, sarebbe buon auspicio per la stessa opera; essa, forse soffrendo una lettura critica soffocante, la cui visione cupa supera la misura, non riesce a trovare un bilanciamento in grado di conservare la raffinata macchina del gioco a permettere che la commedia resti tale, dunque che l’inquietudine, favorita dallo stesso Goldoni, vi si innesti per ribaltarne il senso, per scavare la profondità di ciò che appare in superficie.

Simone Nebbia

Dicembre 2021, Teatro Metastasio, Prato

Date Tournée in calendario

3-6 febbraio Teatro Toniolo, Venezia

11-13 febbraio, Treviso, Teatro Mario Del Monaco

17-20 febbraio Bologna, Arena del Sole

4 -27 febbraio Modena Teatro Storchi

I DUE GEMELLI VENEZIANI
Di Carlo Goldoni
Adattamento Angela Dematté e Valter Malosti
Regia Valter Malosti
Con Marco Foschi, Danilo Nigrelli, Marco Manchisi, Irene Petris, Alessandro Bressanello, Anna Gamba, Valerio Mazzucato, Camilla Nigro, Vittorio Camarota, Andrea Bellacicco
Scene e luci Nicolas Bovey
Costumi Gianluca Sbicca
Progetto sonoro Gup Alcaro
Cura del movimento Marco Angelilli
Assistente alla regia Jacopo Squizzato
Produzione Teatro Stabile del Veneto, ERT / Teatro Nazionale, TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato / in collaborazione con Intesa Sanpaolo

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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