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Annamaria Ajmone. Nella notte, alla ricerca dell’alterità

Recensione. Al Festival Torinodanza ha debuttato La notte è il mio giorno preferito, il nuovo progetto solistico di Annamaria Ajmone, danzatrice e coreografa di punta della scena artistica contemporanea italiana, in una intensa meditazione sull’alterità.

Foto Andrea PIzzalis

Il nuovo progetto di Annamaria Ajmone ha un titolo decasillabico e ossimorico, non meno ingegnoso che poetico: La notte è il mio giorno preferito. È un titolo che ha la forza di una personale ingiunzione: «proiettare se stessa in un’altra creatura, attraverso una meditazione sugli animali e gli ecosistemi». Ajmone ha debuttato alle Lavanderie a vapore per il programma del Festival Torinodanza, dopo una lunga ricerca ‘sul campo’ fatta di spedizioni, appostamenti e osservamenti, per monti, boschi e baite, seguendo tracce e impronte. Ora, tutto questo riappare in un impianto scenico di Natalia Trejbalova dal fortissimo impatto visivo: sembra una installazione tridimensionale interattiva, un regno vegetale di fronde e muschi e licheni giganti, anche forse troppo sacrificata alla sola frontalità della performance. La complessità della traccia sonora, con le musiche di Flora Yin Wong, restituisce potente il disegno di una biosfera fatta anche di suoni e rumori come parti di un ciclo più ampio del processo vitale.


Ma nel suo nuovo progetto Ajmone sembra giungere a una più vera maturazione, qualcosa sembra farsi presenza. E non è tanto lo scandaglio di una possibilità di varcare quella soglia, materiale e immaginaria quanto simbolica e metafisica, della foresta; quanto l’idea che quest’ultima sia uno spazio antitetico a quello della civilizzazione, e dunque luogo dell’incontro di una alterità radicale. Per Lévinas, nella nostra esperienza l’alterità non è solo, e in primo luogo, colui che ci minaccia, ma un altro essere che ci ingiunge il rispetto, poiché la sua epifania «è un no rispetto ai miei poteri. Il suo logos è: “Non ucciderai”». Ecco, forse in questo progetto di Ajmone c’è soprattutto questa emergenza più politica (e forse biografica) di una pronuncia capace di opporsi a qualsiasi tipo di violenza (culturale, sociale, affettiva) nei confronti dell’altro.

Foto Andrea PIzzalis

La parte più problematica è l’avvio: una lunga attesa, una messa a fuoco che sedimenta lo sguardo prima della cattura della visione. L’idea è molto bella e giusta, fatta di conquiste microscopiche perché la vita sotterranea richiede silenzio e ascolto per essere colta. Senz’altro aiuterebbe lo spettatore non trovare in scena già la performer per tutto il tempo che precede (e affievolisce) l’avvio: paradossalmente, l’attesa di una traccia, la ricerca meditativa di una epifania animale, rischia così di essere anticipata da un tempo freddo e inutile che la trascende.

Foto Andrea PIzzalis

Quando poi il movimento prevale, sembra davvero che Ajmone rimetta al mondo il mondo: cercando per se stessa la possibilità di accantonare il cum tactum con il già noto per affidarsi coi sensi a tutto quanto di estraneo o estranea sembra profilarsi lungo i confini di questo spazio silvano. Una intensa ricerca nel buio con l’effetto di una luce infrarossa sembra ingaggiare una sorta di caccia all’uomo, all’animale, alla presenza della vita indifferente al dominio del giorno. La sezione finale percussiva è molto intensa (in una chiusura però del movimento e del suono fuori sincrono). Il buio nello spazio si fa macchia, mentre la presenza della performer sembra disconnettersi dalla sua abituale essenza per acquisire una nuova capacità tecnologica di agency (ossia di decisione sull’azione). L’ambiente sonoro forse spesso sovrasta, ma in tanta bellezza verrebbe da dire mai abbastanza.

Stefano Tomassini

Ottobre 2021, Lavanderia a Vapore di Collegno, Torinodanza Festival

LA NOTTE È IL MIO GIORNO PREFERITO
ideazione, danza Annamaria Ajmone
set styling, immagini Natália Trejbalová
ricerca, collaborazione drammaturgica Stella Succi
musiche Flora Yin Wong
abito Jules Goldsmith
direzione tecnica, disegno luci Giulia Pastore
Associazione L’Altra
coproduzione FOG Triennale Milano Performing Arts, Fondazione del Teatro Grande di Brescia,
Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale,
Fondazione I Teatri Reggio Emilia / Festival Aperto, LAC Lugano Arte e Cultura,
Azienda Speciale Palaexpo – Mattatoio | Progetto Prendersi cura
con il sostegno di Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni
e di Fondazione CR Firenze, Oriente Occidente, far° festival des arts vivants Nyon

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Stefano Tomassini
Stefano Tomassini
Insegna studi di danza e coreografici presso l’Università Iuav di Venezia. Nel 2008-2009 è stato Fulbright-Schuman Research Scholar (NYC); nel 2010 Scholar-in-Residence presso l’Archivio del Jacob’s Pillow Dance Festival (Lee, Mass.) e nel 2011, Associate Research Scholar presso l’Italian Academy for Advanced Studies in America, Columbia University (NYC). Dal 2021 è membro onorario dell’Associazione Danzare Cecchetti ANCEC Italia. Nel 2018 ha pubblicato la monografia Tempo fermo. Danza e performance alla prova dell’impossibile (Scalpendi) e, più di recente, con lo stesso editore, Tempo perso. Danza e coreografia dello stare fermi.

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